raid a Teheran o attacco informatico agli impianti nucleari – .

Conflitto israelo-palestinese

16 aprile 2024

16:48

Il governo israeliano ha annunciato una “contro-ritorsione” contro l’Iran dopo l’attacco subito sabato notte: ecco le ipotesi al vaglio del gabinetto di guerra di Netanyahu.

Intervista con Giuseppe Dentice

Responsabile del Desk Medio Oriente e Nord Africa del CeSI (Centro Studi Internazionali)

Il governo israeliano ha annunciato che risponderà all’attacco subito dall’Iran sabato scorso, un raid condotto per la prima volta verso il territorio dello Stato ebraico con centinaia di missili e droni in risposta all’attacco aereo effettuato il 1 aprile da le Forze di Difesa Israeliane (IDF) contro l’ambasciata iraniana a Damasco.

Sebbene gli Stati Uniti abbiano chiesto moderazione, e anche il regime di Teheran abbia immediatamente dichiarato di considerare la controversia “chiusa”, il gabinetto di guerra di Netanyahu ha deciso che l’“affronto” non poteva rimanere impunito, aumentando notevolmente i timori di un’escalation della guerra in tutta la regione. Questi timori sono giustificati? Quale potrebbe essere la risposta di Israele? E quale sarà l’equilibrio di potere tra Tel Aviv e Teheran nel malaugurato caso in cui dovesse verificarsi uno scontro diretto? Fanpage.it ha parlato con il professor Giuseppe Dentice, responsabile del Desk Medio Oriente e Nord Africa CeSIun think tank indipendente focalizzato sull’analisi delle relazioni internazionali e delle dinamiche di sicurezza e difesa.

Giuseppe Dentice

La prima domanda è d’obbligo: perché l’Iran ha deciso, per la prima volta, di oltrepassare la cosiddetta “linea rossa” e attaccare Israele sul suo territorio?

Quanto deciso al Comitato per la Sicurezza convocato da Piantedosi dopo l’attacco dell’Iran a Israele

In realtà, l’attacco iraniano è stato una reazione all’attacco aereo condotto il 1° aprile dalle Forze di difesa israeliane (IDF) contro l’ambasciata iraniana a Damasco, che ha ucciso 11 persone tra cui Mohammed Reza Zahedi, alto ufficiale dei Pasdaran in Siria e uomo di collegamento. tra le milizie iraniane e il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC). Di fronte a quell’evento, Teheran non poteva restare a guardare; aveva bisogno di dare una risposta, anche per ribadire la propria credibilità e dimostrare che ad un attacco segue sempre una risposta. Dopodiché, come era chiaro anche sabato sera, per l’Iran la questione poteva considerarsi chiusa. Adesso bisognerà aspettare la decisione di Israele: la palla, in questa “partita di ping pong”, è nelle mani di Tel Aviv. Di certo, però, siamo già in una fase di escalation: resta da vedere se riusciremo a tenerla sotto controllo.

Il generale iraniano Seyed Razi Mousavi, ucciso in un attacco aereo israeliano in Siria

Il generale iraniano Seyed Razi Mousavi, ucciso in un attacco aereo israeliano in Siria

Ed è vero che quello iraniano è stato un “attacco telefonico”, come sostengono molti analisti? Cioè un attacco volto più a rassicurare il fronte interno che a danneggiare Israele…

Teheran era certamente intenzionata a dare prova di forza, anche se l’azione si è rivelata un po’ “viziata”: gli iraniani, infatti, avevano fatto trapelare informazioni tramite il delegato d’affari svizzero, il quale a sua volta ha riferito quanto stava per accadergli. gli Stati Uniti. Anche Cipro, la Turchia e l’Oman erano stati informati e sapevano che l’Iran avrebbe intrapreso determinate azioni. Ovviamente così facendo si è perso l’effetto sorpresa e Israele ha avuto tutto il tempo per prepararsi.

Dal punto di vista iraniano si può parlare di un attacco riuscito o di un fallimento?

I dati dicono che il 99% dei missili e dei droni sono stati abbattuti, mentre quelli che hanno colpito hanno causato danni limitati colpendo obiettivi militari sulle alture di Golan e nel Negev. L’attacco, però, mirava soprattutto a mostrare all’opinione pubblica interna che l’Iran non intende essere un attore passivo nella regione. E da questo punto di vista si può parlare di un successo: ricordo infatti che la minaccia venne presa sul serio non solo da Israele, ma anche da altri attori mediorientali, a cominciare da quelli arabi. Giordania e Arabia Saudita hanno infatti chiuso il loro spazio aereo per impedire il passaggio di droni e missili iraniani.

