Tumore al seno, lo studio dell’Università di Firenze su ‘Embo molecular science’ – .

Tumore al seno, lo studio dell’Università di Firenze su ‘Embo molecular science’ – .
Tumore al seno, lo studio dell’Università di Firenze su ‘Embo molecular science’ – .

Firenze, 2 luglio 2024 – Un particolare tipo di tumore al seno, il tumore al seno triplo negativo, colpisce pazienti che non esprimono recettori ormonali sulle cellule tumorali. La malattia è quindi indipendente dagli effetti di queste molecole e anche per questo motivo ha limitate opzioni terapeutiche al di fuori della chemioterapia e una forte tendenza a dare recidive e metastasi.

Un gruppo di ricerca dell’Università di Firenze, guidato da Andrea Morandi, ha individuato una maggiore concentrazione di acidi grassi polinsaturi nelle cellule più aggressive di questo tipo di tumore. Gli scienziati hanno pensato di sfruttare il metabolismo lipidico anomalo del tumore come bersaglio per nuovi trattamenti, nonché di identificare marcatori diagnostici innovativi. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Embo Molecular Medicine in un articolo intitolato “FadS1/2 control lipid metabolism and ferroptosis susceptibility in triple-negative breast cancer”. La ricerca ha ricevuto finanziamenti dalla Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, Fondazione Cr Firenze e delAssociazione Annastaccatolisa OdvQueste istituzioni hanno inoltre sostenuto con due borse di studio il lavoro delle giovani ricercatrici Nicla Lorito e Angela Subbiani, prime firmatarie dell’articolo.

“Un sottogruppo di questi carcinomi con prognosi peggiore mostra alti livelli degli enzimi FADS1 e FADS2, coinvolti nella produzione di acidi grassi polinsaturi” – spiega il coordinatore della ricerca Andrea Morandi, professore di Biochimica presso il Dipartimento di Scienze Biomediche Sperimentali e Cliniche dell’Università di Firenze -. “Le cellule tumorali che contengono una maggiore concentrazione di acidi grassi polinsaturi sono più vulnerabili alla ferroptosi, una particolare forma di morte cellulare. ferroptosi Può essere innescato da farmaci che hanno finora dimostrato una certa efficacia nei modelli preclinici, ma che richiedono ulteriore sviluppo e test prima di poter essere utilizzati sui pazienti”.

I risultati dello studio, a cui hanno partecipato ricercatori dell’ Unità senologica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi di Firenze, sostenuta dalla Fondazione Radioterapia Oncologica – hanno in particolare dimostrato che è possibile influenzare la sensibilità delle cellule tumorali alla ferroptosi e quindi favorirne la morte. L’effetto desiderato si ottiene interferendo con gli enzimi FADS1 e FADS2 oppure abbassando la concentrazione di lipidi polinsaturi all’interno della cellula. “Ci auguriamo – Morandi commenta ancora – che i problemi di tossicità legati ai farmaci capaci di indurre ferroptosi siano superati il ​​prima possibile. Solo allora sarà possibile passare a studi clinici che possano valutare la sicurezza e l’efficacia di questi farmaci sfruttando la vulnerabilità metabolica dei tumori più aggressivi”.

 
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