Un caso clinico straordinario emerge dai Paesi Bassi, dove un uomo di 72 anni è morto dopo aver convissuto con il Covid-19 per 613 giorni, il periodo di infezione più lungo…
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Un caso clinico straordinario emerge dai Paesi Bassi, dove un uomo di 72 anni è morto dopo aver convissuto con il Covid-19 per 613 giorni, il periodo di infezione più lungo mai documentato. Durante questo periodo, il virus ha subito evoluzioni significative, risultando in una variante altamente mutata e potenzialmente immuno-evasiva. Il caso sarà discusso in dettaglio all’ESCMID Global Congress 2024, un importante evento nel campo della microbiologia clinica e delle malattie infettive.
Il caso
L’olandese, che soffriva di gravi patologie di base, inclusa la sindrome mielodisplastica-mieloproliferativa trattata con un trapianto di cellule staminali allogeniche, era estremamente immunocompromesso. A complicare ulteriormente il suo quadro clinico è stato il linfoma diffuso a grandi cellule B, trattato con rituximab, un farmaco che elimina sia le cellule B normali che quelle maligne. Ciò ha ridotto drasticamente la sua capacità di produrre anticorpi contro Sars-Cov-2, nonostante avesse ricevuto più dosi di vaccino.
L’evoluzione del virus
Durante il suo ricovero presso il Medical Center dell’Università di Amsterdam, è stato tentato il trattamento con anticorpi monoclonali e altri farmaci antivirali, senza successo nell’eradicazione del virus. A 21 giorni dal trattamento era evidente una mutazione del virus che conferiva resistenza a sotrovimab, l’anticorpo monoclonale utilizzato. Il sequenziamento del virus ha rivelato oltre 50 mutazioni rispetto alle varianti contemporanee di Omicron, inclusi cambiamenti significativi nella proteina Spike, rilevanti per la capacità del virus di bypassare il sistema immunitario.
Cosa insegna
Questo caso è particolarmente significativo per diverse ragioni. In primo luogo, dimostra come in un paziente gravemente immunocompromesso, il Covid-19 non solo può persistere ma anche evolversi in modi che possono eludere le difese immunitarie comunemente attivate. Il caso, inoltre, evidenzia i rischi legati alla possibilità che emergano varianti immuno-evasive da contesti clinici simili, analogamente a quanto si ritiene sia avvenuto con la variante Omicron. Sebbene la variante del virus in questo paziente non abbia causato trasmissioni a casi secondari, il suo sviluppo solleva preoccupazioni sulla capacità delle infezioni persistenti di generare nuove varianti che mettono in discussione i meccanismi di protezione esistenti.
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Il Messaggero
Tag: sviluppato variante mutazioni