Pedro Acosta, tutti i suoi dischi
L’allievo che insidia il maestro, perché a detta di molti appassionati e addetti ai lavori è l’erede designato dell’otto volte campione del mondoil prossimo cannibale dello sport: se vincesse domenica Jerezdiventerebbe il più giovane di sempre a trionfare nella classe regina (19 anni e 11 mesi contro i 20 e 63 giorni di Marquez ad Austin nel 2013), lui che qualche record l’ha già scritto: due titoli vinti nelle sue prime tre stagioni da professionista, le prime di sempre a mettere le mani su Moto3 e Moto2. Lo scorso 10 marzo, al debutto in Qatar, lo è diventato il più giovane a registrare il giro più veloce in MotoGPpoi i due podi di Portimao (3°) e Austin (2°) che lo hanno fatto balzare al quarto posto in classifica -26 dal leader Jorge Martin.
Famiglia di pescatori e gli inizi
In Portogallo, dopo il primo podio, ha scherzato con il compagno di squadra Fernandez: «Quando hai il volo di ritorno? Vado con il furgone, sono povero». Adesso lo è decisamente meno, ma Acosta viene da una famiglia umile, di pescatori che da generazioni si tramandano la barca da pesca, prima che suo nonno e suo padre lo ipotecassero per consentire al giovane Pedro di intraprendere la carriera di pilota. Rendendolo anche più semplice Coppa Esordientiun campionato che Red Bull e Ktm promuovono dal 2007 per dare la possibilità ai talenti meno abbienti di competere nel mondo dei motori, evitando loro di sostenere spese insormontabili.
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Il soprannome «Squalo»
Oggi il padre è sempre in garage, così come la sorella, che lavorava in un magazzino di pomodori e che ora cura gli interessi del fratello, dai caschi alle tute, all’agenda e alle interviste, fino agli sponsor. Continuano a vivere a Mazarron, comune di spiagge e calette di 30mila abitanti dove Pedro ha acquistato una casa a una decina di metri dal mare. Lì c’è il suo fan club – ma ora anche nel paddock – lo chiamano “lo squalo”dal design che impreziosiva il peschereccio di famiglia. Non ama i social, arriva al box alle 8 del mattino, prima dei meccanici.
Gli piace osservare, come ha fatto a Portimao restando indietro Bagnaja, notoriamente il migliore nel preservare gli pneumatici. Li aveva distrutti nella gara precedente in Qatar e poi osservava i loro movimenti, i loro trucchi. Gli hanno detto subito: «Partire forte, senza troppi calcoli. Insegnano 10 giri con i primi 5 più di 20 dalla decima posizione in giù”. Il problema per i suoi avversari è che anche Acosta ha capito come gestire la gara e infatti negli ultimi giri ha fatto registrare tempi da record. Il suo punto forte è la frenata, con la quale non mette mai in difficoltà la moto. Poi la velocità a centro curva, la morbidezza in marcia, i tornanti larghi con testa, spalla e braccio fuori dalla bici. Ha la testa di un trentenne, dicono. Sa quello che vuole, così come lo sapeva Marquez all’inizio del viaggio.