Con Macron crolla l’Europa dei mercati senza ideologia – .

Con Macron crolla l’Europa dei mercati senza ideologia – .
Con Macron crolla l’Europa dei mercati senza ideologia – .


“Non mi piace la politica, mi piace fare le cose”. Quindi nel 2017 un giovane Emanuele Macron ne ha parlato con lo scrittore francese Philippe Besson che aveva seguito la sua campagna elettorale. Già pieno di quell’arroganza tipica della classe dirigente francese che fu, il futuro presidente della repubblica sognava una nazione “de-ideologizzata” e “dis-politicizzata”, non nascondendo un certo disprezzo per la classe politica. Questo stesso ideale è alla base dell’Unione Europea come organismo di regolamentazione del mercato, motivo per cui è priva di qualsiasi ideologia, come deve essere ogni mercato. E per questo è priva di una costituzione rigida. Cosa farsene dopo tutto, giusto?

Il macronismo e i suoi epigoni italici (Renziismo con annessi simili) erano perfettamente rispettare l’architettura dell’UE; non un’unione di nazioni ma un’unione di mercati che agiscono sulle nazioni. Una sorta di Gosplan sovietico, con il Pnrr come esempio di economia pianificata. Ora la storia ha preso il suo pedaggio. La storia ci insegna sempre che nell’Europa continentale partono dalla Francia gli sconvolgimenti che poi portano alle fratture dell’ordine sociale e politico. Il trionfo della destra francese non assomiglia al guaito di un cane ferito, come è stato il grande risultato del Movimento 5 Stelle in Italia, ma piuttosto è la reazione all’incapacità di rispondere ai colpi della storia di quel complesso burocratico-mercantile dalle sfumature sovietiche che è l’UE.

Mentre a Bruxelles si regolamenta la larghezza delle vongole e la profondità dei gabinetti, l’agricoltura viene annientata, si mescolano intrugli alchemici di farine di insetti e carne coltivata, a est infuria la guerra. La PESC (politica di sicurezza comune), detta anche “secondo pilastro” dell’Unione, non è mai nata. Ecco perché i popoli europei si sono ribellati a questo sistema percepito come oppressivo e incompetente nei momenti difficili, votando per coloro che lo criticano. Da una parte l’Europa delle nazioni che devono prendere decisioni rapide e autonome, incapaci di attendere i farraginosi meccanismi di Bruxelles, dall’altra l’Unione Europea, indolente e incoerente, regolatrice e mai decisionale.

Stiamo assistendo ad un cambio di fase in cui l’UE conserva solo una funzione di orientamento del grande mercato interno europeo, senza nessun’altra funzione, mentre le singole nazioni agiscono per conto proprio nelle decisioni di politica estera. Il voto a destra segna il ritorno della politica ideologica in un paese, la Francia, dove la destra era vista come uno spettro demoniaco, una malattia della società da evitare a tutti i costi e attorno alla quale costruire un “cordone sanitario”, come dice Chirac.

Segue l’Italia, con una destra atlantista (non potrebbe essere altrimenti) ma non estremista, condizione positiva quando una parte del mondo è in fiamme. Se questo voto alle elezioni europee ha segnato il fin absolue du macronisme come abbiamo accennato in un articolo precedente, potrebbe anche segnare la fine della fiducia dei cittadini nelle strutture europee costose e inefficienti. Ancora una volta, la frase del compianto Henry Kissinger è di straordinaria efficacia: “Chi devo chiamare se voglio parlare con l’Europa?”.

Francesco Teodori, 15 giugno 2024

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