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Violentata dopo la discoteca. Procura di Perugia: «19enne rapita in camera da letto»

Violentata dopo la discoteca. Procura di Perugia: «19enne rapita in camera da letto»
Violentata dopo la discoteca. Procura di Perugia: «19enne rapita in camera da letto»

di Enzo Beretta

L’inchiesta della Procura di Perugia sullo stupro presunto subito nella notte tra venerdì e sabato da una ragazza di 19 anni dopo la discoteca, indagine che ha portato all’arresto di due albanesi di 69 e 34 anni, si arricchisce di nuovi particolari: al primo indagato viene contestato anche il reato di sequestro di persona. Secondo la ricostruzione del procuratore Gennaro Iannarone, l’uomo, dopo aver promesso alla ragazza che l’avrebbe accompagnata a casa, l’ha convinta ad andare nel suo appartamento dicendole che avrebbe dovuto prendere il suo cellulare. Poi però – secondo l’accusa – l’ha fatta entrare in camera da letto e ha chiuso a chiave la porta, impedendole di uscire. Il magistrato sostiene che il 69enne ha approfittato della situazione di inferiorità della vittima dovuta alla giovane età ma anche all’ora tarda e al suo atteggiamento intimidatorio. Nell’appartamento circolava cocaina, droga che la ragazza è stata “costretta” ad assumere, secondo la ricostruzione. Il 69enne è ritenuto responsabile anche per aver abusato della ridotta lucidità della giovane, proprio a causa dell’uso di droghe, che ha subito atti sessuali. Il co-indagato, 34 anni, è accusato di violenze sessuali analoghe: parlando di lui, il pm fa riferimento alla prostrazione indotta dalla precedente violenza sessuale.

Pm: gravi prove di colpevolezza I due indagati, in stato di arresto, saranno interrogati domani mattina in carcere (sono difesi dagli avvocati Daniela Paccoi, Guido Rondoni e Laura Filippucci). Secondo Iannarone, a loro carico sussistono gravi indizi di colpevolezza – definite precise e circostanziate le dichiarazioni della parte lesa che ha ricostruito nei dettagli la violenza subita – e sussiste il rischio di fuga per entrambi gli indagati, clandestini in Italia. Il più giovane non lavora e non risulta avere un domicilio o un indirizzo dove poter essere effettivamente ricercato. Lo zio, invece, utilizza un passaporto albanese con dati anagrafici diversi, che in Italia non consentono un’identificazione utile.

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