Biennale Arte, Leone d’Oro per Australia e Nuova Zelanda – Peek at the News Magazine – .

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Assegnati oggi i premi della 60. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, dal titolo “Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere” a cura di Adriano Pedrosa

(del corrispondente Paolo Martini)

L’albo d’onore della Biennale Arte 2024 è intitolato al più lontano dei continenti, l’Oceania. Il Leone d’Oro per la migliore Partecipazione Nazionale della 60esima edizione va all’Australia, con l’artista Archie Moore. a Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, dal titolo “Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere” curata da Adriano Pedrosa, mentre il Leone d’Oro per il miglior partecipante è stato assegnato al Collettivo Metaaho della Nuova Zelanda.

La cerimonia di inaugurazione e premiazione si è svolta questa mattina a Ca’ Giustinian, sede della Biennale di Venezia, dove il presidente Pietrangelo Buttafuoco ha fatto gli onori di casa e ha accolto gli ospiti giunti da tutto il mondo con queste parole: “L’arte è un’avventura del anima, che ci porta a ricercare il bagliore della luce”. Da parte sua, il curatore Adriano Pedrosa ha definito l’esperienza veneziana “un viaggio straordinario: spero che sia un viaggio trasformativo anche per artisti e visitatori”.

Il padiglione australiano intitolato “Kith and kin” realizzato dall’artista Archie Moore è stato scelto dalla giuria presieduta da Julia Bryan-Wilson, che ha voluto premiare un’installazione di “grande impatto”, dove Archie Moore “ha lavorato per mesi disegnando a mano un monumentale albero genealogico della Prima Nazione in gesso. Così 65.000 anni di storia (sia registrati che perduti) sono incisi sulle pareti e sul soffitto scuri, invitando gli spettatori a riempire gli spazi vuoti e a cogliere la fragilità intrinseca di questo archivio. pieno di lutto”.

All’interno del padiglione, i documenti ufficiali redatti dallo Stato galleggiano in un fossato d’acqua. Frutto dell’intensa ricerca di Moore, “questi documenti riflettono gli alti tassi di incarcerazione delle persone delle Prime Nazioni”. “Questa installazione si distingue per la sua forte estetica, il suo lirismo e la sua invocazione di una perdita condivisa di un passato occluso – sottolinea alla giuria nella motivazione – Con il suo inventario di migliaia di nomi, Moore offre anche un barlume della possibilità di recupero”.

Premiato dal Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, Archie Moore ha ringraziato l’Italia “per questo grande, straordinario onore”. “Credo in un sistema di relazioni che coinvolga il mondo intero: dobbiamo prenderci cura di tutti gli esseri viventi oggi e in futuro”, ha aggiunto l’artista australiano.

Il ministro Sangiuliano ha colto l’occasione per un breve intervento, dichiarando tra l’altro: “Il nostro dovere è permettere sempre agli artisti di esprimersi liberamente. E ringrazio il curatore Adriano Pedrosa che pochi giorni fa in un’intervista al ‘New York Times’ ha detto di poter agire alla Biennale in completa libertà: era ovvio ma sarà sempre così; La libertà deve essere sempre garantita agli artisti”.

Il Leone d’Oro per il miglior partecipante alla Biennale d’Arte è stato assegnato al collettivo maori Mataaho, perché “ha creato una luminosa struttura intrecciata di cinghie che attraversano poeticamente lo spazio espositivo. Facendo riferimento alle tradizioni matrilineari dei tessuti, con la sua culla simile a un grembo materno, l’installazione è sia una cosmologia che un rifugio. Le sue dimensioni impressionanti sono un’impresa ingegneristica resa possibile solo dalla forza collettiva e dalla creatività del gruppo. L’abbagliante disegno delle ombre proiettate sulle pareti e sul pavimento rimanda a tecniche ancestrali e fa pensare a usi futuri delle stesse”. Gli artisti neozelandesi hanno ringraziato “per questo premio che significa tanto per noi artisti indigeni queer: per il futuro possiamo contare su una piattaforma straordinaria come la Biennale”.

