“Ho iniziato come ballerina, negli anni 80 avevo un aspetto folle. Oggi, rasata, mi sento più libera” – .

Nel 1979, il singolo “Knock on Wood” raggiunse la vetta degli album più venduti negli Stati Uniti, facendo Amy Stewart un’icona della disco music degli anni ’80. Quarantacinque anni dopo quel successo, la cantante torna sul palco e, Mercoledì 3 lugliodebutta a Monzanell’elegante sala dello Sporting Club, affacciata sul parco, con un concerto che promette di riproporre con nuove sonorità i più grandi successi della sua carriera.
“È una prima assoluta e un ritorno alle radici più profonde della mia anima artistica e della mia vita – spiega il cantante -. Con la band che mi accompagna abbiamo rivisitato i brani soul della mia carriera con un sound innovativo. Propongo il repertorio dei Anni ’80 e ’90sono ancora oggi delle belle canzoni con sfumature di pop acustico e jazz. È un grande atto d’amore verso una musica che vorrei far conoscere alle nuove generazioni”.

Qualche anticipazione?
«Non possono mancare Try love, Together, Knock on iron e Friends. Sarà un concerto intimo (prenotazioni www.sportingclumonza.it), mi piace l’idea di cantare vicino al mio pubblico. In fondo è più facile stare su un grande palco che mette una distanza tra il pubblico e l’artista. Qui invece non si può nascondere nulla, l’emozione, la goccia di sudore, le farfalle nello stomaco all’inizio, tutto sarà condiviso con il pubblico».

È la prima volta che vieni a Monza?
“È proprio un ritorno. Almeno vent’anni fa ero all’autodromo a cantare l’inno nazionale alla partenza del Gran Premio. Una grande emozione, ma anche un rumore assordante. Non ho l’anima della velocità, mi sono detto “Questi sono tutti pazzi!”.

Come spieghi il successo della disco music negli anni ’80?
“Li avevamo gli anni della rivoluzione sociale in America, eravamo appena usciti dalla guerra del Vietnam, l’omosessualità non era più un tabù. A quel tempo c’era bisogno di gioia dopo anni di sofferenza. Non rispecchiava la mia natura artistica, ma mi ha dato successo e la possibilità di fare altro. Oggi la rivaluto: era più musica acustica che sintetica, con melodie così affascinanti che non invecchiano, si capisce che sono canzoni scritte dai musicisti nota per nota, senza l’ausilio di un computer».

È una critica alla musica odierna?
“La musica è sempre rivoluzionaria, ma la musica che piace ai giovani oggi manca di melodia e non credo che durerà nel tempo. Non riesce a toccare le corde dell’anima.”

I suoi inizi?
“A 9 anni mi sono iscritta a un corso di danza. Volevo fare la ballerina. Poi tanti anni di studio, danza e canto con grandi insegnanti.”

Come Debbie Allen, Lydia Grant in “Fame”…
“Debbie è stata fantastica, la mia insegnante di jazz. Ci ha fatto davvero sudare e ci ha spinto a perseguire i nostri sogni.”

È famosa anche per i suoi look in continua evoluzione che raccontano la storia della moda di quegli anni.
“Avevo una grande costumista, Miranda, che si divertiva molto con me e creava look pazzeschi. Sono nata ballerina e avevo un corpo che mi permetteva di indossare quel tipo di costumi e di apparire sexy, ma mai volgare.”

Ora si è rasata i capelli e si è fatta un tatuaggio in testa. Perché questo cambiamento?
“Così mi sento più libera, posso dire addio alla schiavitù del trucco e dei capelli che ci viene imposta. Sono molto più Amii e mi sento bene con me stessa.”

Cosa ricordi della “Milano da bere”?
“Non sono andata a Milano in realtà. Ho sempre vissuto a Roma dove si concentrava anche il lavoro televisivo. Ho sempre avuto una passione per Roma, le sue antichità, la sua luce. Venivo da anni trascorsi a Londra con cieli grigi e pioggia, avevo bisogno di sole. Sono una donna del sud.”

Non si salva nulla dalla città?
“Lo shopping a Milano mi incuriosisce molto. È sempre stato un centro importante per il lavoro, ha locali molto famosi dove vanno le persone che conoscono la musica e apprezzano le esibizioni dal vivo. È una città vivace che offre grandi opportunità, ma ho detto addio al caos. Ora vivo in Sardegna, nella natura, in un posto di pace.”

Italiano naturalizzato americano. C’è qualcosa che ti manca degli Stati Uniti?
“In realtà torno spesso negli Stati Uniti perché lì ci sono le mie radici, la mia famiglia. Non potrei più vivere negli Stati Uniti, adoro stare in Italia, ma ho bisogno di tornarci per ritrovare il mio passato. Perché senza radici non puoi costruire il futuro.”

In Italia hai avuto molte collaborazioni importanti con Mike Francis e il Maestro Ennio Morricone. Che ricordi hai?
“Mike era un fratello. Devo il mio essere diventato interprete al Maestro Ennio Morricone. Avevo il sogno di non essere solo un cantante pop e lui ha realizzato questo sogno, regalandomi la sua musica. Per questo gli sarò eternamente grato, per la fiducia che ha riposto in me e per il potenziale che ha saputo cogliere.”

Quando non canta, cosa le piace fare?
“Faccio sport, mi piace cucinare, stare nella natura, incontrare amici, pochi ma buoni. Tutto ciò che rende la mia vita estremamente calma. Per essere energico sul palco ho bisogno di una routine quotidiana calma.”

 
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