Insomma, l’attacco iraniano va interpretato in molteplici modi…

Se l’obiettivo era causare danni, l’attacco è stato sicuramente un fallimento. Ma dal punto di vista politico-diplomatico l’attentato ha avuto l’effetto desiderato, cioè mostrare una chiara volontà di offendere senza trascendere in modo clamoroso e correre rischi che potrebbero portare ad un immediato scontro diretto con Israele.

Un missile iraniano intercettato e abbattuto da Israele

Un missile iraniano intercettato e abbattuto da Israele

Israele ha annunciato che risponderà: quali sono le prospettive? Lo farà attaccando il territorio iraniano e i suoi alleati regionali o ricorrerà ad omicidi mirati, come ha fatto molte volte in passato?

Credo che nessuna ipotesi al momento possa essere scartata. Sui media internazionali sono trapelate voci di un attacco informatico che danneggerà le infrastrutture civili e militari iraniane, ad esempio quelle legate all’energia nucleare. Ma si parla anche di un attacco – non sappiamo se aereo o missilistico – contro alcune strutture militari a Teheran. Queste sono le ipotesi più gettonate. Ma qualunque cosa accada, una cosa è certa: l’Iran si aspetta una controreazione da parte di Israele. Tel Aviv risponderà quindi: resta da capire quando e come. Quanto più violento sarà l’attacco, tanto più le linee rosse verranno infrante, aumentando significativamente il rischio di escalation.

E Tel Aviv potrebbe decidere di colpire le infrastrutture di sviluppo nucleare dell’Iran?

Naturalmente è un’ipotesi. Ma come? Sarà un attacco militare con missili balistici? Israele effettuerà invece raid aerei, dopo aver ottenuto il via libera al transito sui cieli giordano e iracheno? L’ipotesi più probabile a mio avviso è quella di un attacco informatico che possa avere i massimi effetti, raggiungendo obiettivi importanti senza la clamorosa di un canonico attacco militare.

Storicamente, le rappresaglie israeliane sono sproporzionate, come dimostrato dal massacro successivo al 7 ottobre a Gaza (ma anche dai precedenti storici nella Striscia). È possibile che anche Tel Aviv decida di rispondere in questo modo con l’Iran, oppure opterà per una soluzione più “equilibrata”?

La razionalità suggerirebbe l’approccio più equilibrato possibile. Tuttavia, ci sono vari fattori politici in gioco e la decisione non è solo nelle mani di Netanyahu, ma del suo intero gabinetto di guerra. Qua e là convivono sensibilità diverse e ci sono anche posizioni estreme rispetto a quelle del primo ministro, per esempio quella di Binyamin Gantz, ex capo di gabinetto, che avrebbe chiesto una risposta durissima già sabato sera, mentre i droni iraniani erano ancora in azione volo. Se queste sensibilità dovessero prevalere, inevitabilmente si aprirebbero le porte al conflitto diretto. Purtroppo al momento questo scenario non è ancora da escludere.

Esiste quindi una pluralità di posizioni nel gabinetto di guerra israeliano. Ma cosa sta succedendo in Iran? È un “uomo solitario” a decidere oppure anche lì è in corso un acceso dibattito?

Assolutamente. Anche in Iran si discute e tra gli stessi Pasdaran ci sono anime diverse che si scontrano: ci sono certamente frange radicali, ma anche ali più pragmatiche. Insomma, non bisogna pensare che in Iran esista un blocco di potere monolitico ma piuttosto attori diversi che rispondono a elettorati e interessi diversi. Come ovunque, ci sono “massimalisti” ma per fortuna anche soggetti molto più equilibrati.

Entrando nello specifico, quali sono i rapporti di potere militare tra Iran e Israele? In caso di scontro diretto quali sarebbero le forze in campo?

Parliamo di realtà estremamente diverse. L’Iran conta quasi 90 milioni di abitanti, Israele meno di 10 milioni: questo dato demografico fa sì che il personale attivo sia molto più numeroso in Iran che in Israele, dove però i soldati sono molto più qualificati. L’aeronautica di Teheran è piuttosto piccola, mentre Tel Aviv può contare su tecnologie molto più avanzate, messe a disposizione anche dai suoi alleati, Usa e Ue in primis.

In breve, questi due attori hanno caratteristiche militari molto diverse; volendo riassumere possiamo dire che l’Iran è molto competitivo in termini quantitativi, mentre Israele può contare sulla qualità del suo equipaggiamento militare. Dobbiamo tenere conto anche di un altro aspetto: Israele è ancora impegnato in una guerra a Gaza e gran parte delle sue risorse si trovano lì, oltre che al confine con il Libano. Che, in caso di scontro diretto con l’Iran, diventerebbe la prima linea del conflitto in virtù degli ottimi rapporti tra Teheran ed Hezbollah, evento che tutti speriamo non si verifichi mai.

 
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