Intervista a Kevin Schwantz: 1994 con il numero 1 sulla carenatura Suzuki – .

Esattamente 30 anni fa Kevin Schwantz disputò la sua ultima stagione completa in MotoGP con il numero 1 sulla carena della sua Suzuki, che fino alla stagione precedente aveva visto solo il mitico numero 34. Un mondiale, quello del 1993, che però non aveva ha permesso a Kevin di festeggiare nel migliore dei modi un obiettivo che inseguiva da una vita a causa dell’infortunio che aveva definitivamente messo fuori gioco il suo grande rivale ma soprattutto amico Wayne Rainey.

Sono P300.it abbiamo già avuto il piacere di ospitare Kevin nel 2022, quando ci ha raccontato la sua vita in Suzuki. Una “vita sportiva” che si sarebbe conclusa con il suo ritiro nel 1995 al Mugello in una conferenza stampa ricca di emozioni e lacrime. Nell’intervista che vi proponiamo in questo articolo, Schwantz ci racconta la stagione 1994, quella con il numero 1 campione del mondo in carica.

Kevin, come hai trascorso l’inverno tra il 1993 e il 1994 da campione del mondo dopo quello che è successo a Rainey a Misano e quanto ha influito il tuo infortunio al polso in mountain bike sulla stagione 1994?
“Alla fine del 1993 dissi a Suzuki che avrei fatto del mio meglio per correre nel 1994, ma non sapevo davvero se sarei riuscito a farcela o meno. Volevo vedere mese per mese, a seconda di come sarebbero andati i test. Tre settimane prima dell’inizio del campionato mi ruppi un braccio e questo mi diede sicuramente una motivazione in più, perché dovevo riprendermi da un infortunio che era stato un mio errore. Ero un po’ emozionato di fare la stagione 1994, anche prima di infortunarmi e di avere questa motivazione in più.”.

La Suzuki del 1994 era più competitiva della versione del 1993? Cosa ti ha dato di diverso?
“Non credo di aver mai guidato la vera versione del 1994, non posso dire quanto fosse migliore! (cavalcare, ndr) Penso che fosse ancora una buona moto, non ci sono state grandi evoluzioni rispetto a quella del 1993, che era una moto molto costante. La moto del 1994 era migliore in alcune aree e peggiore in altre, era semplicemente un pacchetto più complicato da gestire. La potenza era erogata meglio, ma in curva non eravamo assolutamente allo stesso livello del 1993. Non c’erano grandi differenze tra le due moto, penso più che altro che sia stata la Honda a fare un grande passo avanti e questo ci ha messo in difficoltà”.

Cosa ha significato per te lasciare il numero 34 per l’1?
“Io indossavo ancora il 34 nella parte inferiore dell’1! Penso che fosse importante per Suzuki vedere un numero 1 su una delle loro moto, a livello promozionale cambia molto. Mantenere il 34 sarebbe stato bello, ma è stata la scelta giusta. Tutti dicono che il numero 1 è pesante da indossare…”.

Sapevi già all’inizio della stagione che Doohan sarebbe stato così competitivo?
“Avevamo visto la sua forza nel 1992, poi si era infortunato ma alla fine del 1993 era tornato ad essere competitivo. Dalle notizie che avevamo avuto dei test era stato fortissimo quasi ovunque. Sapevamo che Mick e la Honda sarebbero sempre stati un pericolo, soprattutto con Mick in salute”.

Che differenze c’erano tra la tua Suzuki e le rivali, soprattutto Honda e Cagiva?
“I punti di forza della Honda erano quelli di sempre, velocità massima e migliore accelerazione, ma questi rendevano anche più difficile la guida e la gestione nel tempo. La Suzuki ha sempre avuto un pacchetto complessivo migliore, perché l’erogazione di potenza non era così violenta. La Suzuki era DOHC e la Honda SOHC, quindi la Honda ha accelerato più rapidamente e direttamente. Hanno inventato il motore “big bang” e questo ha avuto un grande impatto sulla distribuzione della potenza della moto. La Honda non è mai stata la migliore in frenata, la Suzuki aveva il baricentro più basso e anche se non eravamo i migliori in uscita di curva eravamo avvantaggiati in frenata”.

Per te il 1994 è stato un anno segnato da infortuni, ma quale vittoria di quel campionato ricordi con più affetto?
“Ho vinto solo due gare, Giappone e Donington. Scelgo sicuramente Donington: mi sono infortunato ad entrambe le mani, verso metà gara ero settimo o ottavo ma ho recuperato e ho vinto, considerando la mia condizione era speciale. È stata la mia ultima vittoria in un Gran Premio”.

Hai qualche rimpianto quando ripensi a quella stagione?
“Non direi. L’unica cosa è che avrei dovuto fermarmi a fine anno, invece ho cercato di rimettermi in sesto operandomi al polso e facendo alcune cose un po’ diverse dal solito. Per quanto riguarda la stagione in sé non ho rimpianti, ho dato il massimo, ho indossato il numero 1 e avevo tanta voglia di correre al massimo delle mie possibilità. Gli infortuni fanno parte del gioco”.

C’è un episodio in particolare che vuoi ricordare di quegli anni?
“L’intera stagione del titolo è stata grandiosa. La gara di Assen è stata spettacolare, una delle ultime che abbiamo vinto quell’anno. Abbiamo continuato a lavorare e a costruire ciò che poi abbiamo conquistato. Non ricordo niente del 1994 che spicchi davvero: sei settimane dopo l’infortunio al braccio ho vinto in Giappone, e non è stata nemmeno la mia ultima volta lì perché nel 1995 sono arrivato sesto, e in generale ho vinto due dei miei Gran Premi preferiti, quindi in un certo senso è stato comunque speciale.”

FONTE: P300.it

 
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