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quale ruolo per il riscaldamento globale? – .

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  • Piemonte e Valle d’Aosta colpite dalle alluvioni in piena estate; duramente colpiti anche i versanti alpini francesi e svizzeri.
  • Secondo il climatologo Massimiliano Fazzini è ancora presto per parlare di evento estremo e il caso ha voluto che due masse d’aria contrarie e opposte si scontrassero proprio sulle montagne.
  • Il livello di congelamento a 4.000 metri e l’evidente “forzatura termica” in atto da 50 anni, tuttavia, rendono evidente la responsabilità del riscaldamento globale.

L’estate mediterranea è ormai in pieno svolgimento ma, mentre nel sud e nel centro Italia le temperature hanno superato i 40 gradi, Piemonte e la Val d’Aosta (oltre che, dall’altro lato, i versanti alpini francesi e svizzeri) furono colpiti da vere e proprie inondazioni che provocarono ingenti danni per frane e smottamenti. Nella parte francese si contarono anche tre vittime, in Svizzera due, in Italia nessuna, ma Cogne rimase completamente isolata per la chiusura dell’unica strada di collegamento, gran parte del paese rimase senza acqua e l’acquedotto fu danneggiato. Ingenti disagi si verificarono anche a Cervinia e in varie zone della provincia di Verbania, con ponti danneggiati e alcune valli isolate.

L’Italia, come sempre, ha già iniziato a muoversi per Piemonte e Val d’Aosta: in modo virtuoso, con interventi di soccorso d’urgenza sempre prontissimi (a differenza di quanto spesso accade con la prevenzione); in modo meno virtuoso, dividendosi tra chi parla di “eventi meteorologici eccezionali” e cambiamenti climatici, e chi invece declassa tutto a normalità del “maltempo”, portando un giugno tutto sommato fresco e piovoso in Italia come presunta prova dell’assenza di cambiamenti (dimenticando i dati Copernicus che continuano a certificare mese dopo mese record di temperatura globale).

Secondo il climatologo Massimiliano FazziniPresidente del Climate Risk Team dell’ Società Italiana di Geologia Ambientale “siamo ancora una volta di fronte ad un esito drammatico di fenomeni meteorologici intensi, forieri di danni e di paura, ma è urgente cercare di chiarire concetti, spesso e volentieri utilizzati in maniera non del tutto corretta, in un contesto che avrebbe bisogno di chiarezza”.

Fu un evento eccezionale in Piemonte e Valle d’Aosta?

Partiamo innanzitutto dal concetto sempre più utilizzato di eccezionalità meteorologica: secondo Fazzini, nonostante il fenomeno meteorologico abbia colpito un territorio molto vasto “da una prima analisi superficiale dei dati storici, solo il pluviometro di Nosca – nella valle dell’Orco, con Sono caduti 172 mm di pioggia, di cui 127 mm in 3 ore – i cumuli giornalieri, orari e triorari delle precipitazioni possono essere definiti statisticamente eccezionali”.

Questo Non significa minimizzare, anziammettere semplicemente la mancanza di dati sufficientemente estesi dal punto di vista temporale: “Quasi tutti i pluviometri analizzati hanno serie storiche di breve durata o disomogeneità di rilevazione nella serie stessa, per cui affermare che in quel preciso punto la precipitazione è eccezionale è scientificamente scorretto. Pertanto è possibile solo affermare che al pluviometro di Noasca possono avere periodi di ritorno ultrasecolari”. Tradotto in parole semplici, il fatto che non si sia trattato di un evento eccezionale è anche peggio: ciò significa che anche nei prossimi anni potremo aspettarci eventi di questo tipo, fatta eccezione per Noasca.

Si è trattato di un evento meteorologico “semplice”?

