“Ho rinunciato al mio cognome per essere me stessa” – .

“Ho rinunciato al mio cognome per essere me stessa” – .
“Ho rinunciato al mio cognome per essere me stessa” – .

Membro del Partito Democratico per due legislature (dal 2013 al 2022), già presidente della VII Commissione cultura, scienza e istruzione della Camera dei Deputati, Flavia Nardelli Piccoli (1946), due figli e quattro nipoti, dopo la laurea in lettere e filosofia alla Sapienza di Roma, ha insegnato in diverse scuole romane. Per oltre vent’anni è stata Segretario generale dell’Istituto Luigi Sturzo di Roma. Attualmente è presidente dell’AICI, l’Associazione delle istituzioni culturali italiane (che riunisce 172 Fondazioni).
Ma la cultura ha ancora un posto in questo Paese?
“Assolutamente si. E dobbiamo fare di tutto perché continuiate ad averlo”.
Cosa significa “fare tutto”?
«Significa portare avanti un impegno condiviso. E quindi spiegare alla gente, in tutti i modi possibili, che la cultura costa ma l’ignoranza costa ancora di più”.
C’è molta ignoranza in giro, in realtà, in questi giorni, in questo paese.
“Sì, purtroppo, e sappiamo quanto costa; quanto pagheranno i bambini; quanto paga il paese. Sono convinto che bisogna ripartire dalla scuola, perché resta il nostro più importante investimento a lungo termine”.
La cultura non è solo scuola.
“Parlare di cultura significa mettere insieme scuola, università, ricerca, patrimonio culturale: tutto ciò che contribuisce alla consapevolezza di cosa sia la cultura, di cosa sia la complessità. Perché questo è il tema di fondo”.
Membro del Parlamento per due legislature, sotto la bandiera del Partito Democratico. Com’è stata la tua esperienza?
“Molto interessante. Ho continuato a portare avanti le mie battaglie precedenti. I miei interlocutori erano più o meno gli stessi; l’obiettivo era cambiare le cose, conoscendole, dall’interno. Privilegiando quindi il lavoro in Commissione, che è il più importante dal punto di vista parlamentare”.
Cosa ha fatto in relazione al patrimonio culturale?
“Siamo riusciti a fare molto. Ricorderete la strage del Bataclan a Parigi (130 morti il ​​15 novembre 2015): un euro in sicurezza, un euro in cultura è stata la risposta del nostro Governo. È stato fatto. Con un provvedimento, il “bonus arte”, è stata regolamentata una collaborazione tra pubblico e privato per sostenere il nostro patrimonio che ogni cittadino deve sentire come proprio.”
Poi c’era 18App.
«Il riconoscimento di 500 euro ai diciottenni da spendere in cultura. Con questi 500 euro, spesi in gran parte in libri, si è salvato il mercato librario durante la pandemia ma si è radicata anche l’idea che raggiungere la maturità significa prendere coscienza di quanto sia importante la cultura per prendere decisioni adeguate”.
Perché si è fatta chiamare Flavia Nardelli, con il cognome del marito, e non Flavia Piccoli, visto che è figlia di Flaminio Piccoli (1915-2000) che per 36 anni è stato deputato e il politico Dc più famoso del Trentino dopo Alcide Degasperi?
«Per la voglia, un tempo normale, di affermarsi a pieno titolo. Essere giudicati per il lavoro che si fa senza partire da pregiudizi positivi o negativi. Mi pare di esserci riuscito.»
E tuo padre non si è mai sentito in colpa per questo?
«Non ha mai avuto problemi da questo punto di vista (ride). Direi che era orgoglioso del lavoro che ho svolto”.
Il Trentino sembra aver dimenticato la figura di suo padre che è stato segretario e presidente della DC e anche ministro della Repubblica. Si è dato una spiegazione?
«Credo che ci siano percorsi e ricorsi. Momenti di annebbiamento della memoria e momenti di recupero. Sono convinto che la figura di mio padre tornerà, e tornerà molto forte, quando cominceremo a riconsiderare quale sia stato il rapporto del Trentino con il Paese».
