L’impresa di Bardet alla prima maglia gialla del Tour de France – .

Al diavolo i watt, le pedivelle in carbonio aeronautiche, i microcomputer quantistici sui manubri, le “sale di controllo” negli autobus da dove pseudo scienziati delle due ruote vorrebbero manovrare i ciclisti analizzandone i battiti cardiaci.

Ieri la Firenze-Rimini che ha inaugurato il 111° Tour de France è stata uno spettacolo di aspra, pura, antica bellezza. Protagonista Romain Bardet da BrioudeL’Alta Loira, che dei suoi 33 anni ne ha trascorsi 12 cercando di realizzare il progetto che la Francia gli aveva destinato in virtù del suo talento di scalatore: diventare l’erede di Bernard Hinault tornando a vincere un Tour che mancava dal 1985. Ha ottenuto il 2° e il 3° posto nel 2016 e nel 2017, Romain ha poi collezionato sconfitte, crisi profonde e propositi di ritiro di fronte alla gelida supremazia dei Froome del momento. Prototipo del cavaliere idolatrato d’oltralpe (natura smarrita, sguardo dolce e triste, modi molto civili, ottime letture) Romain non si è mai arreso al destino.

Bardet, lo sparo in faccia a Pogacar

Con 50 chilometri da percorrere (caldo feroce, fuga in recessione) il nostro ha avuto un’idea che avrebbe potuto essere suicida: sparare in faccia a Pogacar e soci per andare a prendere in anticipo il compagno di squadra 23enne Frank Van Der Broek. I due corrono per il DSM fiammingo, con grandi ambizioni ma un organico modesto rispetto alle corazzate del ciclismo. Pedalando con amore e intesa, Romain & Frank hanno scavalcato San Leo, Montemaggio e San Marino portandosi a due minuti di vantaggio per poi vederli progressivamente rosicchiati nel finale pianeggiante verso Rimini dove il destino di un peso piuma negato dalla cronometro come Bardet sembrava essere segnato. essere sigillato.

Quando la resa sembrava firmata, sulla rotonda che entra a Rimini, con il fiato di 50 lupi scatenati sul collo, i due hanno dato tutto. A 50 metri dalla fine (l’affamato Van Aert, 3°, e Pogacar 4° alle calcagna), Frank ha dato il suo ultimo colpo di pedale e si è fatto da parte con un mezzo inchino mentre Romain – in lacrime – ha indossato la prima maglia gialla della sua carriera nella sua ultimo Giro. Magari lo perderà oggi sulle rampe del San Luca di Bologna (ma non è sicuro) ma “tutto quello che dovevo chiedere in carriera ora l’ho avuto”.

Roglic e Vingegaard stanno bene

La prima tappa del Tour ha detto molte altre cose. La prima è che il gruppo sussulta per il caldo: dopo soli 206 chilometri, 120 dei 176 corridori sono già un quarto d’ora indietro, con i velocisti (soprattutto Cavendish e Jakobsen) staccati di oltre 40 minuti. La seconda è quella di guardarli in faccia sia Pogacar che i rivali Roglic e Vingegaard sembrano pedalare con una facilità disarmante. Il terzo è che i nostri due eroi Ciccone e Bettiol (furiosi per l’occasione persa) sono vivaci. La quarta è che con il ritiro di Michele Gazzoli (colpo di calore) la squadra italiana si è subito ridotta a sette unità. La quinta è che nel ciclismo ci si fa male ancora prima della partenza: scendendo dal podio firma, Jan Hirt è caduto ed è rimasto incastrato nello zaino di uno spettatore e lasciando a terra tre incisivi. Sdentato da bambino, partì tuttavia da Ponte Vecchio.

 
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