Alluvione, cosa (non) è cambiato. Tra strategie concrete e (fallite) di adattamento al mare – .

Alluvione, cosa (non) è cambiato. Tra strategie concrete e (fallite) di adattamento al mare – .
Alluvione, cosa (non) è cambiato. Tra strategie concrete e (fallite) di adattamento al mare – .

Oggi la politica locale ammette che non è più necessario costruire, ma resterà il cemento già colato ad amplificare i danni dei prossimi forti temporali e altro ne arriverà

Una foto dell’alluvione di Andrea Bernabini pubblicata nel libro-catalogo del Ravenna Festival, di cui parliamo a questo link

Un anno fa si verificò la gigantesca alluvione che inondò la Romagna, comprendendo gran parte della provincia di Ravenna. Con forti piogge durate 48 ore consecutive, tra il 15 e il 17 maggio 2023, 21 fiumi hanno esondato, provocando diffuse inondazioni in 37 comuni e circa 250 gravi smottamenti. Ci furono 17 morti, oltre 20.000 gli sfollati, molti dei quali dovettero buttare via tutto ciò che avevano nelle loro case. I danni accertati per l’Unione Europea hanno raggiunto gli 8,5 miliardi.

Ma questi numeri hanno l’effetto di storicizzare un evento passato, mentre sono ancora aperte le ferite dell’alluvione e con esse il dibattito sulle conseguenze del riscaldamento globale che stiamo vivendo. Un dibattito che, allora come oggi, la politica tende a ridurre all’eccezionalità degli eventi meteorologici, piuttosto che riflettere sulle cause antropiche che provocano o aggravano questi fenomeni.

Nei giorni successivi all’alluvione, il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini ha più volte attribuito le cause all’eccezionale quantità di pioggia. Che sia stata senza dubbio lei la persona fisica responsabile dell’accaduto (sicuramente più delle lontre che fanno le tane lungo le sponde, su cui alcuni sindaci hanno puntato il dito), ma questa è solo una parte della verità. Ciò che la politica locale non ha ammesso è che l’abbondante acqua è caduta su terreni eccessivamente impermeabilizzati.

Forti temporali, tornado e mareggiate vengono trattati dai media come eventi occasionali, spesso con termini fantasiosi come “bombe d’acqua”; ma la scienza è concorde nel ritenere che questi fenomeni siano sempre più intensi e frequenti a causa della crisi climatica causata dall’inquinamento antropico. Poi, quando le forti piogge colpiscono luoghi ricoperti di cemento, con edifici costruiti troppo vicini a corsi d’acqua e terreni senza alberi che possano trattenere le frane, le conseguenze disastrose vengono amplificate. Soprattutto se sono anche giornate di mare formato e i fiumi non riescono a defluire perché le onde spingono dal lato opposto, come accaduto un anno fa.

In sostanza, l’alluvione è stata il risultato della combinazione di riscaldamento globale, cementificazione, deforestazione e cattivo governo. Negarlo o semplificarne le cause favorisce la tendenza a restare immobili e passivi, a non correggere le decisioni sbagliate e a continuare a prenderne di peggiori.

La frase più ripetuta da Bonaccini in quei giorni drammatici è stata “ricostruiremo tutto”, mentre lo scorso marzo, durante un incontro con i sindaci delle zone alluvionate, il governatore aveva affermato che “non sarà mai più possibile costruire nei territori alluvionati”. ”. Appelli e studi scientifici lo chiedono da anni, ma per aprire gli occhi della politica sulla crisi climatica l’unica strada efficace sembra essere quella delle catastrofi e delle morti. In questo modo però non si agisce con lungimiranza e prevenzione, bensì secondo una logica emergenziale e tardiva. In ogni caso, rispetto a queste intenzioni – per ora solo a parole, però in campagna elettorale – bisogna restare scettici: d’altronde la nostra Regione ha adottato nel 2017 una legge definita “contro il consumo di suolo”, che è in realtà una regola fuorviante e autoassolvente per consentire il proseguimento della cementificazione indiscriminata. E anche se vogliamo fidarci di questa improvvisa intenzione di cambiare rotta, purtroppo ormai è troppo tardi e molti danni irreversibili sono stati fatti. Secondo i dati Ispra, l’Emilia-Romagna è la terza regione italiana per consumo di suolo e la provincia di Ravenna è la terza regione nel triennio 2020/22, con oltre 275 ettari cementificati pari al 14,8% del consumo regionale . Nella classifica dei 20 comuni italiani con il maggior consumo di suolo, 7 sono emiliano-romagnoli, tra cui Ravenna in tredicesima posizione. Il cemento già gettato resterà ad amplificare i danni dei prossimi forti temporali, e altro ne arriverà grazie ai permessi di costruire ormai rilasciati per i prossimi anni.

Nell’antichità la Romagna era una grande palude nella quale non si distingueva il confine tra terra e acqua; una vasta area umida ricca di biodiversità, ma anche povera e insalubre in cui vivere. L’aspetto che ha oggi la nostra terra è conseguenza delle bonifiche, iniziate nel Medioevo e proseguite fino alla seconda metà del Novecento, che hanno generato fertilità e sviluppo economico. Oggi si tende a pensare che sia sempre stato così, e invece si tratta di una piccola parentesi artificiale all’interno delle ere geologiche. Una parentesi che, oltre al benessere, ha però portato ad un’eccessiva antropizzazione: i fiumi deviati e cementificati provocano erosioni e alluvioni di cui siamo alle prese, ora che l’acqua sta nuovamente sommergendo la Pianura Padana. Non si tratta della proiezione di ipotetiche mappe sull’Adriatico che toccheranno Bologna nel 2100 (e che anzi hanno l’effetto controproducente di spostare il problema in un futuro che non ci riguarda), ma piuttosto di un fenomeno già in atto adesso.

Ad oggi il governo Meloni, nonostante lo abbia promesso, non ha ancora risarcito i mobili e gli elettrodomestici distrutti dalle alluvioni, che rappresentano una somma ingente. Ma man mano che aumentano la frequenza e l’intensità degli eventi meteorologici estremi – cosa inevitabile anche se si smettesse di inquinare da un giorno all’altro, poiché i gas climalteranti hanno innescato processi irreversibili – anche i costi diventeranno sempre più alti e insostenibili. Pertanto, oltre a parlare di compensazioni, e invece di pensare che tutto continuerà come prima, potremmo iniziare a pianificare strategie di adattamento e di ritirata all’avanzata del mare, di cui l’alluvione è stata una delle manifestazioni.

Forse potrebbe interessarti…

società

 
For Latest Updates Follow us on Google News
 

NEXT Ravenna, si aggrava il bilancio delle vittime dell’incidente di via Sant’Alberto. È morto l’ex dirigente Romeo Giacomoni