Alessandro Ginotta – Commento al Vangelo del giorno, 23 aprile 2024 – – .

Alessandro Ginotta – Commento al Vangelo del giorno, 23 aprile 2024 – – .
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Quante volte restiamo ancora entro i confini delle nostre convinzioni e non siamo capaci di spingere oltre il nostro sguardo? Abbiamo la vita eterna a portata di mano e ce la lasciamo sfuggire! Preferiamo quel surrogato dell’esistenza che è la nostra troppo breve vita terrena. Rimaniamo incollati all’immanente senza nemmeno riuscire a intravedere il trascendente

Mettiamo in gioco le nostre vite. Quello eterno. È così oggi, ed era così al tempo di Gesù: da una parte c’erano gli ebrei, con la loro ottusa incredulità; dall’altra Cristo, con la sua verità cristallina. Due realtà apparentemente inconciliabili. I Giudei, in realtà piuttosto impertinenti, chiesero a Gesù: «Fino a quando ci manterrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, diccelo apertamente”. Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto e voi non credete; le opere che faccio nel nome del Padre mio, queste mi rendono testimonianza. Ma tu non ci credi” (cfr vv.24-26). Un muro fatto di presunzione, orgoglio, superbia e dell’egoismo più smodato impediva agli ebrei di vedere tutta la bellezza, la gioia, la maestà e la divinità di Gesù.

Tuttavia: «voi non credete – risponde loro Cristo – perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io dono loro la vita eterna e non andranno perduti per sempre e nessuno li rapirà dalla mia mano. Il Padre mio, che me li ha dati, è più grande di tutti e nessuno può strapparli dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo uno”. (cfr vv.26-30). Dio offrì loro la salvezza, ma gli ebrei, accecati dai loro peccati, non potevano vederla. L’hanno rifiutato. Semplicemente non riuscivano a capirlo. E la salvezza è loro sfuggita. Non perché Dio glielo abbia tolto; Oh no! Ma perché essi stessi se ne allontanarono tanto da non poterlo più raggiungere.

Purtroppo anche noi possiamo agire così! Quante volte rimaniamo bloccati nei confini delle nostre convinzioni e non riusciamo a spingere oltre il nostro sguardo? Abbiamo la vita eterna a portata di mano e ce la lasciamo sfuggire! Preferiamo quel surrogato dell’esistenza che è la nostra troppo breve vita terrena. Rimaniamo incollati all’immanente senza nemmeno riuscire a intravedere il trascendente. Riconduciamo tutto al nostro vantaggio immediato, senza considerare che tutto ha una fine. Tutta la ricchezza, anche la più sorprendente, non può che essere effimera. Ogni bene materiale ha una sua data di scadenza, un tempo in cui si sgretolerà, si corromperà o forse, molto più semplicemente, si separerà da noi. Noi, esseri umani, siamo spirito e carne. Eppure troppo spesso ricordiamo solo la seconda e dimentichiamo la prima dimensione. Uno psicologo, parafrasando l’Analisi Transazionale, osserverebbe che soffriamo di stati d’animo disordinati.

Dio sa bene cosa sono l’armonia e l’unità: “Io e il Padre siamo uno”. Gesù, Dio Padre e lo Spirito Santo: è il mistero della Santissima Trinità: tre Persone distinte in un solo Dio, che vive contemporaneamente in ogni tempo e in ogni luogo. Sì, perché guardiamoci intorno: Dio è ovunque! Nelle profondità incommensurabili dello spazio, nella perfezione del movimento dei pianeti attorno alle loro stelle, ma anche nell’infinitamente piccolo di un elettrone che orbita attorno al suo nucleo, così come nella bellezza di un fiore che sboccia o nel battito di una farfalla. Tutto intorno a noi ci parla di Dio e ci offre, con la sua bellezza e unicità, una testimonianza dell’esistenza del Creatore.

Se smettiamo di stupirci della bellezza di una margherita o delle sfumature del tramonto, allora abbiamo perso la capacità di vedere Dio. Adesso le nostre vite scorrono monotone e grigie, tutte prese da mille preoccupazioni e scadenze. Camminiamo a testa bassa per le strade del mondo, non riuscendo più a rendercene conto. E, così facendo, ci dimentichiamo di lodare e ringraziare Dio per la creazione e le sue creature. Nell’interesse del profitto ad ogni costo e della speculazione più abietta, ci rifiutiamo perfino di prenderci cura del pianeta che ci è stato affidato. Interrompiamo la sua natura per il nostro tornaconto. Insomma: rifiutiamo il dono più bello che Dio ci ha fatto. E ancora: “Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio(Giovanni 3:18).

Rifiutando di credere in Dio, dimenticando di ringraziarlo per i doni che ci ha messo a disposizione, rinunciando alla nostra dimensione spirituale, negandone perfino l’esistenza, ci condanniamo con le nostre stesse mani. Perché rinunciamo al dono gratuito della salvezza che Gesù ci offre. Si tratta di accettare l’offerta che Dio ci fa. Facendolo entrare dentro di noi, sotto forma di Parola, facendolo crescere, maturare e fruttificare. Diventa un esempio per tutti coloro che ci circondano. Seminare altruisticamente. Così si ottiene la salvezza, che non è tanto fare, ma accettare. Ricordaci che la nostra carne non è l’unica parte di noi, ma che esiste anche un’anima.

Fonte: La Buona Parola, blog di Alessandro Ginotta https://www.labuonaparola.it
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