Aldo Moro, a 46 anni dalla morte, gli interrogativi sono ancora tanti e troppo poche le risposte – .

Aldo Moro, a 46 anni dalla morte, gli interrogativi sono ancora tanti e troppo poche le risposte – .
Aldo Moro, a 46 anni dalla morte, gli interrogativi sono ancora tanti e troppo poche le risposte – .

Pubblichiamo oggi la prima parte di una lunga riflessione, in due puntate, sulla morte di Aldo Moro. Alcune domande e quesiti, ancora senza risposta, sollevati dal caso del celebre statista, politico e giurista italiano tra i fondatori della Democrazia Cristiana, nato nel 1916 e ucciso dalle Brigate Rosse nel 1978.

CHI ERA ALDO MORO

Sottosegretario agli Esteri nel quinto governo De Gasperi (1948-49). Presidente del gruppo parlamentare DC (1953-55), ministro della Giustizia nel governo Segni, della Pubblica Istruzione nei governi Zoli e Fanfani, nel febbraio 1959 fu eletto segretario della DC. Guidò il partito attraverso la complessa crisi del centrismo fino all’apertura ai socialisti e al lancio del centrosinistra, con la prospettiva dell’allargamento della maggioranza. Primo ministro dal dicembre 1963 al giugno 1968, Moro è stato alla guida di tre governi che hanno visto la stabilizzazione della formula del centrosinistra. Di nuovo Primo Ministro (novembre 1974 – luglio 1976), riprese la linea definita “strategia di attenzione” nei confronti del partito comunista, allora basato sulla prospettiva del “compromesso storico” e sempre più presente nella vita politica e civile nazionale.

Come presidente del consiglio nazionale della DC (dall’ottobre 1976) accentuò il ruolo di mediazione nella vita politica italiana durante l’esperienza del governo di solidarietà nazionale detto “senza sfiducia” (luglio 1976 – marzo 1978). Il giorno del varo del quarto goltre Andreotti, che concluse una lunga crisi politica con l’ingresso del PCI nella maggioranza (16 marzo 1978), Moro venne rapito a Roma, in via Fani, da un commando della Brigate Rosse che massacrò gli uomini della scorta.

Di fronte al drammatico evento, al quale ha fatto seguito la richiesta delle BR di liberazione dei brigatisti prigionieri e di riconoscimento politico, la stampa e il mondo politico si sono divisi tra sostenitori e oppositori della trattativa tra Stato e brigatisti con una netta prevalenza di questi ultimi. Gli appelli alla clemenza sono caduti nel vuoto (compresi quelli del Papa e del Segretario Generale dell’ONU) e l’azione delle Forze di Polizia si è rivelata inefficace; il corpo dello statista fu ritrovato dalle Brigate Rosse il 9 maggio 1978 nel bagagliaio di un’auto via Caetani A Roma.

MUOIO ANCORA. PRIMA PARTE

Alla vigilia di 9 maggio Data fatidica della storia italiana recente, torniamo a parlare di Moro. Quel giorno il corpo di uno statista, uno dei pochi degni di questo nome, fu ritrovato in via Caetani, nel centro di Roma, a pochi passi dai palazzi del potere. Palazzi di un potere un tempo potentissimo di cui oggi, seppur trasformati, restano pochi resti. A pochi passi dall’altare di Cesare dove fu commesso il tirannicidio e adiacente ad altre sedi di potentati sconosciuti ai più.

L’esigenza di scrivere di questo capitolo fondamentale dell’attacco allo Stato nasce dall’esigenza, non più rinviabile nel tempo, di mantenere vive nella coscienza collettiva alcune domande che ad oggi, 46 anni dopo, non hanno avuto risposta . Infatti, dopo tanti anni, non è strano doverne ancora parlare? È un dovere di memoria mantenere almeno intatte le domande, in attesa di risposte.

1) L’amico “Fritz”.

