dov’era il gioiello perduto (che tu non sai) – .

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dov’era il gioiello perduto (che tu non sai) – .

Ricca di mosaici all’interno di un luogo sacro, pare che Santa Rosalia visse qui per circa 6 anni fino alla sua morte. Per questo motivo prese il nome di “Chiesa di Santa Rosolea”

Tra misteri e leggende, Rosalia Sinibaldifiglia di Sinibaldo Sinibaldi Signore di Monte delle Rose e Quisquina appartenente alla famiglia dei Marsi discendente di Carlo Magno, la madre Maria Guiscardi nipote del re Ruggero II, non è certa. Il Senato palermitano incaricò nel 1631 il gesuita Cascini di raccogliere notizie sulla sua vita, lo scritto fu poi inserito nell’urna delle spoglie della Santa conservata nella Cattedrale di Palermo.

La prima notizia è un’iscrizione incisa in un Grotta della Quisquinasi dice realizzata dalla Santa, rinvenuta da alcuni muratori, oggetto di numerosi dubbi. Caetani ne raccolse la tradizione orale, oltre ai codici in cui era citata, che la vedeva arrivare a Palermo come dama di compagnia della regina, vivendo all’Olivella dove pare sia stata eretta la prima cappella a suo nome.

Oggi, della casa e del luogo di culto, rimane un pozzo all’interno del cortile del XVII secolo.Oratorio di Santa Caterina. La tradizione vuole che nel giorno delle sue nozze vide l’immagine di Cristo che la invitò a lasciare tutto e a vivere da anacoreta. La scelta fu immediata, tagliò le sue trecce bionde e decise di diventare un’eremita basiliana.

avv.

Gli ordini mendicanti ed eremitici erano molto forti in quel periodo e videro molte donne scegliere la solitudine, la discrezione, la mortificazione spirituale, “l’acqua e il cibo spirituale”. Alcune di queste si fecero murare lasciando solo una piccola crepa, altre andarono a vivere nei cimiteri, altre ancora scavarono la roccia friabile ricavandone un pozzo come cella.

I Basiliani furono costretti a fuggire dall’Oriente durante la guerra contro le immagini sacre e trovarono rifugio proprio tra Sicilia, Calabria, Abruzzo, Puglia e Basilicata, accolti con entusiasmo dai re normanni. Che si trattasse Basiliano Rosalia è testimoniata dalle immagini che la ritraggono con la tipica sessione, momento e con gli attributi che spesso vengono attribuiti ai monaci: il bastone, la borsa, la conchiglia al collo, a volte il cane, il giglio simbolo di purezza, una ciotola e un cranio.

Rosalia riunisce quasi tutti questi simboli, tra cui il famoso corona di rose per alcuni bianco per altri rosso. Dopo tutto nome presagionel suo nome l’auspicio, infatti, compaiono due fiori, la rosa e il giglio, il giglio.

La prima esperienza di eremo avvenne probabilmente in boschi di Palazzo Adriano prima di Quisquina, Bivona dove visse per 12 anni prima di fare ritorno a Palermo sul monte sacro, Monte Pellegrino, alcuni dicono su richiesta della Regina, altri sostengono che fu trasportata da un angelo.

In quello stesso luogo pare ci fosse una preesistenza Chiesa bizantina dalla tipica forma quadrata strutturata internamente a croce latina decorata con pitture o mosaici, in seguito dedicata al culto del Santo e detta “Chiesa di Santa Rosolea“I Fenici sapevano anche che la Montagna era un luogo rituale magico e costruirono un santuario rupestre all’interno di quelle rocce da cui trasudava acqua.

La Santa visse lì per circa 6 anni chiedendo di essere murata in uno degli anfratti della grotta. Morì intorno al 1170 all’età di circa quarant’anni.

Il culto del Santo rimase legato nel tempo all’invocazione, e perfino la piccola chiesa bizantino-normanna fu dimenticata. Tutto questo fino al 1624 quando una nave proveniente da Tunisi portò il dall’altra parte del fiume nella città.

Palermo era completamente prostrata dalla malattia, finché la Santa non apparve per la prima volta a una donna malata, indicandole il luogo in cui erano state trovate le sue spoglie. Il cardinale Doria decise di avviare degli scavi per trovare l’accesso alla “cella del pellegrino”, come veniva chiamata.

La ricerca era frenetica, la peste che imperversava richiedeva azioni forti, il La chiesa è stata quasi distrutta. I resti vennero trovati fusi “incastonati in un guscio di roccia cristallina”, la calcarenite. Dubbi sul ritrovamento, le analisi proseguirono per diversi mesi, finché la Santa non si manifestò nuovamente al “saponificio” Vincenzo Bonelli.

Rosalia lo condusse nel 1625 nei pressi dell’antica Chiesa di “Santa Rosolea” invitandolo a far esporre le sue reliquie il prima possibile senza indugi o dubbi. Ciò fu fatto, i resti furono trasportati e la malattia fu sconfitta e Rosalia divenne la Santa Patrona della città.

La piccola chiesa era raso al suolo per far posto alla chiesa barocca con l’annesso convento. Così il luogo dove Rosalia visse e pregò in solitudine, probabilmente edificato sui resti fenici, andò definitivamente perduto.

Una perdita enorme, che avrebbe potuto raccontarci qualcosa di più non solo del Santo, ma del luogo di culto attraverso iscrizioni, decorazioni, fondamenta, arredi. Un luogo sacro che continua la sua funzione protettiva della Città e dei suoi abitanti.

Le celebrazioni della Santa sono note dal Festino di luglio in cui sfila il Carro trionfale della Santa e a settembre, data fissata dall’Agiografia, della morte di Rosalia, con l'”Acchianata” a piedi dei Palermitani. Strano che la salita sia fatta anche dagli Indiani Tamil che hanno trovato analogie tra la Santa siciliana e una delle loro divinità femminili.

Mito, Rito e Storia, difficili da ordinare, da stabilire cosa venga prima, Rosalia come tutti i santi Taumaturghi tocca i tre punti, passando dalla leggenda alla storia. Eppure per chi come noi vive in un mondo che giorno dopo giorno rinnega verità e certezze che sembravano acquisite, tornare ad affidarsi al soprannaturale può essere di grande conforto.

Quest’anno la nostra Santuzza sarà rappresentata in una statua bianca con le braccia tese ad abbracciare tutti con un dolce sguardo ceruleo, come a dire, prendo in prestito qualche parola: «Avrai paura, perché sto sognando» e questo ci basta.

Lunga vita a Palermo e lunga vita a Santa Rosalia.

 
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