Amici nella fragilità della malattia – .

«Prendersi cura di se stessi» è il motto scelto da Evelina Rossi e Alice Tabacchi quando hanno aperto la pagina Guardaroba81, «più che un brand, una community per infondere stile e speranza». Sono due amici di Villongo, entrambe quarantenni, che hanno dovuto affrontare la stessa malattia, il cancro al seno. Si sentono legati soprattutto dal coraggio, dalla speranza e dalla creatività: per loro sono queste le armi migliori per resistere e guardare al futuro con speranza.

Cos’è il guardaroba 81

«Armadio81» è il loro rifugio: uno spazio sui social network, dove si canalizzavano entusiasmo, impegno sociale, energia e spensieratezza. Scorrendo le foto troverete le loro creazioni, piene di energia e colori: fasce per capelli, t-shirt, accessori, accompagnate da tante storie di bellezza, lotta e rinascita. È un punto di partenza per creare legami, sostenere le persone che come loro devono affrontare la malattia, realizzare azioni di sensibilizzazione su temi legati alla prevenzione e alla ricerca.

«Abbiamo tirato fuori i nostri sogni dal cassetto – sorride Evelina – e abbiamo dato loro forma», per coltivare pensieri e prospettive positive nonostante le difficoltà. «Ci siamo incontrati per casotramite amici comuni – prosegue – e poi, chiacchierando, abbiamo scoperto di essere stati operati per l’asportazione di un tumore nell’ottobre dello stesso anno, il 2021, a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro. Abbiamo iniziato a scambiarci opinioni, consigli e confidenze, e ci siamo sentiti in sintonia nel coltivare i nostri hobby e nella voglia di metterci in gioco per inventare un nuovo progetto, un’occasione per esprimerci”. Attenti all’economia circolare e al riciclo, si sono concentrati sulla creazione di accessori: «Mi è sempre piaciuto dipingere – racconta Alice -, cucire e mi sono dedicata al decoupage. Sono andato a caccia di vecchi tessuti per reinventarli con nuove idee”.

Racconto di storie personali

Un ingrediente importante delle creazioni di «Armadio81» sono le storie personali: «Non ci è mai interessato produrre in serie – spiega Evelina – ma confezionare oggetti unici e speciali, realizzati apposta per chi li indosserà, in base ai gusti e bisogni che abbiamo. manifestare, e che possano diventare veicolo di un messaggio, di un ricordo, di un legame”. È iniziato come un hobbyma Alice ed Evelina ora sognano che diventi qualcosa di più: «Per noi è un’occasione preziosa per rimetterci in gioco, in futuro sarebbe bello trasformare questa attività in un vero lavoro».

Negli ultimi anni entrambi hanno dovuto affrontare la difficoltà di conciliare la propria condizione fisica con le attività quotidiane e un lavoro a tempo pieno. «Avere nel curriculum una malattia grave e invalidante non aiuta», sottolinea Evelina.

Alice, originaria di Pieve di Cadore, si è trasferita a Bergamo con la famiglia poco dopo aver scoperto la malattia: «Ho due figlie piccole e quando è arrivata la diagnosi ho pensato subito a loro. All’inizio ero disperata, ma poi, con il sostegno della mia famiglia, ho trovato la spinta per reagire con coraggio. Dopo l’intervento all’ospedale Papa Giovanni XXIII ho dovuto affrontare anche lunghi cicli di chemioterapia, radioterapia, a cui si è aggiunta la terapia ormonale. Non ho ancora finito”.

Un “cerchio” virtuale.

Gli ostacoli sul percorso sono stati tanti: «Ho imparato strada facendo ad ascoltare il mio corpo, a tenere a bada gli effetti collaterali delle terapie, a dosare le mie forze. Mi sono reso conto che i medici spesso evitano di soffermarsi sui possibili effetti collaterali. Sono stati significativi per me e hanno influito sulla mia qualità di vita. Mi sarebbe piaciuto incontrare qualcuno disposto a parlarmi apertamente fin da subito, mi sarebbe stato molto utile. Alcuni movimenti sono diventati difficoltosi, ci sono faccende domestiche che non posso più svolgere. È un aspetto che raramente emerge nei colloqui con i medici, ma quando parlo con altre donne che stanno vivendo lo stesso percorso mi sembra giusto parlarne».

Anche questi temi vengono quindi affrontati nei post di «Armadio81», come se si trattasse di una sorta di «cerchio» virtuale. Accanto a questi ci sono anche i temi delicatissimi legati all’integrità fisica delle pazienti, che la chirurgia del seno chiama ancora in discussione: «Molti passi avanti sono stati fatti nella ricerca e nelle terapie – sottolinea Evelina -. La ricostruzione con chirurgia plastica dopo mastectomia oggi dà ottimi risultati, ma la nostra esperienza ci ha dimostrato che c’è ancora molto da fare. Non sempre la sensibilità, le emozioni e l’aspetto estetico vengono presi nella giusta considerazione durante il processo di cura.”