Leggendo gli atti dei vari processi celebrati sulla strage degli uomini della scorta, sulla prigionia e sull’omicidio dell’onorevole Aldo Moro, una domanda continuava a ronzarmi in testa come una mosca fastidiosa. Una di quelle domande che potrebbero sembrare, a prima vista, secondarie, non rivelatrici di chissà
che verità. Tuttavia. Eppure le Brigate Rosse spesso si riferivano al loro prezioso ostaggio chiamandolo il loro amico “Fritz”. Cosa o chi è “Fritz”. Perché?

Pietro Mascagni ha scritto quest’opera su libretto di Nicola Daspuro (pseudonimo P. Suardon), basato
sulla commedia del 1876 “L’ami Fritz” della coppia Erckmann-Chatrian. La prima e più naturale domanda è legata a chi possa essere stato un conoscitore così profondo della produzione musicale del Novecento da riuscire a cogliere il significato nascosto del personaggio “Fritz”. Questa figura operistica rappresenta infatti l’ingombrante, sempre presente sulla scena, protagonista dell’opera a cui dà il nome.

Un personaggio di collegamento nell’intera opera che trama e lotta per riuscire a realizzare i suoi progetti spesso a discapito dei desideri degli altri comprimari. Questo significato così raffinato e nascosto poteva essere concepito solo da un profondo conoscitore dell’opera di Mascagni che, per motivi professionali o semplicemente per motivi di passione culturale, ne avesse avuto una profonda conoscenza. Crediamo che nessun esponente delle Brigate Rosse, pur dotato di profonda coscienza politica, avrebbe mai potuto concepire e collegare le due figure. Uno ingombrante sul palco, l’altro su quello politico. Due figure, una artistica e una politica, accomunate dal potere di dirigere la vita degli altri e con un destino finale molto diverso. Fritz realizzerà il suo sogno d’amore con la bella Suzel, Moro finirà accucciato nel bagagliaio di un’anonima Renault 4.

2) “Il Direttore”

In questo contesto, ad un’attenta lettura dei fatti, emerge la figura di Igor Markevitch. (1912-1983) Di
Di origini ucraine, si trasferì giovanissimo a Parigi dove ebbe modo di frequentare i salotti ed entrare in contatto con gli intellettuali dell’epoca, tra cui Cocteau. Durante la guerra, a Firenze, fu punto di contatto tra la Resistenza e il comando dell’OSS inglese. Una folgorante carriera da direttore d’orchestra e il matrimonio con Topazia Caetani, che abitava a Palazzo Caetani, in via Caetani a Roma. Anche se Markevitch non sembra aver mai diretto quest’opera, è ragionevole pensare che la conoscesse bene avendola studiata logicamente come voleva.

3) “Il Quadrilatero” e Palazzo Caetani.

Per meglio focalizzare la posizione di questo storico edificio, bisogna dire che oltre ad essere adiacente al ghetto ebraico aveva nella zona, in quegli anni, l’abitazione di un giudice del processo Moro Ter, l’associazione Italia-URSS , l’American Study Center e l’abitazione della madre di un brigatista che vantava contatti con alcuni servizi segreti della “zona”. È successo tutto qui, concentrato tra via San’Elena n. 8, l’altare di Cesare, Palazzo Caetani e i suoi ambienti sotterranei. Inoltre è bene ricordare che questo edificio è dotato di un vasto cortile al cui interno, oltre agli uffici dell’Istituto Statale per la Conservazione dei Beni Sonori, si affacciano anche i magazzini di stoccaggio dei tessuti dei negozi limitrofi.

Poco distante si trova Via Celsa con la sede di una delle più importanti logge massoniche. Di fronte al Palazzo del Gesù e via delle Botteghe Oscure. È ragionevole pensare che i sotterranei di questi antichi edifici siano collegati da una rete di passaggi ben al di sotto del livello stradale, considerando che la Crypta Balbi si trova a pochi passi e scende di diversi metri rispetto all’attuale livello stradale.

Quanto potrebbe essere utile una mappatura dei collegamenti tra i vari edifici presenti sul territorio? Quante sorprese potrebbero rivelare?

 
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