Muore di malattia Niccolai, la leggenda degli autogol e di quel rigore impossibile – .

Muore di malattia Niccolai, la leggenda degli autogol e di quel rigore impossibile – .
Muore di malattia Niccolai, la leggenda degli autogol e di quel rigore impossibile – .

A poco meno di 6 mesi dalla scomparsa di Gigi Riva, i tifosi del Cagliari e tutto il mondo del calcio piangono la scomparsa di un altro eroe del campionato rossoblù con la scomparsa di Comunardo Niccolai. L’ex difensore si è spento a 77 anni in ospedale dopo un malore improvviso. Era diventato famoso per i suoi famosi autogol “spettacolari” anche se alla fine nella sua carriera ne furono solo sei, sufficienti però ad alimentare una leggenda eterna.

Perché veniva chiamato Comunardo?

Non era sardo, essendo nato a Uzzano in provincia di Pistoia, ma lo era diventato con l’azione: con la maglia del Cagliari 228 presenze (in 12 stagioni) condite da 4 gol cui vanno aggiunti i 3 gettoni con la Nazionale, tra cui spicca la presenza a Messico 1970. Comunardo si chiamava così perché il padre che gli aveva trasmesso la passione per il calcio, essendo stato portiere del Livorno, era un convinto antifascista. Da qui il riferimento alla Comune di Parigi, o il governo di ispirazione socialista che si stabilì nella capitale transalpina nel 1871. La madre, democristiana e cattolica, non digerì mai quel nome e per questo chiamò sempre il figlio Silviano.

Niccolai e la leggenda degli autogol

Nell’immaginario collettivo, Niccolai era, è e resterà “quello degli autogol” ma ne ha segnati solo 6 e quindi 2 in meno di Ferri e Baresi per citarne due. È stata la spettacolarità degli autogol a renderlo famoso. Come quello in Juve-Cagliari del 1970, quando anticipò Zigoni trasformando un cross di Furino in una situazione disgraziata per i sardi. Un difensore vero e ruvido, Niccolai, che in un’intervista riportata dall’AIC ha dichiarato: “Ricordo gli autogol, uno a Catanzaro nella partita numero 300 arbitrata da Concetto Lo Bellouno a Perugia, uno contro la Roma e uno a Firenze. Al Franchi non ho avuto colpe perché il portiere, invece di parare, abbassava il braccio e la palla mi rimbalzava addosso. D’altro canto, i miei interventi erano spesso un po’ avventati e capitava che arrivassi sulla palla scoordinato. Sembrava che ne facessi 10 a stagione… Per fortuna ho fatto anche 4 gol veri. Vorrei essere ricordato per il Mondiale del ’70, per lo scudetto di Cagliari o per la mia carriera da allenatore, ma alla fine l’importante è essere ricordati”

L’autogol più bello di Niccolai

“L’autogol più bello – ha detto Niccolai – è quello che non ho segnato. Accadde a Catanzaro nel 1972, arbitro Lo Bello. Al 90° minuto sentii un fischio e pensai: “O fallo o fine partita”. Tirai forte con l’intenzione di buttare la palla in curva. Uscì un tiro, “salvato” da Brugnera, mio ​​compagno di squadra del Cagliari. Lo Bello ha assegnato il rigore e noi abbiamo subito il 2-2.

Il rapporto con Scopigno

Solido il legame con l’allenatore del Cagliari dell’epoca, il “filosofo” Manlio Scopigno: “Scopigno diceva che “la colpa dei miei colpi di testa sfortunati era la piega particolare dei miei sette, lunghissimi capelli…”. I suoi compagni di squadra del Cagliari lo chiamavano “Agonia”: “Ero molto magro”, ha rivelato al Corriere Fiorentino, “avevo la faccia smunta, i capelli appiccicati alla testa. Sembravo sempre sul punto di tirare le cuoia”. “Ho iniziato la mia carriera come centravanti, poi centrocampista. E ho fatto anche dei gol bellissimi agli avversari, sai? Una bomba da 40 metri contro il Varese, poi ho sgattaiolato oltre il Bologna, saltando due difensori. Ho fatto solo gol bellissimi, nella mia porta e in quella avversaria. Ora ci scherzo sopra. A Bologna restavo fuori dallo spogliatoio un’ora, piangevo disperato. Dopo ogni autogol non uscivo di casa per giorni. Quando la loro squadra perdeva, i tifosi avversari mi urlavano: Niccolai, pensaci tu… Una volta un compagno mi ha detto: come va, Comunardo? Continui a tirare, gli ho risposto. E il dottor Franzi, il medico della squadra: mi sembra che tu ti stia tirando indietro… Ho nobilitato l’autogol, rendendolo un capolavoro artistico. E gli autogol mi hanno dato in cambio una popolarità che non avrei avuto. Nessuno le ha fatte belle come le mie, nemmeno Baresi e Ferri che hanno quasi il doppio dei miei obiettivi”.

Niccolai’s career

Niccolai è stato un difensore di primissimo livello: oltre al Cagliari, ha giocato anche con Torres, Chicago Mustangs, Perugia e Prato).

Niccolai’s last interview

L’ultima intervista risale a 6 mesi fa, quando morì Riva. Raccontò al Corriere della Sera: «Sapevo che non stava bene, ma la notizia mi è arrivata dalla tv. Certo, la vita è così. Ma mi dispiace tanto. Delle nostre immagini, del tempo che è passato. Il grande bomber se n’è andato. Ma non piango per il giocatore, piango per il mio amico. La Sardegna è sempre stata l’Italia. Con quello scudetto lo abbiamo ricordato a tutti. Eravamo una squadra di amici. In difesa ero la diga. E davanti c’era il più grande».

«Riva calciatore, beh, l’avete visto. Un attaccante irripetibile, un campione. Oggi farebbe cinquanta gol a stagione. Forza, tecnica, leadership. Ho sempre sostenuto che era un dio, il nostro dio. Vincere uno scudetto a Cagliari significa vincerne cinque a Milano o a Torino. Se non gli avessero rotto due volte la gamba, ne avremmo vinti molti di più. Dietro le quinte era un ragazzo semplice, accomodante, non una star. E sì, se lo poteva permettere… Ci conoscevamo da sempre. Avevamo fatto insieme anche il servizio militare, alla Cecchignola di Roma. Quante cose abbiamo combinato. Gli anni più belli della nostra vita. Oggi nessuno farebbe la scelta che ha fatto lui, dire di no alla gloria e al denaro in cambio della felicità.. Ma la verità è che anche allora si trattava di una scelta controcorrente. Una scelta da nobile ribelle.”

Fonte: GETTY
 
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