“Solo il 25% dell’acqua nei bacini” – .

“Solo il 25% dell’acqua nei bacini” – .
“Solo il 25% dell’acqua nei bacini” – .

(Adnkronos) – L’acqua negli invasi in Sicilia “sta diminuendo lentamente, perché si consuma e non piove”, al momento è “al 25 per cento del totale”. Ed entro “il mese di luglio” la situazione potrebbe peggiorare ulteriormente, “come da scenario elaborato”. Ci sono territori in cui si perdono reti idriche urbane “anche il 50 per cento dell’acqua” e casi virtuosi come quelli di molte reti urbane nei comuni di Enna e Nisseno dove le perdite sono state ridotte con interventi di ricostruzione. E quelle più a rischio sono “le coltivazioni arboree”. Tuttavia, “a fronte di una situazione grave c’è un piano regionale della Protezione civile per interventi immediati entro l’estate per la gestione dell’emergenza con riutilizzo e recupero dei pozzi abbandonati, ristrutturazione di pozzi e pompe di sollevamento oltre a un piano di potenziamento della flotta di autobotti pubbliche già in attuazione. A cui seguirà un piano a medio termine con ulteriori nuovi pozzi e il revamping degli impianti di dissalazione. E, infine, un piano a lungo termine per grandi progetti infrastrutturali, che comportino investimenti significativi, che rientrano anche nel PNRR, per esempio”. A parlare in un’intervista all’Adnkronos è l’ingegnere Salvo Cocina, capo del Dipartimento della Protezione civile in Sicilia e responsabile della cabina di regia per l’emergenza siccità in Sicilia. Che fa il punto sulla situazione attuale.

Oggi gli invasi sono ai minimi storici, agricoltura e turismo rischiano una battuta d’arresto e, soprattutto, i cittadini di diverse decine di comuni continuano a soffrire per il razionamento dell’acqua e altri in un centinaio di comuni per una riduzione dell’acqua che dura da mesi. “C’è il rischio concreto che, con il passare del tempo, aumentino i danni alle aziende agricole e agli allevamenti con possibili rischi sanitari legati all’abbattimento del bestiame”, denunciano i vertici di Anci Sicilia.

Il responsabile della Protezione civile Cocina ammette che la “situazione” sull’acqua in Sicilia “è grave e complessa”. Ma spiega che: “La situazione delle risorse idriche e dell’approvvigionamento idrico potabile è costantemente monitorata dall’autorità di bacino, anche se i primi segnali allarmanti sono iniziati a gennaio, direi preoccupanti. A febbraio e marzo 2024, questi dati ci portano a dichiarare una situazione di crisi regionale sia in agricoltura che in acqua potabile”.

Ad aprile, mentre la siccità continuava, la regione ha chiesto lo stato di emergenza nazionale, ottenuto il 6 maggio. “Gli invasi in Sicilia sono al 25 per cento della loro capacità totale, ovvero al 50 per cento rispetto all’anno scorso. E questo è un dato allarmante, perché è subito chiaro che non possiamo far fronte all’irrigazione, come l’anno scorso, quindi l’agricoltura è la prima a essere colpita. In secondo luogo, ci sono alcuni bacini per l’acqua potabile, due in particolare, Ancipa e Fanaco, che hanno gravi problemi di esaurimento”, racconta Cocina.

“Sull’irrigazione la partita è persa in partenza – sottolinea Cocina – il clima non ci ha aiutato, qui non piove da settembre/ottobre dell’anno scorso e negli anni precedenti pioveva pochissimo. Una condizione di stress idrico, non c’è acqua nei bacini perché non ha piovuto. Possono anche dire che la Regione non sa gestire bene i bacini, ma la realtà è una sola: non ha piovuto. Quindi sono state avviate diverse misure strutturali e non strutturali, a brevissimo, breve, medio termine delle misure da adottare”. Oltre alle misure a lungo termine.

In Sicilia arrivano 92 milioni di euro per la realizzazione delle infrastrutture idriche prioritarie. Si tratta della prima tranche di finanziamenti per i 49 interventi, per un totale di 1,6 miliardi, inseriti nel Piano idrico della Regione Siciliana, integralmente approvato dal Ministero delle Infrastrutture e recepito nel Piano nazionale per la sicurezza del settore idrico (PNSII). “Con questa prima tranche di finanziamenti – afferma il Presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani – daremo subito avvio ad alcune delle opere previste per fronteggiare un fenomeno che sta colpendo duramente la nostra Isola. Si tratta solo dell’inizio della mole di interventi che abbiamo previsto nel Piano di cui la Regione si è finalmente dotata per la prima volta con una visione sistemica complessiva. Ora passiamo alla fase operativa, con le strutture regionali impegnate a realizzare quanto previsto senza indugio. Faremo in modo che cittadini e imprenditori siciliani possano avere al più presto risposte concrete per colmare le annose lacune del nostro sistema idrico”. “Lo scenario peggiore ci dice che la situazione peggiorerà ad agosto e settembre”, avverte Cocina. “Dal punto di vista irriguo la partita è già persa. Il rischio più grave è per le colture arboree – afferma – che, se non vengono irrigate, rischiano di disseccarsi. E per ripiantare gli alberi e portarli in produzione ci vogliono almeno 4 o 5 anni, un anno non basta. Quindi, in campo agricolo si dà priorità all’‘irrigazione di soccorso’, proprio per evitare la ‘morte’ degli arbusti, per intenderci”.

