“Vendevo 120 chili di cocaina al mese. Così ho conquistato Roma” – .

A suo dire era uno dei più importanti narcotrafficanti di Roma: «Sono cresciuto da bambino a Tor Bella Monaca, nel piazze dello spaccio di drogaa 18-19 anni spacciavo droga per strada. Poi mi hanno arrestato, nel 2015 sono uscito e ho iniziato a spacciare soprattutto cocaina a prezzi molto convenienti, arrivando a venderla in tutta la città o quasi: oltre a Tor Bella Monaca, San Basilio, Marranella, Magliana, Primavalle, ovunque. Aumentavo di 100-120 chili ogni mese». Vale a dire un investimento mensile di oltre due milioni e mezzo di eurocon relativi guadagni.

Oggi, non ancora quarantenne, Fabrizio Capogna è il Nuovo informatore della droga nella Capitale. Insieme a fratello Simone svela i segreti del traffico clandestino di cocaina, eroina e tabacco, con tanto di nomi, fatti, misfatti e tradimenti: «Tutti dicono di essere amici di tutti, ma nessuno è amico di nessuno; non ci sono sentimenti, questa è la natura disgustosa del mondo della droga.”

Ieri, per la prima volta, Capogna è stato chiamato a testimoniare in un’aula di tribunale, nel processo al presunto assassino di Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik. Omicidio mafioso legato al traffico di droga in cui il leader degli ultras della Lazio sarebbe coinvolto lui stesso, secondo la Procura di Roma; il presunto assassino è l’argentino Esteban Calderon, un seguace “fedelissimo” di Leandro Bennatoun altro personaggio di spicco della criminalità romana. Di cui il pentito ha scalato molti gradini, soprattutto sfruttando i buoni rapporti con quella albanese. Che smercia la droga acquistata dai clan calabresi e da altri cartelli, in Italia come nel resto d’Europa. «Durante il periodo del Covid e del lockdown – racconta Capogna -, tra marzo e giugno 2020, sono stato tra i pochissimi fornitori di cocaina che hanno continuato a lavorare, perché avevo un contatto con un gruppo di albanesi che si trovavano in Belgio e che me la facevano recapitare con i camion che trasportavano i generi alimentari».

Il salto di qualità del ragazzo di Tor Bella Monaca avviene grazie ad un albanese incontrato dopo la prima uscita dal carcere: lei si fa chiamare Lolli (in circolazione ci sono pochi nomi veri, ma il pentito identifica tutti tramite fotografie) e vive in Olanda, dove Capogna è andato a incontrarlo: «Comincia a darci la droga a prezzi molto più bassi, 26.000 euro al chilo mentre prima ne pagavamo 31 o 32.000».

Fu così che Capogna cominciò ad acquistare e smerciare quantità sempre maggiori di cocaina, fino al punto di infastidire e rendere gli altri avidi responsabili di mercato: «Bennato, ad esempio, con i suoi modi autoritari, comincia a fare pressione perché io compri da loro, Mi accusa di aver reso l’Albanese onnipotente invece di loro rispondo che è solo una questione di prezzo, se fanno come Lolli non ho problemi ad acquistare da loro; Sono un uomo d’affari, non è in discussione.”

Quando dice “loro”, il pentito intende Bennato e il suo socio in affari Giuseppe Molisso, entrambi ora in carcere e cresciuti all’ombra di Michael Seneseil camorrista di Roma considerava il “padrino” della cittàancora in grado di dettare legge. Tutti sospettati, ora, di essere i mandanti dell’omicidio di Piscitelli, che proprio accanto al Senese aveva iniziato a muovere i primi passi nel mondo della malavita. Nel quale, però, non ci sono veri amici né sentimenti, come dice Capogna. Lui stesso è vittima di una specie di tradimento di Lolli, come ha scoperto dopo che altri albanesi gli hanno rubato dieci chili di droga.

«Mi hanno detto che non ce l’avevano con me», spiega, «ma con quel bastardo che me l’ha venduta, Lolli. Nelle discussioni che sono seguite ho capito che c’erano di mezzo anche Bennato e Molisso, a cui ero legato perché abbiamo passato insieme un anno in carcere, e lui mi ha giurato sui figli che aveva impedito che mi facessero del male. Poi ho scoperto che Lolli aveva iniziato a lavorare con loro: si sedettero insieme a tavola mentre lo stavo prendendo in quel posto.”

Nel frattempo l’ormai ex fidanzato di Tor Bella Monaca ha iniziato a fare affari con Antonio Gala, «un napoletano che era in Spagna e che mi garantiva un po’ di sicurezza essendo vicino alla camorra; tramite lui Ho iniziato a comprarne 40-50 chili a settimana in Spagna, Belgio e Olanda”. Una crescita che nell’ottobre 2023 costerà a Capogna un’altra ondata di droga preso e non pagato per circa 400.000 euro, per sistemare i quali capì che avrebbe dovuto vedersela ancora una volta con gli uomini di Bennato e Molisso: «A quel punto o gli facevo la guerra, ma non ne avevo la forza, o mi affidavo alla giustizia, e così Ho deciso di collaborare». Per evitare di essere uccisi. Cioè finire come Piscitelli. Capogna dice di conoscere il intenzioni di vendetta dei suoi amici albanesi contro il gruppo di Bennato e Molisso: «Uno, Dorian Petoku, ha picchiato Calderon in prigione; e mi hanno detto che un altro, Riccardino, ha scritto due messaggi minacciosi a Bennato e Molisso in prigione. Bennato gli ha fatto dire che si sarebbero visti fuori, ma Molisso non gli ha risposto».

 
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