Una menzione speciale è stata assegnata alla Partecipazione Nazionale della Repubblica del Kosovo per la mostra “The Echoing Silences of Metal and Skin” per “la piccola ma potente installazione di Doruntina Kastrati che fa riferimento al lavoro industriale femminilizzato e all’usura dei corpi delle donne donne lavoratrici”.

Il Leone d’Argento per un giovane promettente è stato assegnato all’artista nigeriana Karimah Ashadu, 39 anni, che vive ad Amburgo, per il suo video “Machine Boys” e la relativa scultura in ottone, “Wreath”, che “ribalta le ipotesi di genere sullo sguardo e su cosa è considerato appropriato da commemorare: con un’intimità bruciante, cattura la vulnerabilità dei giovani provenienti dal nord agricolo della Nigeria, che emigrarono a Lagos e finirono a bordo di mototaxi illegali in modo sensibile e intimo e cattura l’esperienza sottoculturale dei motociclisti e la loro precarietà economica Modificato sapientemente per evidenziare e criticare sottilmente la performance della mascolinità in mostra, il video rivela l’esistenza marginale dei motociclisti attraverso l’attenzione sensuale del motociclista. artista alle superfici della macchina, della pelle e del tessuto”.

La giuria ha deciso inoltre di assegnare due menzioni speciali ai partecipanti: la palestinese Samia Halaby, 88 anni, residente a New York, e l’argentina La Chola Poblete, 35 anni, residente a Buenos Aires.

L’“impegno di Halaby nella politica dell’astrazione” era “sposato dalla sua costante attenzione alla sofferenza del popolo palestinese”. Il suo dipinto modernista, intitolato “Black is Beautiful”, splendidamente reso nel “Nucleo storico” di “Foreigners Everywhere”, “suggerisce non solo la sovranità dell’immaginazione, ma anche l’importanza delle solidarietà globali”. Halaby, in un collegamento video, ha ringraziato “i giovani giornalisti di Gaza per il lavoro che svolgono ogni giorno nel raccontare ciò che accade e l’esperienza di tutti i popoli senza terra nel mondo”

Chola Poblete, per la giuria, “si impegna con un certo umorismo in un lavoro critico sulle storie della rappresentazione coloniale da una prospettiva trans-indigena. La sua arte polivalente – che comprende acquerello, tessuto e fotografia – resiste all’esotizzazione delle donne indigene, pur evidenziando il potere della sessualità. Si avvicina all’iconografia religiosa occidentale e alle pratiche spirituali indigene con un tocco trans e queer, invertendo i rapporti di potere con opere che fanno riferimento alla conoscenza ancestrale del Sud America”. Chola Poblete si è detta “commossa” dal premio: “Sono la prima artista argentina queer, trans, dark e non bianca a riceverlo; Spero che un giorno le etichette scompariranno. Grazie all’Italia che mi fa sentire a casa”.

Nel corso della cerimonia di premiazione a Ca’ Giustinian, su proposta del curatore Adriano Pedrosa, il presidente Buttafuoco ha assegnato il Leone d’oro alla carriera all’artista brasiliana (italiana di nascita) Anna Maria Maiolino, 82 anni, e all’artista turca ( residente a Parigi) Nil Yalter, 85 anni.

“Come ha detto il presidente Buttafuoco, anch’io ho sempre creduto che l’arte sia un’avventura dell’anima. Sento che questa Biennale è un atto politico, metaforico, poetico per unire gli “stranieri” ovunque siano dispersi. Oggi che la pulsione di morte è così forte e presente tra noi, l’arte è davvero un’avventura necessaria dell’anima”, ha commentato Maiolino.

Nil Yalter ha dichiarato: “Dedico questo premio, questo leone alato, alla pace nel mondo. Oggi abbiamo bisogno di pace ovunque, subito. Sono alla Biennale con un’opera che ho realizzato mezzo secolo fa per denunciare la condizione dei migranti costretti a lasciare i propri Paesi per ragioni economiche. Dopo 50 anni, purtroppo, nulla è cambiato. È un grande onore per me essere a Venezia, non avrei mai pensato di essere premiato dalla Biennale”.

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