I ritardi costano la vita a un pakistano – .

I ritardi costano la vita a un pakistano – .
I ritardi costano la vita a un pakistano – .

Una manina saluta dall’autobus, è quella di una bambina siriana, una delle 186 persone sbarcate ieri pomeriggio al porto di Catania. Ieri pomeriggio è arrivata al porto di Catania la nave umanitaria della ONG tedesca Sos Humanity con a bordo 186 naufraghi, tratti in salvo nella notte tra sabato e domenica. Tra loro anche il corpo di un giovane pakistano.

“Eravamo a nord-est di Malta quando abbiamo sentito il segnale di emergenza. Abbiamo contattato l’MCC maltese, ma non hanno mai risposto. Le autorità italiane ci hanno detto di procedere, di fatto di tornare indietro e alle 23:00 eravamo nell’area di soccorso. Quando siamo arrivati, ci hanno informato che c’erano anche due motovedette della guardia costiera italiana e una nave della marina in mare”, spiega Lukas Kaldenhoff, coordinatore delle comunicazioni per la tredicesima missione Humanity 1. “Ci hanno detto di aspettare, di stare a distanza di sicurezza dalla barca, di accompagnarla e seguirla”, continua, “ma nel cuore della notte si è allontanata”.

L’operazione di trasbordo dal peschereccio, partito dalla Libia orientale cinque giorni prima, è stata effettuata dalla guardia costiera intorno alle 5.30 del mattino (in realtà circa 16 ore dopo il mayday), un’attesa che è stata fatale per il giovane pakistano, morto – secondo i racconti dei sopravvissuti – tra l’1.30 e le 2.30 di notte. Intorno alle 6.30 le persone sono state poi trasbordate a bordo dell’Humanity 1.

Non si sa perché le operazioni iniziarono così tardi, probabilmente per aspettare le prime luci dell’alba ed evitare di effettuare un salvataggio così arduo al buio.

«In ogni caso, questo è un esempio di come andrebbero sempre svolti i salvataggi in mare: con il coordinamento di tutti gli attori in campo», spiega Viviana Dibartolo, coordinatrice delle operazioni di ricerca e soccorso di Humanity 1. «Le operazioni sono andate esattamente come dovevano andare e il porto di sbarco assegnatoci è stato Catania, anzi uno dei più vicini», conclude Dibartolo.

I sopravvissuti di origine siriana, pakistana, bengalese, nepalese ed egiziana si trovano ora nell’Hub di via Forcella a Catania.

2 luglio 2024

 
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