Taranto e Brindisi, un fronte comune per i porti del Grande Salento – .

Taranto e Brindisi, un fronte comune per i porti del Grande Salento – .
Taranto e Brindisi, un fronte comune per i porti del Grande Salento – .
Ports of Taranto and Brindisi

Fabio CAFFIO

Importanti manovre in vista del ricambio dei vertici delle Autorità di Sistema Portuale (ASP) di Bari e Taranto, a causa delle dimissioni e delle scadenze dei rispettivi presidenti. La situazione delle due ASP è antitetica: il porto di Bari e gli altri porti adriatici di Termoli, Monopoli, Barletta, Manfredonia e Brindisi che ne fanno parte sono in forte crescita; il porto di Taranto è in forte declino, nonostante tutti i lavori programmati per lo scavo dei fondali, la diga foranea e il “cold ironing”, soffre i minimi storici della produzione siderurgica e la mancanza di altro traffico commerciale di rinfuse e container. Unica nota positiva per Taranto è il trend positivo degli scali delle navi da crociera, anche se molto poco rispetto ai numeri dei crocieristi in transito nei porti di Bari.

Il tema che ora torna a farsi sentire è la fusione di Taranto e Bari, vecchia ambizione della Regione Puglia fin dalla recente riforma portuale. In precedenza scartata per le resistenze di alcuni settori governativi e la (debole) opposizione della Città Bimare, l’idea di unire le due entità portuali torna ora con forza in un momento in cui le banchine del porto di Taranto sono desolatamente vuote e le gru ferme.

Naturalmente, le mire baresi tornano, grazie a un’attenta politica volta a occupare gli spazi lasciati vuoti dall’inerzia di Taranto, incapace anche di creare un hub per il carico di prodotti agricoli provenienti dal fertile entroterra. Il trasferimento del traffico container con il Pireo da Taranto a Bari nel 2015 da parte della compagnia ne è un esempio. Sempreverde.

Tuttavia, è sorprendente leggere (la Repubblica-Bari2 24 luglio, p. 3) che «se le due Autorità restassero divise, potrebbe essere ipotizzabile una mediazione politica con Emiliano, che potrebbe dare luce verde a una candidatura governativa a Bari, in cambio del suo nome a Taranto o viceversa». A preoccupare Bari, però, non è Taranto, come al solito sottomessa ai suoi voleri, bensì Brindisi, la cui classe dirigente «mostra segni di sofferenza per le quote di mercato che Bari sta sottraendo».

Se così fosse, si potrebbe pensare che gli interessi di Taranto e di Brindisi siano in parte coincidenti nel rivendicare una difesa del loro traffico portuale. La questione assume rilevanza nazionale nel momento in cui, con la creazione del Ministero del mare e la pubblicazione del suo Piano del maresi cerca di affrontare la questione dell’attribuzione al Governo di un ruolo di gestione delle diverse entità portuali, troppo spesso non coordinate e autoreferenziali.

Quando a Taranto è nata l’ASP dello Jonio, si è vagliata l’opzione di unire Brindisi. Riparlarne ora è certamente un esercizio tardivo e di difficile attuazione. Perché non farlo nei termini più sfumati ma non meno convincenti del Grande Salento? Del resto, Taranto e Brindisi, legate dalla geografia dell'”Istmo messapico”, dai traffici della via Appia di epoca romana, dalla storia della Terra d’Otranto e da quella della Marina, potrebbero scoprire che fare fronte comune sotto le bandiere del Grande Salento conviene come stanno dimostrando le sinergie per la realizzazione delle opere dei Giochi del Mediterraneo e l’unificazione delle rispettive Camere di Commercio.

 
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