Un cuore ancora pulsante è stato trapiantato in Sicilia – .

Un cuore ancora pulsante è stato trapiantato in Sicilia – .
Un cuore ancora pulsante è stato trapiantato in Sicilia – .

In Sicilia è stato trapiantato un cuore che batteva ancora…

Il primo trapianto è stato eseguito all’Ismett utilizzando la tecnologia “Heart in the box”. Si tratta del primo intervento di questo tipo eseguito nel Sud Italia. La tecnologia sviluppata negli Stati Uniti è stata utilizzata finora nei migliori centri trapianti in Europa e Nord America.

“Il cuore – spiega Sergio Sciacca, responsabile del programma trapianti di cuore all’Ismett – arriva al nostro centro trasportato in una sorta di scatola sterile, un dispositivo all’interno del quale l’organo viene perfuso con il sangue del donatore e continua a pulsare. Con questa tecnologia si riduce il tempo di sofferenza ischemica dell’organo cardiaco, perché durante il trasporto il muscolo cardiaco continua a ricevere sangue e ossigeno per le sue funzioni metaboliche. È inoltre possibile effettuare controlli biochimici e acquisire dati che assicurano la buona funzionalità del cuore una volta trapiantato”.

Il prelievo è stato eseguito da un team Ismett composto da cardiochirurghi (Sergio Sciacca e Matteo Greco), perfusionisti (Andrea Giunta e Rosi Longo) e un infermiere di sala operatoria (Giancarlo Cappello). L’organo prelevato è stato collegato al dispositivo e perfuso durante un lungo viaggio di circa 6 ore, continuando a battere fino all’arrivo in sala operatoria Ismett. Qui è stato trapiantato a un paziente siciliano in lista d’attesa da due anni.

Normalmente, il cuore prelevato viene fermato con una soluzione cardioplegica fredda e trasportato non battente, in sacche termiche, a una temperatura di 4 gradi, per poter raggiungere la sede in cui verrà trapiantato nel ricevente. Con questa tecnica, il tempo massimo di conservazione del cuore, detto anche tempo di ischemia, è di circa 4 ore; oltre questo lasso di tempo, vi è un elevato rischio di inadeguato recupero della funzione contrattile dell’organo trapiantato, dovuto all’eccessiva fase di ischemia sofferta durante il trasporto. La tecnologia “Heart in the box”, invece, consente di azzerare quasi completamente il tempo di ischemia, consentendo così il trapianto degli organi prelevati anche in sedi lontane dal Centro Trapianti.

Ridurre drasticamente i tempi di ischemia non è però l’unico vantaggio offerto da questo tipo di tecnologia. Grazie a questa metodica, infatti, i cardiochirurghi possono monitorare tutti i valori dell’organo, valutare in tempo reale lo stato di salute del cuore, intervenire per modificare i parametri emodinamici e metabolici con l’obiettivo di migliorare la funzionalità dell’organo, ma anche valutare con più tempo a disposizione se rinunciare al trapianto, se il cuore donato è ad alto rischio di disfunzione. “Il ricevente – conclude Sergio Sciacca – era un paziente complesso perché aveva già un supporto ventricolare sinistro (il cosiddetto cuore artificiale) e quindi aveva una preparazione intraoperatoria particolarmente delicata e complessa. Il paziente sta bene, è ancora ricoverato all’Ismett, ma il riscontro immediato è di un’ottima ripresa della funzione cardiaca e di un decorso postoperatorio regolare”.

 
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