Evelina, per natura molto scrupolosa in ogni aspetto riguardante la salute, notò alcuni segnali “strani” che la portarono a sottoporsi a visite ed esami: “Nel mio caso il tumore non si presentava nelle forme consuete, ma notai un cambiamento insolito che la spinse farmi indagare ulteriormente. Ho tre figli di 12, 8 e 4 anni e il più piccolo all’epoca aveva solo pochi mesi”. Nonostante i primi esami avessero dato esito negativo, Evelina non era convinta e decise di indagare ulteriormente, fino ad ottenere la conferma della diagnosi da una biopsia: «Quando ho ricevuto il risultato, il mio mondo è crollato, mi sono sentita persa e disperata. , ma poi ho trovato dentro di me la forza di reagire e di fare tutto ciò che era necessario. Alla fine la prevenzione è stata provvidenziale, mi ha permesso di individuare precocemente la malattia. Dopo l’intervento non ho dovuto sottopormi a chemio né radioterapia, ma solo terapia ormonale”.

L’ha aiutata seguire un blog in cui una giovane raccontava il suo percorso di cura del cancro al seno: «Ho capito – osserva Evelina – quanto sia importante condividere la propria storia, potersi confrontare con qualcuno che ha avuto gli stessi problemi . Uno dei miei sogni adesso è creare un luogo dove ci aiutiamo a vicenda nelle diverse fasi del trattamento. Da quando abbiamo aperto la pagina “Armadio81″ in tanti ci hanno contattato. Quando pubblico un post mi occupo di offrire contenuti utili. Mi sembra importante che altre donne possano vedersi riflesse nelle storie che raccontiamo, condividere sintomi, ansie, problemi e trovare il modo di sminuirli. Per me è stato fondamentale imparare ad accettare le conseguenze delle cure e andare avanti. C’è sempre un grande bisogno di conforto e rassicurazione”.

La creatività

«Armadio81», presente su Facebook e Instagram, è una pagina colorata in cui Evelina e Alice esprimono il loro lato più fantasioso: «Sono sempre stata una persona un po’ bizzarra – scherza Evelina – e mi piacciono molto le fasce per capelli. Ho tante idee e mi piace usare i social network, anche se non ho le capacità pratiche di Alice. Ognuno di noi ha caratteristiche e talenti diversi, abbiamo deciso di metterli insieme, compensandoci a vicenda, imparando gli uni dagli altri, per creare un profilo che stimoli le donne a sentirsi nuovamente belle dopo la chemioterapia. Abbiamo iniziato realizzando accessori a tema: fasce per capelli e magliette dedicate alla sensibilizzazione sui tumori femminili. Il nostro motto “Prenditi cura di te” indica un’attenzione, un atteggiamento che a volte si perde nella frenesia degli impegni quotidiani”.

Attraverso questo lavoro comune, i due amici hanno raccolto pezzi di sé e li hanno ricomposti, sanando le ferite, per darsi una nuova missione, riempiendo di significato anche la fragilità della malattia. Anche gli oggetti che realizzano «hanno una storia di rinascita, perché nascono dai tessuti degli abiti lasciati in fondo agli armadi, vecchie sciarpe, capi riciclati a cui cerchiamo di dare una seconda possibilità».

Nella storia di ogni famiglia ci sono persone che offrono modelli e ispirazioni, «Armadio81» li fa riaffiorare sia con lavori artigianali sia con allegre narrazioni in cui si avvertono profumi, colori, sorrisi e battute.

«Molte donne ci scrivono per chiedere consigli – commenta Evelina -, ad esempio ci chiedono come essere belle ed eleganti a una cerimonia nonostante la chemioterapia. In due anni abbiamo creato una piccola rete di contatti alimentati dal passaparola, e forse per alcuni siamo diventati un punto di riferimento; un risultato che ci ha dato molta gioia e soddisfazione. Ci interessa l’economia sostenibile, il riciclo, la trasformazione dei vecchi vestiti. Dedichiamo tempo e cura a ricostruire la storia dei materiali che utilizziamo, aspetto che li arricchisce di significato e sentimento. Ci interessa la cura della persona nella sua totalità, anche dal punto di vista estetico ed emozionale, che spesso in ambito sanitario viene trascurato e sottovalutato”.

Anche il nome nasce dal desiderio di creare uno spazio originale e personalizzato: «Pensavamo da tempo a un luogo dove la fantasia, il gioco e l’intraprendenza personale potessero esprimersi – spiega Alice -, per una donna il guardaroba rappresenta anche tutto queste cose. 81 è il mio anno di nascita. Grazie a questo progetto ho ricominciato a dedicarmi alle mie passioni, a riportare alla luce aspetti di me che temevo di aver perso negli ultimi anni.”

Nato come un gioco, «Armadio81» si è rivelato una salvezza per entrambi. Secondo Alice «ci ha aiutato molto a distrarci dalle difficoltà quotidiane, a ritrovare entusiasmo e gioia». Una risorsa che nasce dal desiderio di guarire, di ritrovare noi stessi, come spiega Evelina: «Ci siamo impegnati a fare qualcosa che ci piacesse, nato da una nostra iniziativa, e questo ci ha dato una scintilla di vita in un momento molto difficile. Il nostro intento ora è quello di creare una rete di aiuto che allontani i pensieri negativi e offra ad altre donne un po’ di spensieratezza e divertimento, qualcosa che alleggerisca le loro preoccupazioni e offra qualche momento di gioco”.

 
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