MAMMUT ACIDO – Collisione supersonica tra megafauna – .

MAMMUT ACIDO – Collisione supersonica tra megafauna – .
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votazione
5.5

  • Bande:
    MAMMUT ACIDO
  • Durata: 00:41:56
  • Disponibile dal: 04/05/2024
  • Etichetta:
  • Suoni psichici pesanti

Il ritorno sulla scena degli Acid Mammoth sembra quasi giocare, nel titolo, con le pubblicazioni della fase centrale della carriera dei Cathedral, quando la band di Lee Dorrian filtrava con particolare enfasi sui generi stoner, ma soprattutto sembra una chiara dichiarazione d’intenti pesantezza e l’impatto che i brani qui hanno da offrire alle nostre orecchie.
È sicuramente un disco in cui la band greca crede fortemente, come dimostrano i tre singoli finora pubblicati e, per carità, il mestiere c’è; il gruppo, dopo quasi dieci anni di carriera, conferma di avere un songwriting solido, ha già dimostrato da tempo di aver studiato attentamente i suoi maestri e continua ad essere una buona idea da ascoltare a metà pomeriggio ad un Desertfest o simili . Ma, una volta superati i sorrisi della ganja, i grattacapi e le corna alzate al cielo, sventolate rigorosamente a ritmo lento, la sensazione del solito compito ben fatto ma senza guizzi è sempre più forte. C’è l’orrore bucolico delle damigelle che ballano nude nelle brughiere inglesi, i momenti più fangosi e stoner, seppur a bpm ridotti, e ovviamente una forte componente doom che, attraverso le loro divinità tutelari Electric Wizard si rifà a Pagan Altar e Witchfinder General, per non si cita ancora, come in ogni recensione precedente, la lunga ombra di Sua Maestà Tony Iommi: “One With The Void” ne è l’esempio più clamoroso, grazie al suono della chitarra che, in un lungo segmento, rimanda al finale di “ Sintomo dell’Universo”. In generale, è solo la chitarra a regalare, negli assoli acidi e corposi, piccole ma gradite variazioni.
Se infatti un certo marchio di fabbrica del Made in England resta il faro costante degli Acid Mammoth, il loro limite è proprio quello di non osare. Per restare in terra di Albione, gruppi come Uncle Acid And The Deadbeats hanno ampiamente dimostrato che è possibile giocare su stili consolidati, o addirittura quasi ammuffiti, trovando forme di originalità e dinamismo decisamente più marcate. I lampi qui vanno invece ricercati con la lanterna: “Fuzzorgasm (Keep on Screaming)” lascia spazio ad una piccola fisarmonica film spaventoso, mentre emergono qua e là momenti più liquidi ed espansi grazie all’esplosione del fuzz (“Garden Of Bones”). Per il resto, la costruzione dell’album – una quarantina di minuti circa, con il finale affidato a un brano più jammato e più lungo – resta la stessa, così come sono quasi sempre gli stessi la struttura delle strofe e il ritmo dei brani: un sabba continuo senza particolari picchi dinamici, se escludiamo la breve accelerazione iniziale di “Atomic Shaman”.
Dopo quattro album, a dire il vero, prevale un po’ il senso di noia, più che quello di piacevole sicurezza.

 
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