sulla morte, l’amore, il cinema – .

Una carriera da celebrare e almeno un paio di anniversari importanti da ricordare: l’assegnazione della Stella della Mole alla carriera che il Museo Nazionale del Cinema di Torino ha assegnato nell’ambito del Festival del cinema degli innamoratidedicato al cinema LGBTQI+, all’attore britannico RupertEverett è stata l’occasione per ascoltarlo parlare del suo lavoro, di alcuni suoi film diventati leggendari e del suo presente. “Fortunatamente la sensibilità verso il tema dei diritti delle comunità è molto cambiata negli ultimi anni”, ha commentato durante la cerimonia di premiazione.

Un premio importante alla carriera, che arriva in occasione del quarantesimo anniversario di una pietra miliare del cinema a tematica omosessuale, Un altro paese di Marek Kanievska (autore anche di Oltre ogni limite di Bret Easton Ellis), che è stato anche il tuo debutto nel cinema e che il festival ha riproposto nelle sale.

Ricordo bene quel set, era il mio primo lavoro nel cinema e sono stato molto fortunato a poterlo fare: sono ancora oggi amico di molte delle persone che ci hanno lavorato. Avevo fatto il provino per lo spettacolo teatrale scritto dal grande autore Julian Mitchell, che ebbe un successo straordinario: all’inizio sembrava che Alan Parker ne avrebbe fatto un film, ma poi tutto è saltato e così noi, che stavano portando avanti la pièce, l’abbiamo fatta insieme. Il mio è stato davvero un bellissimo ruolo, mi ha dato tantissime opportunità quando ero molto giovane (e le ha date a tanti altri attori della mia generazione, a Colin Firth che è con me nel film ma anche a Daniel Day Lewis e Kenneth Branagh che ha preso posto al nostro posto in teatro). Marek è stato magnifico come regista, purtroppo ha fatto solo quattro film e poi ha cambiato vita, adesso penso che faccia windsurf in Cina! Non so perché abbia scelto di parlare di questo argomento, è il suo unico tema omosessuale, ma ha fatto un lavoro fantastico, ha parlato con tantissime persone. Sono felice di poterlo rivedere, non lo facevo dagli anni ’80: quando commuovi il pubblico con un film come riusciva a fare lui, è importante, è davvero magico avere queste possibilità nella vita.

Dellamorte Dellamore di Michele Soavi (1994)

Basta guardare il cinema Un altro paese sembra che Tiziano Sclavi abbia avuto un’illuminazione: il suo volto doveva essere quello di un nuovo personaggio che aveva appena creato, Dylan Dog. In questi giorni ricorre anche il trentesimo anniversario della Della morte dell’amore di Michele Soavi, anch’egli fortemente legato a quel leggendario fumetto.

amo molto Della morte dell’amore, è incredibile, secondo me è la migliore trasposizione di un fumetto mai realizzata, molto meglio anche di Dick Tracy di Warren Beatty. Penso che Michele sia un regista meraviglioso, così come lo è Gianni Romoli che lo ha scritto insieme a lui. Ma anche gli effetti speciali erano incredibili, tutti realizzati artigianalmente da Sergio Stivaletti: è uno dei film che ho realizzato che mi è piaciuto al 100%! È difficile portare una storia del genere al cinema, mi sarebbe piaciuto tornare a recitare in quel ruolo. Mi ha sempre fatto molto piacere rivedere la mia faccia sul personaggio di Dylan Dog, anche se mi dispiace di non aver mai conosciuto Sclavi di persona.

Il film di Soavi è stato anche l’occasione per vedere il suo lavoro in Italia: che legami ha con il nostro cinema?

Mi dispiace molto di non lavorare più spesso nel cinema italiano: ho amato moltissimo la sceneggiatura del film Finalmente l’alba di Saverio Costanzo e volevo davvero farlo, ma alla fine il regista scelse Willem Dafoe per quel ruolo. Mi è dispiaciuto molto.

L’omaggio al Lovers Film Festival prevede anche la proiezione del documentario da lei narrato Le scandalose avventure di Lord Byron di Michael Wildmann.

