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Madame Bce si assolve sui tassi ma ha già vinto la lotteria degli errori – .

Madame Bce si assolve sui tassi ma ha già vinto la lotteria degli errori – .
Madame Bce si assolve sui tassi ma ha già vinto la lotteria degli errori – .

Perdonaci lo scrittore e filosofo Robert M. Pirsig, ma in questi tempi difficili è urgente cambiare il titolo del suo capolavoro: il meglio dello Zen e l’arte di mantenere la politica monetaria. Occorre infatti una pazienza trascendentale per resistere al cortocircuito gestionale (e comunicativo) che sta progressivamente corrodendo gli ingranaggi della Bce. Abbandonato il cosiddetto “orientamento in avanti” (razionale, prospettico e perfino illuminato), la navigazione a vista di oggi ricorda l’ondeggiamento sulla zattera di Tom Hanks in Cast Away. Senza un lieto fine garantito.

Il recente taglio dei tassi di un quarto di punto è proprio lo specchio della mancanza di “visione” dell’Eurotower. I falchi dell’istituto l’hanno accettato solo per non arrecare danno alla credibilità dell’Eurotower, dopo che un fiume di dichiarazioni aveva dato il via all’allentamento per settimane. Ma l’immediato innalzamento degli scudi dell’ala dura, che ricorda i persistenti pericoli dell’inflazione malgrado le benevoli stime dei “forecasters” di Francoforte, lascia intendere che, già a luglio, avrà inizio un teso confronto con le colombe dell’ala dura. asse. Considerati gli equilibri interni, il risultato appare ovvio: zero possibilità di ulteriore indebolimento fino a dicembre. Con buona pace degli Stati indebitati (un taglio di 100 punti base avrebbe portato all’Italia un risparmio di tre miliardi sulla spesa per interessi), delle imprese che vogliono investire a costi meno onerosi e delle famiglie con mutui a carico.

Proprio quelle stesse aziende e famiglie a cui si è rivolta ieri Christine Lagarde con un intervento sul blog della Bce (Perché abbiamo cambiato i tassi di interesse) a metà tra la rielaborazione di cose già dette qualche giorno fa e il bignamento della politica monetaria. “Siamo consapevoli delle difficoltà che l’aumento dell’inflazione e i successivi aumenti dei tassi hanno comportato per alcuni cittadini e imprese”, ma abbiamo fatto quanto necessario per scongiurare il rischio che “un’inflazione elevata rappresenti la nuova normalità” e porti quindi le imprese a aumento dei prezzi e aumenti salariali ingiustificati. Un’autoassoluzione in piena regola con la quale giustifica il fatto che i tassi devono “rimanere restrittivi finché necessario per garantire la stabilità dei prezzi su base duratura”.

Nel ricostruire la genesi della fiammata inflazionistica, cioè dell’impennata dei prezzi dell’energia e dei beni alimentari in seguito all’invasione dell’Ucraina (shock esogeno che non può essere contrastato con l’inasprimento dei tassi di interesse), l’ex FMI non riesce però a menzionare come, ritenendo transitorio il fenomeno, sia stato ritardato il varo delle contromisure. Un altro cortocircuito che ha complicato il percorso successivo, nonché un retroscena che va di pari passo con quello storico sugli spread (“Non siamo qui per ridurli”). I temi, del resto, fanno da contrappunto all’intera carriera di Lagardian: capace di tenere la bocca chiusa per non rivelare dettagli sul nuovo scudo contro la speculazione (TPI); bypassare il simposio della Fed di Jackson Hole del ’22 per dedicarsi all’Ulisse di Joyce; e diventando protagonista di un tragicomico scivolone quando spiegò che «ho anche parenti che soffrono di alta inflazione».

Recentemente ha rivelato a Sky TG24 che «sulla mia collana c’è scritto Incaricato per ricordarmi ogni tanto e regolarmente che ho una responsabilità e che devo dare risultati». Ci rimettiamo alla clemenza della corte.

 
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