Non era previsto che gli operai morti a Casteldaccia scendessero nelle fogne – .

Non era previsto che gli operai morti a Casteldaccia scendessero nelle fogne – .
Non era previsto che gli operai morti a Casteldaccia scendessero nelle fogne – .

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Tra martedì e mercoledì sono emerse alcune informazioni sull’incidente sul lavoro avvenuto lunedì a Casteldaccia, in provincia di Palermo, in cui sono morti cinque operai: Epifanio Assazia, 71 anni, Ignazio Giordano, 57 anni, Giuseppe Miraglia, 47 anni. , Roberto Raneri, 51 anni, e Giuseppe La Barbera, 26 anni.

Facevano parte di una squadra di nove operai impegnati in lavori di manutenzione su alcuni tombini intasati, che ostruivano un tratto della rete fognaria. Ad un certo punto alcuni si erano calati in una “stanza” dell’impianto di depurazione: sono morti a causa dell’inalazione di quantità anomale di idrogeno solforato (o più correttamente idrogeno solforato), un gas tossico e infiammabile che in elevate concentrazioni provoca irritazione alle vie respiratorie .

– Leggi anche: Cosa sappiamo dei cinque operai morti sul lavoro a Casteldaccia, nel palermitano

Gli operai che si erano calati all’interno dell’impianto non indossavano alcun equipaggiamento protettivo, contravvenendo a qualsiasi normativa di sicurezza, fatto che è apparso subito strano e sconsiderato. Nei giorni scorsi alcuni giornali e agenzie di stampa hanno scritto che il contratto relativo all’intervento di lunedì prevedeva che i lavori fossero eseguiti interamente in superficie: gli operai dovevano sbloccare i tombini dall’esterno, senza bisogno di scendere nelle fogne. Per questo non avrebbero avuto motivo di adottare precauzioni specifiche.

Quattro degli operai deceduti a seguito dell’incidente lavoravano presso l’azienda del Gruppo Quadrifoglio, mentre un altro era stato assunto tramite azienda interinale. L’intervento è stato però realizzato per conto dell’Azienda comunale acquedotti di Palermo (AMAP), la società che gestisce le reti idriche e fognarie del territorio palermitano. AMAP aveva affidato la gara alla società TEK Infrastrutture, che a sua volta aveva subappaltato i lavori a Quadrifoglio Group.

Secondo le ricostruzioni di alcuni giornali, basate sulle testimonianze degli operai coinvolti nell’incidente ma sopravvissuti, inizialmente tre operai erano scesi in una vasca dell’impianto di depurazione per cercare di risolvere un problema con una sonda. Non è chiaro se avessero ottenuto l’autorizzazione ufficiale e, in caso affermativo, da chi. Dopo diversi tentativi, un tubo inizialmente ostruito si è liberato all’improvviso – i giornali hanno parlato di un “tappo” che a un certo punto si è aperto – e ha riempito il serbatoio di liquami e idrogeno solforato.

I tre operatori presenti avevano poi chiesto aiuto ai colleghi rimasti in superficie, e poi hanno perso conoscenza. A quel punto altri quattro si erano calati nella botola per aiutarli, ma si fermarono in un soppalco a un livello intermedio, più alto di quello da cui erano scesi gli altri tre: il quarto e il quinto operaio vi morirono comunque, mentre un sesto perse conoscenza. ma è sopravvissuto (attualmente è ricoverato in gravi condizioni). Il settimo operaio, l’ultimo a scendere, è tornato in superficie e ha chiesto aiuto.

Sui fatti sta indagando la Procura di Termini Imerese, che ha aperto un fascicolo per ipotesi di omicidio colposo plurimo: per ora è indagato solo Nicolò Di Salvo, titolare di Quadrifoglio Group.

 
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