“Qual è dunque la scelta strategica che abbiamo adottato da gennaio? Quella di allungare la vita utile degli invasi per intercettare l’acqua che sarà disponibile nel periodo invernale, razionandola subito”, spiega Cocina. “Così l’Autorità di bacino ha imposto di prelevare meno acqua da febbraio – aggiunge – a favore di quella potabile. Non possiamo sacrificare cittadini, ospedali o produzione alimentare. La questione più grave riguarda l’approvvigionamento delle dighe Fanaco e Ancipa”. “Ci sono otto comuni nel nisseno e decine in più nell’agrigentino che dipendono esclusivamente dal Fanaco, poi ci sono Gela e Caltanissetta che dipendono dall’Ancipa/Fanaco e che sono i primi a sentire la crisi. Il Fanaco, secondo le previsioni, si esaurirà a fine luglio”, cioè tra qualche giorno. “Si parla di zattere galleggianti per raccogliere l’acqua rimasta – spiega Cocina – tutto questo compatibilmente con la pesca, di cui bisogna prendersi cura. Su queste sono state avviate tutte le iniziative previste”.

“Il secondo scenario peggiore è quello del palermitano”, prosegue Cocina, “alimentato dai laghi di Scanzano, Rosamarina, Poma, Piana degli Albanesi, che vedrà l’esaurimento delle risorse a gennaio 2025, sempre nel peggiore scenario possibile, il cosiddetto ‘worst case’”. Quindi si punta su misure di “mitigazione”, racconta. “Innanzitutto abbiamo iniziato a ridurre prelievi e irrigazioni”, racconta. “Abbiamo fatto una serie di riunioni, istituito la cabina di regia e creato tavoli provinciali. E abbiamo raccolto le istanze dal territorio”. E a maggio il Consiglio dei ministri ha approvato lo stato di emergenza nazionale per la siccità in Sicilia, come chiesto dalla giunta regionale, per una durata di 12 mesi, stanziando i primi 20 milioni di euro, “con possibilità di aumentare le risorse nel breve periodo”. “Quindi abbiamo elaborato un piano di interventi da 20 milioni di euro”.

“Abbiamo raccolto tutte le fonti alternative”, dice. “Il nostro piano include oltre 1.000 litri al secondo di nuova acqua, mentre a Fanaco e Ancipa mancano “almeno circa 500 litri al secondo”.

In Sicilia c’è anche un “problema di traiettoria dell’acqua”, “Spesso l’acqua è nel trapanese e non si può spostare tutta a Gela – spiega – c’è anche questo problema di reti. Anche se in Sicilia abbiamo una buona rete infrastrutturale. Riusciamo, per esempio, a spostare l’acqua, da Trapani o Palermo o Messina a Gela, anche se con delle limitazioni”. Una delle prime misure “a brevissimo termine” sono “le autobotti, anche se non risolvono il problema mondiale dell’acqua ma servono a risolvere problemi locali tra cui il più grave è l’allevamento”. “Da aprile ho già finanziato la riparazione di circa 80 autobotti. E ho finanziato autobotti nuove, che siccome non si trovano, si stanno trovando usate”.

La Regione siciliana ha avviato la questione del ripristino immediato dei dissalatori nelle sale controllo”. “Purtroppo il Dipartimento nazionale non ha voluto inserirli tra gli interventi urgenti”, spiega. Ma i “dissalatori hanno bisogno di una rete principale in cui immettere l’acqua prodotta che funzioni e sia capace”. Il problema dei dissalatori è legato anche alle condotte verso il mare, “perché la salamoia va buttata, il 60 per cento dell’acqua trattata viene restituita e il 40 per cento è acqua potabile”.

Anche i Comuni sono preoccupati per il turismo. “Si allarga lo spettro delle disdette. Purtroppo tutto questo causerà un progressivo impoverimento dei territori che, a sua volta, avrà ricadute dirette sulle finanze dei Comuni”, afferma l’Anci. “Ma il responsabile della Protezione civile, getta acqua sul fuoco. “Ad oggi, nel settore turistico non abbiamo segnalazioni di situazioni di crisi”, spiega. Con specifico riferimento alla provincia di Agrigento. “C’è una dialettica interna molto serrata, ma non si può parlare di situazioni critiche. E comunque il presidente ha istituito un tavolo permanente per Prevenire e risolvere le situazioni di crisi”. (di Elvira Terranova)

 
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