Ho sempre avuto un fascino per Byron, penso che sia il personaggio più romantico della storia! Era un precursore delle rock star: la sua vita a Londra era molto emozionante, oggi un ragazzo come lui avrebbe avuto problemi, sarebbe stato cancellato perché aveva fatto sesso con il suo cameriere. Per gli standard odierni non era certo una brava persona… Nonostante il suo aspetto, i suoi difetti fisici, la sua zoppia, è sorprendente pensare come riuscisse ad essere così attraente. Poi Byron si innamorò perdutamente di un ragazzo senza essere minimamente corrisposto, fu orribile ma nonostante questo gli dedicò la sua ultima poesia: fu una fine molto triste, la sua,

Un altro paese di Marek Kanievska (1984)

Non è la sua prima volta qui al Lovers Film Festival di Torino: era già stato ospite nel 2018 per presentare il suo primo, e finora unico, lavoro da regista, Il Principe Felice – L’ultimo ritratto di Oscar Wilde. Non ti piace lavorare dietro la telecamera?

Ho un bel ricordo di quell’esperienza, era solo il secondo posto in cui veniva mostrata. Sono stato felice di portarlo qui perché è un festival pieno di amici: mi piace fare il regista, adesso ho un progetto e sono costantemente alla ricerca di soldi per realizzarlo, spero di farlo il prima possibile ma non non voglio parlarne troppo… sarebbe una pessima idea, dover dire un giorno che non è ancora stato girato per mancanza di fondi non sarebbe affatto carino: trovo interessante solo parlare dei film che vengono realizzati. Il mio più grande rammarico è che prima dei 50 anni non mi sentivo pronto per il mio debutto alla regia, se fossi stato più giovane avrei potuto fare molto di più! Mi ci sono voluti dieci anni per trovare i soldi per il mio primo film, ora ne cerco cinque per questo secondo: ho già 65 anni e mi piacerebbe riuscire ad avere il primo ciak prima dei 70, Non voglio essere troppo vecchio… di’ “Azione! ” a quell’età non sarebbe proprio il massimo, probabilmente mi verrebbe un infarto subito dopo averlo detto.

Tra i tanti colleghi registi con cui ha lavorato nella sua carriera, con chi collaborerebbe più volentieri, se potesse scegliere?

Mi piacerebbe sicuramente lavorare di nuovo con Ridley Scott, con cui ho appena fatto un tour Napoleone: è stata un’esperienza bellissima, lui fa film enormi dove tutto avviene molto velocemente, per stargli dietro devi essere molto reattivo. Ma mi sono trovato bene anche con altri, come Tim Burton, Andrej Konchalovsky, che è molto simpatico, Paul Schrader… Purtroppo ho avuto problemi invece con Mike Newell, con cui ho girato Ballare con uno sconosciuto: ci odiavamo, alla fine ci dicevamo anche di andare al diavolo. Poi mi ha distrutto dicendo alla gente che non poteva lavorare con me (e aveva più o meno ragione), però è stato un vero peccato perché poi si è voltato Quattro matrimoni e un funerale e mi sarebbe piaciuto farlo.

Dopo tante domande sul suo passato, uno sguardo al presente e al futuro: che rapporto ha con se stesso oggi e su cosa sta lavorando?

Non mi piace guardarmi allo specchio, da giovane ero ossessionato dalla mia immagine ma ad un certo punto ho detto basta: ne sono consapevole, devo molto della mia carriera al mio aspetto fisico. Come passo il mio tempo adesso? Vivo con mia madre in un piccolo villaggio nel Wiltshire, in Inghilterra, lei ha 92 anni. Sono contento, anche se gli inverni qui sono piovosi e un po’ tristi, da novembre in poi qui si allaga sempre tutto. Lavoro quando posso, al cinema o a teatro, poi scrivo, esco con i miei cani (si chiamano Pluto e Harry, sono un labrador e uno spaniel), leggo, posso dire di essere Contento. A 65 anni non sono più timido, a quest’età sei troppo vecchio per esserlo. In questo periodo sono sul set del film “Wagner in Venice” di Daniel Graham, a Venezia, sugli ultimi anni di vita del grande musicista.

Rupert Everett al Festival del Cinema degli Amanti

Rupert Everett al Festival del Cinema degli Amanti

 
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