Un Trentino piccolo e solitario.
«Il Trentino ha lavorato molto bene ma a Roma servivano parlamentari forti che portassero avanti le istanze locali».
Si è detto infatti che l’autonomia si esercita a Trento ma si difende a Roma. Crede che in questo momento nella capitale si difenda l’autonomia?
«Mi sembra che al momento manchi consapevolezza di questo e che ci sia molta confusione sull’Autonomia».
Per quanto ne sappiamo, solo a Parma esiste una via, anzi un Largo, intitolato a Flaminio Piccoli. Perché a suo padre non è mai stata intitolata una via in provincia di Trento?
“Forse non abbiamo insistito abbastanza. Forse c’era anche la volontà di ridurre quanto dovuto dal Trentino agli aiuti nazionali”.
Una dannazione della memoria, in una certa misura.
“Un po’, sì. Ma non mi preoccupa. Credo davvero che un giorno le cose torneranno a posto”.
Rimasta vedova da qualche mese, ha portato a Trento le ceneri del marito Mariano Nardelli. Oltre agli affetti più cari, che rapporto ha mantenuto con il Trentino?
“Mio marito era trentino, era giusto che fosse qui. Io torno sempre molto volentieri in Trentino perché la mia storia è fatta anche della storia del Trentino. Significa rivisitare momenti, volti, percorsi che si intrecciano con la storia della mia famiglia e con la mia storia personale.”
Nei giorni scorsi lei era a Trento per moderare un dibattito (con Marco Follini e Giuseppe Tognon) sulla figura di Alcide Degasperi, promosso dall’omonima Fondazione a 70 anni dalla morte dello statista trentino. Nostalgia di un centro?
“Sì, certo. Un sacco.”
Il padre è giornalista e parlamentare; un fratello (Mauro) giornalista, già redattore estero di «Repubblica»; cugini giornalisti (Paolo Piccoli, Mario e Luca Rigoni). Hai mai provato a intraprendere questa strada?
“No, assolutamente no. Grande consapevolezza del ruolo dei giornalisti, dell’importanza che lo facciano bene. Ma sono sempre stato a metà strada tra il mondo dell’Accademia e il mondo degli Istituti di Cultura. Quei soggetti che custodiscono gli archivi-biblioteche, parte del museo, nella convinzione che ci sia bisogno di ruoli e funzioni complementari”.
Nostalgici della sede di Montecitorio?
«Assolutamente no, anche perché il contatto con Camera e Senato è continuo e si continua a fare il lavoro che si fa da tanti anni. Da fuori o da dentro il Parlamento”.
Qual è il bilancio complessivo di questa classe politica del 2024?
(sospira) «Molto conflittuale e, purtroppo, con poca prospettiva a lungo termine».
Perché c’è una crescente disaffezione verso il voto?
«Non siamo riusciti a spiegare, soprattutto ai giovani, che il diritto di voto costa molto; che ha alle spalle una lunga storia di oppressione ed esclusione. È il diritto più importante che abbiamo. Non esercitarlo significa lasciare che siano gli altri a decidere per noi”.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
“Molti. Non ho ancora deciso cosa farò da grande, si diceva una volta.
Sì, cosa farà quando sarà grande?
“Ho tanti problemi da affrontare perché le Fondazioni che rappresento sono un’infrastruttura straordinaria per questo Paese. Che va dal Piemonte alla Sicilia e che raccoglie, nella maggior parte dei casi, gran parte della memoria del Novecento. Cercare quindi di aiutare le Fondazioni a lavorare insieme e a costruire percorsi con le scuole, la ricerca, le università, è un impegno di grande ambizione”.

 
For Latest Updates Follow us on Google News
 

PREV Segui LIVE l’esordio contro l’Hanfmann – .
NEXT Un’altra volta. Si accendono i riflettori sul parco giochi di via Andreini – .