Secondo il climatologo Fazzini, le inondazioni che hanno colpito la regione alpina sono state causate anche da una sfortunata catena di eventi: non eccezionale ma quasie indipendente dai cambiamenti climatici. “La natura delle precipitazioni è stata generata da una situazione decisamente complessa e piuttosto rara: una convergenza intensa sulla zona interessata dagli eventi atmosferici tra aria molto umida e instabile all’interno del getto polare e un’avvezione di correnti molto umide e calde provenienti dal Mediterraneo sud-orientale”. Due correnti opposte e contrarie che si sono scontrate proprio in un’area “con un’orografia molto complessa, con cime tra le più elevate del continente europeo, che hanno favorito intensi movimenti ascensionali”.

È stata colpa del riscaldamento globale?

Certamente una grave anomalia che ha facilitato quanto accaduto è stata che, almeno nel primo pomeriggio di sabato scorso, il livello di congelamento era di quasi 4.000 metri(altitudine molto elevata, ma non da record) e quindi si sono verificate piogge intense pioggia fino a 3.400-3.600 metri sopra il livello del mare, in zone dove solitamente nevica anziché piovere, facendo sì che l’acqua scorra a valle molto più lentamente di quanto non abbia fatto questa volta. Anche in questo caso, tuttavia, quanto abbia piovuto ad alta quota “nessuno lo sa, poiché non abbiamo strumenti di monitoraggio quantitativo ad altitudini superiori ai 2300 metri sul livello del mare, fatta eccezione per la stima molto approssimativa delle precipitazioni a Vassoio del ghiacciaio Rosaalla testa del torrente Marmore”.

Di certo, spiega Fazzini, “le precipitazioni si sono verificate in forma liquida fino a 3.500 metri, interessando quasi tutti i bacini montani e cadendo su terreni saturi di precedenti piogge e di scioglimento di nevi ancora molto abbondanti alle alte quote. Violente piene torrenziali e vaste colate detritiche, spesso ricorrenti, hanno causato conseguenze estese e diffuse nel territorio. valleys of the Orco, Soana and Stura di Lanzo streams e dei cinque bacini idrografici minori che caratterizzano la valle di Cogne, con una magnitudo addirittura superiore ad alcuni eventi verificatisi nella zona, nelle estati degli anni ’90, tra il 1994 e il 1996”. Se le quote di congelamento a quote molto elevate, sintomo dell’aumento delle temperature globali, sono la causa originaria dell’allagamento delle valli, allora sì: almeno in parte la colpa può essere anche dei cambiamenti climatici.

Ma soprattutto, siamo in pericolo?

Secondo Fazzini, la risposta scientificamente più corretta alla domanda se il cambiamento climatico c’entri qualcosa o no “è In”. Non certo per negazione, ma solo perché non disponiamo ancora di dati statistici sufficienti a suffragarla, per le ragioni che abbiamo visto sopra. “Da un lato, il forzante termico attivo da oltre mezzo secolo sull’intero pianeta, determina una sempre maggiore quantità di energia a disposizione del complesso e caotico sistema mare-atmosfera; è quindi logico attendersi fenomeni atmosferici sempre più estremi e temporalmente frequenti”.

Auto parzialmente sommerse dopo che forti piogge hanno causato un’alluvione a Firenze, Italia, il 2 novembre 2023 © Carlo Bressan/Anadolu tramite Getty Images

D’altro canto, prosegue Fazzini, “se la statistica confermasse che ogni evento intenso – meteorico, termico o idrologico che sia – corrisponde a un nuovo record o almeno a uno dei numeri più alti in una serie storica di dati, allora non ci sarebbero più dubbi: saremmo già scientificamente in un clima nuovo, con maggiori rischi per la popolazione. Gli esseri umani, che hanno certamente e in vari modi causato questo squilibrio nella termodinamica atmosferica e non solo, ora deve cercare di adattarsi a queste nuove situazioni critichecercando, una volta per tutte e con il massimo buonsenso possibile, di mitigare questo rischio sempre più presente nella vita di tutti i giorni. E crediamo che il tempo rimasto sia davvero poco”. Il sottotesto è chiaro: per utilizzarlo al meglio dobbiamo affidarci alla scienza.

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