“G7. Sette secoli di arte italiana”, la “prima volta” di un’opera di Canaletto a Mesagne – .

“G7. Sette secoli di arte italiana”, la “prima volta” di un’opera di Canaletto a Mesagne – .
“G7. Sette secoli di arte italiana”, la “prima volta” di un’opera di Canaletto a Mesagne – .

MESAGNE – E’ il giorno dei primi arrivi. In queste ore c’è molta attività in piazza Orsini del Balzo e nelle sale del piano nobile del Castello Normanno-Svevo di Mesagne, che ospita la mostra “G7. Sette secoli di arte italiana”, organizzato da Puglia Walking Art e dall’impresa Rete di Puglia Micexperience, con il patrocinio della Regione Puglia e del Comune di Mesagne, della Camera di Commercio di Taranto-Brindisi e di Aeroporti di Puglia. Evento collaterale al summit internazionale di Borgo Egnazia, la mostra sarà inaugurata il 13 giugno e, con la cura scientifica del professor Pierluigi Carofano, sarà l’evento culturale di punta dell’estate e dell’autunno pugliese, visto che chiuderà le sue porte sabato prossimo 30 novembre.

In queste ore sono arrivate dal Mart (Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto): il Bacio tra Dante e Beatrice (olio su tela, 128,5×128,5×6 cm), dell’unico artista vivente in mostra tra i capolavori di sette secoli d’arte italiana, il tarantino Roberto Ferri; e, esempio di Futurismo, l’olio su tavola (103,5×88,5×4 cm) di Fortunato Depero (1892-1960).

Ma sono le istituzioni museali romane e le collezioni private a farla da padrone in queste prime ore di allestimento vero e proprio. A guidare idealmente il gruppo, senza nulla togliere al valore delle altre opere, è il “pittore degli inglesi”, Giovanni Antonio Canal, noto a tutti come “il Canaletto” (1697-1768), la cui opera è presentata al pubblico per la prima volta l’Ingresso al Canal Grande con la veduta della Chiesa della Salute (olio su tela, 108×130 cm), un dettaglio del quale è stato scelto dall’organizzazione della mostra per promuovere l’evento.

Come se quell’opera non fosse già preziosa, ecco la Madonna dei fusi del Museo di Palazzo Costa di Piacenza (olio su tavola riportato su tela, cm 73×60) della bottega di Leonardo e il capolavoro di Salvator Rosa (1615-1673) ) Mario davanti alle rovine di Cartagine, che in passato fu scelta come copertina della prestigiosa rivista inglese di storia dell’arte, “The Burlington Magazine” (olio su tela, 192×135 cm); dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna il Nero bianco nero del 1955, esposto alla Biennale di Venezia del 1956 (cerniera, tessuti, plastiche, olio e bianco di zinco su tela di juta, 150x250x3,5 cm) del maestro dell’Informale Alberto Burri ( 1915-1995), mentre dal Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo la tavola a tempera dipinta da Lorenzo Lotto (1480-1556/7), raffigurante San Girolamo penitente (85×104,5 cm). Da una collezione privata proviene il Mangiafagioli precaravaggesco (olio su tela, cm 106×90) di Vincenzo Campi (1536-1591 e, dalla provincia romana, da Palazzo Chigi ad Ariccia, Museo Barocco, una delle opere più belle di Mattia Preti (1613 -1699), Campaspe (olio su tela 180×133 cm).

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