Depositate le motivazioni della Corte d’Assise di Monza – .

Depositate le motivazioni della Corte d’Assise di Monza – .
Depositate le motivazioni della Corte d’Assise di Monza – .

Corte d’Assise di Monza, 27 giugno 2024 (udienza 12 aprile 2024), n. 2
President Dr. Carlo Ottone De Marchi, Editor Dr. Guglielo Gussoni

Vorremmo informare i nostri lettori, in riferimento al processo per l’omicidio di Castelli di Sofiale motivazioni della sentenza con cui la Corte d’Assise di Monza ha condannato Zakaria Atqaoui a una pena di 24 anni di carcere.

Dal punto di vista giuridico, la Corte d’Assise ha ritenuto sussistente IL quattro circostanze aggravanti contestate – premeditazione, motivi futili, mezzi insidiosi e relazione emotiva – e, pur credendo che questi delineati «un crimine particolarmente brutale», considerato che il circostanze attenuanti generali dovrebbe essere considerato equivalenti (che comporta una pena detentiva di 24 anni).

Quanto alle circostanze sulla base delle quali individuare le circostanze attenuanti, i giudici della Corte d’Assise hanno evidenziato i seguenti aspetti:

– I l comportamento detenute dall’imputato subito dopo il reato, lo stesso vale per si è recato immediatamente alla polizia localeconsentire alla polizia di intervenire presso l’abitazione;

– il fatto che ciò abbia consentito trovare il corpo della vittima senza indugio«cristallizzando la scena del crimine e consentire che tutte le indagini necessarie siano svolte immediatamente» (tanto che, addirittura, un amico della vittima – che dormiva in un’altra stanza – è stato accompagnato dai Carabinieri all’esterno dell’appartamento senza rendersi conto di cosa fosse successo alla sua amica);

– il fatto che l’imputato «non aveva in nessun modo intenzione di fuggire e scomparireavendo, in effetti, immediatamente ha assunto tutte le sue responsabilitàricostruendo il delitto in tutti i suoi particolari, compresi quelli che hanno consentito la contestazione delle circostanze aggravantidue dei quali sarebbero stati difficili da provare senza il suo resoconto (premeditazione e mezzi insidiosi)»;

– il comportamento collaborativo dell’imputato, continuato anche successivamente, «quando ha raccontato cosa è successo sia al PM che al GIP confessare l’omicidioma anche tutti i particolari che hanno permesso di accertare le circostanze aggravanti»;

– il comportamento collaborativo mantenuto anche durante il processo, quando, «L’imputato, tramite il proprio legale, ha prestato il proprio consenso all’acquisizione di tutti gli atti di indagine ed ha evitato, anche per le parti offese e per le parti civili, un lunga indagine e il conseguente ulteriore dolore di dover ripercorrere, udienza dopo udienza, quanto accaduto»;

– il suo giovane età, ilnessun precedente penale e il fatto che questo fosse il suo «prima esperienza giudiziariaUN»;

– la sua storia familiare, «sebbene non ulteriormente esplorato durante le indagini, che sono apparse particolarmente svantaggiati».

Sulla base di queste motivazioni, la Corte d’Assise, riconosciuto il principio di legalità, circostanze attenuanti equivalenti a circostanze aggravantiha condannato l’imputato alla pena di 24 anni di carcere (vale a dire la pena massima, alla luce della brutalità e di gravità del fatto, «che ha portato alla fine della vita di una giovanissima ragazza all’inizio del suo percorso universitario»).

 
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