“Quartieri che dovranno conviverci” – .

“Quartieri che dovranno conviverci” – .
“Quartieri che dovranno conviverci” – .

L’idea delle ‘città idro’ è il nuovo elemento lanciato nella mischia della ricostruzione durante il convegno organizzato ieri da Legambiente presso il palazzo degli ex Salesiani. A lanciarlo è stato l’ingegnere idraulico Andrea Nardini, cofondatore del Centro italiano per la riqualificazione fluviale. Nel suo intervento Nardini ha respinto i vantaggi dei vasi di espansione: “La prima ondata li riempie, la seconda li rende inutili. Non abbiamo bisogno di strutture che isolino i fiumi dal loro ambiente”. Nardini invita ad abbandonare alcune terminologie che riempiono anche le pagine del Piano speciale: “I tempi di rientro non esistono più. L’evento superiore, in termini di precipitazioni, è sempre possibile. I mari si stanno innalzando, i cambiamenti climatici stanno provocando cambiamenti nella vegetazione che l’acqua piovana incontra sul suo cammino. La sicurezza è un mito: non sappiamo nemmeno di quanto aumenterà la temperatura globale, perché non sappiamo quanti gas alteranti l’umanità emetterà ancora”. Per Nardini l’unica soluzione possibile è convivere con i fiumi: “È ingenuo pensare che non ci saranno più alluvioni. Dobbiamo selezionare quartieri dove il fiume, esondando, fa meno danni”.

Nel proporre l’opzione idrocity, Nardini ha rifiutato più o meno involontariamente alcuni capitoli della ricostruzione: “Non potranno esserci scuole o ospedali in quei quartieri che dovranno convivere con le acque dei fiumi”. Peccato che la ricostruzione della scuola Il Girasole sia stata progettata proprio nel punto in cui è stata allagata. Su questo aspetto è intervenuto anche Giovanni Legnini, già vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura e commissario per la ricostruzione del Centro Italia terremotato. Legnini è stato categorico: “Ricostruire dov’era e com’era non è più possibile”.

Anche da parte sua molti dubbi sulla reale applicabilità del Piano speciale: “Nel Codice dell’Ambiente si parla solo di delocalizzazioni. Non esiste una regolamentazione in materia, e mi riferisco sia a quelle ordinarie che a quelle speciali”. C’è molto da fare anche sul fronte della legislazione fluviale: “La governance dei fiumi è carente. Inoltre bisogna comprendere lo scenario in cui ci troviamo: nel centro Italia sono stati ricollocati diversi paesi e frazioni. Dove il rischio è diffuso diventa più complicato immaginare delocalizzazioni”. Ma la conformazione del territorio non è l’unico ostacolo, come evidenziato dalla vicepresidente dell’Emilia Romagna Irene Priolo: “C’è una mancanza di sintonia tra le istituzioni. I Comuni sono lasciati soli, senza personale. La ricostruzione non aveva bisogno dell’esercito ma di un esercito di persone. Spero che ci rendiamo conto in tempo che dobbiamo invertire la tendenza”. È il sindaco di Modigliana Jader Dardi a raccontare in modo vivido le giornate della sua comunità: “Quando sono andato a spiegare a una signora che doveva uscire di casa, c’era con me la polizia. Tutti devono esserne consapevoli”.

Filippo Donati

 
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