I liguri si sdraiano sul lettino dello psichiatra – .

I liguri si sdraiano sul lettino dello psichiatra – .
I liguri si sdraiano sul lettino dello psichiatra – .

È passato più di un mese dallo tsunami di maggio: Genova e la Liguria, però, sono ancora scosse, ancora alla ricerca di risposte, senza coordinate e certezze. L’indagine giudiziaria lascia il segno. In una società senza padri, Genova e la Liguria sul lettino dello psichiatra denunciano il loro sentirsi orfani, come se fossero senza un padre (ingombrante) a cui fare riferimento. Perché l’ambientazione – e insieme la narrazione – cambiarono improvvisamente: l’attore protagonista scomparve improvvisamente dalla scena, senza annunci, senza lasciare traccia nella trama. Lasciando la scena vuota. In questo cambiamento, altrettanto repentinamente, le persone di successo sono diventate astute, da padroni del pulpito si sono travestite da sfruttatori del ruolo abili nel nuotare tra le rendite di posizione.

Allo stesso tempo, chi si è piegato al passaggio dei potenti sui tappeti rossi, ora si gira dall’altra parte e deve combattere con la sindrome del “Re Nudo”. In questa rivoluzione della scena, genovesi e liguri devono confrontarsi anche con un doppio livello che si sviluppa nella loro mente: un livello conscio e uno inconscio. Ed entrambi hanno vite, effetti e impatti diversi a seconda del ruolo che ciascuno ha avuto sulla scena e nella comunità. Perché, dopo tutto, “un re non muore solo; come un torrente porta con sé tutto ciò che lo circonda“, come nota Shakespeare nell’Amleto.

I primi a cercare la culla sono coloro che hanno beneficiato direttamente o indirettamente del sistema: hanno vissuto giorni bui. Poi ci sono i politici con i loro giochi intrecciati, soprattutto chi deve assumere il ruolo di “garanzia al bisogno” oppure dei provinciali Hanna e Caifa, a loro volta divisi in base alla posizione che occupano sullo scacchiere. Ci sono quindi gli ingranaggi della macchina regionale che si rendono conto di quanto sia rigida la struttura, perennemente in attesa, attenendosi al rigoroso ordinario, il che significa non decidere nulla. Infine ci sono gli imprenditori, divisi tra chi si sentiva escluso e ora prova un piacere segreto e chi teme di ritrovarsi nel deserto dopo aver preso parte al banchetto, passando per “l’ho sempre detto” e chi non aveva bisogno di particolari attenzioni .

Sullo sfondo, attori non protagonisti, gli indagati, con diversi gradi di iniziativa associata. Tutti, però, sembrano ugualmente disidratati come gli esseri umani Età del caos nel mondo dei tre soli dei romanzi di Cixin Liu: e l’Età dell’Ordine sembra davvero lontana. La gente comune chiede di sedersi sul divano più tardi. Il cittadino fuori da ogni partita guarda letteralmente stupito, immobile, davanti a questo scandalo giudiziario così vicino alla sua vita. Si commuove con stupore (un po’ ingenuamente) che nulla sia cambiato dai tempi di “A Fra’ che te servi?” e la consapevolezza (un po’ tragica) che nulla sembra poter cambiare, chiunque venga scelto per il “comando”. Il cittadino chiede: Se togliamo il ruolo della politica, la delega di decidere (per il bene comune), non si potrebbe chiamare al posto più importante un algoritmo?

Il fattore comune a tutti i pazienti resta l’uscita improvvisa e drammatica di Giovanni Toti. C’è un senso di mancanza palpabile, altrettanto ingombrante. Toti non manca in se stesso, ma per ciò che rappresenta: per il simbolo. Nel mondo senza padri in cui viviamo, anche i simulacri postmoderni di questa essenziale funzione (anche e soprattutto sociale), se scompaiono, lasciano un vuoto. È il ruolo simbolico che carica di responsabilità morale chi sceglie di impegnarsi in politica e più si sale, maggiore è la responsabilità e questo ruolo simbolico, a livello profondo, vale per tutti, seguaci o avversari. Se il simbolo scompare, senza agonia né crisi né sofferenza, qui la sua assenza fa un rumore assordante. E in questo vuoto Genova e la Liguria non riescono a piangere. Perché il simbolo scomparso non verrà sostituito, né lo sarà presto. La mancanza resta virtuale, perché della morte in scena non resta nemmeno il cadavere: è invisibile. Oppure il cadavere non c’è perché il morto può tornare sulla scena, come infatti lui stesso chiede. Ciò aggiunge virtualità alla mancanza, intrappola i sentimenti, impedisce la tristezza o l’elaborazione stessa. Dunque Genova e la Liguria sono sulla soglia, non sanno se entrare nella stanza e soprattutto non sanno cosa troveranno dentro. Con un fattore che aggrava questa incapacità: la delega di comando era reale e recitata ogni giorno.

Così oggi l’assenza finisce per mettere in discussione, collo osso, il valore della politica dal punto di vista etico, certo, ma anche dal punto di vista concreto della credibilità di tutti gli eletti. La coda è doppia, allo stesso modo. Il rischio che tutto scorra e poi tutto ricominci da capo. Oppure il rischio di esercitare una generica indifferenza che diventa più forte se chi cade è circondato dall’avidità e dall’arroganza, dalla propria intoccabilità. In ogni caso, sono fatti che minano il processo di fiducia nelle istituzioni, che si affievolisce ad ogni seduta sul lettino.
— L’autore è uno psichiatra e scrittore
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