Lo spettacolo del Tour de France in Italia assomiglia a una grande festa popolare – .

Lo spettacolo del Tour de France in Italia assomiglia a una grande festa popolare – .
Lo spettacolo del Tour de France in Italia assomiglia a una grande festa popolare – .

Tanta gente lungo le strade e agli arrivi dei tre (e mezzo) giorni della Grande Boucle in territorio italiano. “Ci aspettavamo un grande successo di pubblico, ma forse non di queste proporzioni”, ci racconta Stefano Bonaccini

Oggi a Claviere, nell’Alta Val di Susa, dopo aver superato Sestriere, i corridori e la carovana del Giro di Francia lasceranno l’Italia per imboccare le strade della Francia. Adieu Italie, o forse au revoir. La Grande Boucle partiva da Firenze, arrivava a Rimini valicando l’Appennino. Ripartiva da Cesenatico per raggiungere Bologna, salendo prima verso il Santuario della Madonna di San Luca. Riprendeva a pedalare da Piacenza, si inchinava a Fausto Coppi, prima di dirigersi attraverso le Langhe e il Monferrato per raggiungere Torino. Si lasciava alle spalle strade e piazze piene, milioni di persone sui marciapiedi e sulle pedane, sporte dai balconi, con qualcosa di giallo da sventolare o qualche pois rosso su fondo bianco, perché non c’è niente di più francese della maglia degli scalatori. Soprattutto sorrisi, hurrà, allez! Una festa incredibile fatta di tante micro-feste piene di birra, salsicce alla griglia, panini, chiacchiere, biciclette, tutto all’insegna di un amore assoluto per questo sport, il ciclismo. L’unico capace di raggiungere le persone lì dove sono. Basta scendere in strada se si ha la fortuna di abitare vicino al percorso di gara.

«Ci ​​aspettavamo un grande successo di pubblico, ma forse non di queste proporzioni», racconta al Foglio il presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini. «Per me è un sogno che si realizza», confessa sorridendo, guardandosi intorno, osservando una via Irnerio a Bologna gremita di gente lungo il rettilineo d’arrivo della seconda tappa del Tour de France. «È una soddisfazione incredibile chiudere così, con il Tour de France, dieci anni di presidenza della regione». In centodieci edizioni, il Tour era entrato nel nostro Paese da Ventimiglia, da qualche valico alpino, aveva toccato Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta. Quest’anno è partito da Firenze, «e ha viaggiato per tre giorni sulle strade della Romagna e dell’Emilia». Bonaccini si guarda intorno e vede «tre anni di lavoro» prendere forma, diventare realtà. Devo ringraziare il direttore del Tour, Christian Prudhomme, per averci ascoltato e Davide Cassani, che ho nominato otto anni fa alla guida dell’Agenzia di Promozione Turistica, che ci ha permesso di avere un riferimento unico per competenza e passione per realizzare il progetto”.

Philippe Lescoth, da vent’anni nello staff tecnico della Grande Boucle, confida a Il Foglio che “non ho mai visto niente del genere. Siamo stati in Danimarca, Olanda, Belgio, Paesi Baschi, ma non ho mai visto in nessun altro Paese una tale passione, una tale enorme felicità nel veder passare il Tour de France. Sembrava di essere in Francia, sembrava una grande festa di paese. E il ciclismo è proprio questo: una grande festa di paese”.

Un progetto nato nel 2020, quando la Svizzera ha rinunciato a organizzare i Mondiali di ciclismo a causa della pandemia. “Nessuno voleva organizzarli. Ci hanno chiamato e ci siamo messi al lavoro”, racconta Bonaccini. “In tre settimane a Imola e nell’imolese abbiamo organizzato i mondiali. Sono stati un successo enorme, nonostante il pubblico limitato”. È stato in quel momento “che è nata la folle idea di provare a portare il Giro in Italia. Ci siamo impegnati molto, coinvolgendo il sindaco di Firenze Dario Nardella. Poi si è unito il presidente del Piemonte, Alberto Cirio”. La dimostrazione che la buona politica per i territori si può fare anche tra rappresentanti di partiti diversi.

Uno spettacolo di ciclismo e di persone che è stato visto da centinaia di milioni di persone in 190 Paesi del mondo. Uomini e donne che sono venuti da tutta Italia, perché se c’era una cosa che tutti dicevano in questi primi giorni italiani del Tour de France, era che “il Tour è in Italia, come potevo perdermelo”.

C’è stato, e c’è ancora, per una sessantina di chilometri, il Giro d’Italia e milioni di persone hanno lasciato le loro case, hanno percorso decine, centinaia di chilometri (alcuni sono partiti da Benevento in bicicletta qualche giorno prima per arrivare a Bologna) solo per vederlo passare, per prendere parte a quella grande festa popolare itinerante che è ancora il ciclismo.

 
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