A Rennes, questo prigioniero resta incarcerato dove ha visto morire suo fratello – .

A Rennes, questo prigioniero resta incarcerato dove ha visto morire suo fratello – .
A Rennes, questo prigioniero resta incarcerato dove ha visto morire suo fratello – .

La prossima settimana, dall’8 al 12 luglio, la giurisdizione interregionale specializzata di Rennes giudicherà un importante caso di traffico di droga. 15 imputati dovranno spiegare il loro presunto ruolo nella presunta importazione di 2,4 tonnellate di resina di cannabis dal Marocco, tramite la Spagna, a Cholet, Carquefou e Nantes tra settembre 2021 e maggio 2022. Tra loro: Erwan Rekik. Questo 31enne di Nantes ha chiesto il suo rilascio presso la Corte d’appello di Rennes venerdì 28 giugno. Il suo avvocato, Philippe Ohayon, ha sostenuto che le condizioni di detenzione erano indegne.

Il 12 settembre 2022, Erwan Rekik aveva assistito impotente alla morte di Maxime, suo fratello minore, in una cella vicina alla sua. Dopo la morte di Maxime, Erwan Rekik era stato trasferito nella prigione di Le Mans. Ma per avvicinarlo al tribunale di Rennes, dove verrà processato dall’8 al 12 luglio per traffico di droga su vasta scala, l’amministrazione penitenziaria ha nuovamente incarcerato il residente di Nantes a Rennes-Vezin. “Il suo ritorno a Rennes, nell’istituto dove ha perso il fratello, sembra essere una violenza psicologica ancora più grande di quanto si potesse evitare”, ha spiegato Philippe Ohayon alla corte. “La paura di poter incontrare persone che potrebbero essere responsabili della mancata assistenza al fratello rischierebbe di alterare la sua detenzione più di quanto sia ragionevole”.

La corte ha emesso la sua sentenza martedì 2 luglio. Ha respinto le argomentazioni avanzate da Erwan Rekik e dal suo avvocato. “Sono passati quasi due anni da questa drammatica vicenda”, spiega la sentenza della Corte d’appello. “Non possiamo considerare che il ritorno di Erwan Rekik in questo centro penitenziario sia paragonabile alla violenza psicologica. Le condizioni di detenzione non sono quindi indegne. Per la corretta amministrazione della giustizia, l’istituto penitenziario garantirà che il personale in questione non sia in contatto con l’imputato se fa ancora parte di questo istituto”.

 
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