“Se crolla l’export, il settore del prosciutto Made in Italy è a rischio” – .

“Se crolla l’export, il settore del prosciutto Made in Italy è a rischio” – .
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(Adnkronos) – “Il grosso rischio che corriamo è quello di perdere un settore importante, un’eccellenza del Made in Italy. Già da due anni la Cina non importa più i nostri prosciutti, così come la Corea e il Giappone. Adesso anche il Canada e se Stati Uniti, Francia e Germania, che rappresentano i nostri principali mercati, decidessero di fare lo stesso, rimarremo con maiali negli allevamenti e prosciutti nei prosciuttifici. Questo perché il 30% dei prosciutti prodotti in Italia viene esportato. Se crollasse l’export sarebbe una catastrofe per i 4mila allevamenti italiani e per i trasformatori ma anche per tutto l’indotto”. È l’allarme lanciato da Elio Martinelli, presidente di Assosuini, all’Adnkronos/Labitalia, dopo che la diffusione della peste suina sui cinghiali anche nel parmense ha portato l’Ue a istituire la zona di restrizione II a Langhirano, patria del Prosciutto di Parma. E per Martinelli “se crolla l’export, le aziende non avranno altra alternativa che chiudere e se, guardando l’esempio della Germania che ha affrontato il problema prima di noi, il Paese ora avesse il 20% di aziende agricole in meno dopo la fine dell’emergenza”. “Questo fa capire che una volta chiusa l’attività difficilmente potrà ripartire dopo la fine dell’emergenza”, sottolinea. Secondo il presidente di Assosuini “finora la lotta alla peste suina selvatica è stata fatta solo in teoria, basti pensare che dopo un anno e mezzo il commissario straordinario non è ancora operativo. Dobbiamo agire come è stato fatto in Sardegna, dove il virus è stato debellato coinvolgendo tutte le forze in campo, a partire dai cacciatori che sono stati la chiave per sconfiggere il problema. E invece adesso abbiamo un virus che corre velocissimo in Italia dove si stima che ci siano 1,5-2 milioni di cinghiali», sottolinea. Ma nonostante il virus circoli tra i cinghiali, gli allevamenti di suini italiani sono salvi. “I nostri allevamenti di suini, grazie agli investimenti fatti dagli allevatori in recinzioni e barriere e anche ai controlli che vengono effettuati continuamente, sono super sicuri. Ricordiamo che la peste suina non si trasmette all’uomo ma colpisce cinghiali e maiali, si diffonde rapidamente e porta alla morte degli animali nel 90% dei casi. Detto questo i nostri prosciutti sono sicuri e altamente controllati ma questo non interessa al mercato che non intende correre rischi”, conclude Martinelli. —lavoro/[email protected] (Informazioni sul Web)

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