A chi importa se i ciclisti muoiono sotto i camion? – .

A chi importa se i ciclisti muoiono sotto i camion? – .
A chi importa se i ciclisti muoiono sotto i camion? – .

Paolo Roccatagliata © ANSA

Nessuno gli toglierà il titolo di genio della settimana Paolo Roccatagliata, consigliere comunale 2 di Milano che pensa una cosa e ne fa cento. 62 anni, orgoglioso affiliato all’Ordine dei Templari (qualunque cosa significhi), che ha fatto notizia l’anno scorso per essere apparso nudo in una riunione del comitato del suo consiglio comunale in videoconferenza, nel 2024 non si era ancora ritagliato il proverbiale quarto d’ora di celebrità.

Si è rifatto giovedì, pronunciando alcune frasi francamente imbarazzanti nella riunione del consiglio di cui fa parte. Secondo quanto riportato dalla stampa (L’audio dell’intervento è disponibile anche sul Fatto Quotidiano), altrimenti brillante esponente di Fratelli d’Italia esprimeva concetti alati come “quando muore un ciclista sotto un camion, mi dispiace ma non molto”, oppure “perdere la vita in bicicletta è un rischio considerato”.

Un discorso delirante frutto di un approccio confuso

©SiComunicazione.it

Il tutto in un discorso con cui Roccatagliata ha invitato i ciclisti scendere dalla bicicletta e procedere a piedi in alcuni punti critici (dal punto di vista del traffico) della città, nell’ambito di un ragionamento (anzi: un rigurgito che pretendeva di essere un ragionamento) che partiva dal presupposto che esistessero ci sarebbero troppe piste ciclabili in città. L’intento dello spericolato statista in divenire era da un lato quello di difendere i pedoni “dall’assalto di biciclette e motorini”, dall’altro dire che in ogni caso i ciclisti lo odiano.

Sottolineare la povertà argomentativa del fratellino (o fratellino?) sarebbe anche un esercizio eccessivo, un po’ come se un critico d’arte volesse recensire una lustratura nelle mutande. Ciò che fa davvero paura nel discorso del consigliere milanese è autocentrismo indiscusso che fa da cornice e contesto a tutto: il fatto che non viene mai problematizzato l’uso dell’auto, percepita come regina assoluta della mobilità anche se fossimo nel 1960, nel pieno del boom economico alimentato dalla Fiat 600.

Il nostro modello di sviluppo è antiquato: troppi devono ancora capirlo

Il problema è proprio l’incapacità di diverse fasce della popolazione (per quanto ci si possa sforzare, Roccatagliata non resta altro che l’indicatore di una maggiore ampio sentimento popolare) per compiere il cambiamento mentale necessario a dare almeno una ridipintura a un immaginario novecentesco. Si dà il caso, però, che il nuovo millennio abbia reso sempre più urgenti alcune questioni (ambiente e mobilità sono due ambiti strettamente interconnessi; così come lo sono le attività produttive e la mobilità), che invece restano del tutto estranee a chi è ancorato a una logica modello di sviluppo molto riluttante a fare i conti con la realtà.

Un modello che antepone i beni alle persone, il consumo alla salute (fisica e mentale), la produzione alla vita. Un modello pronto a essere spazzato via dalla storia, quella storia di cui le biciclette rimarranno le protagoniste centrale. Quanto ai consiglieri locali di Fratelli d’Italia, è facile che il vento se li porti via, tra non molto.

 
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