Angelini va in pensione. Ha diretto il tracciamento durante la pandemia: “Periodo inimmaginabile” – .

Angelini va in pensione. Ha diretto il tracciamento durante la pandemia: “Periodo inimmaginabile” – .
Angelini va in pensione. Ha diretto il tracciamento durante la pandemia: “Periodo inimmaginabile” – .

Raffaella Angelini, la tua è stata una lunga carriera in cui molti hanno apprezzato il tuo lavoro e ora sono dispiaciuti di vederti andare via. Sei felice di andare in pensione?

“Contento? No, no, sono giorni che piango… sono vecchio, ho già superato l’età della pensione e ho deciso di farlo. Ma è come lasciare qualcosa che rappresenta la mia vita da tanti anni. Non mi sentirò male, ma… è più complicato di così.”

Cosa farà adesso?

“Non lo so, non ho progetti specifici. Continuerò a fare alcune cose nel mondo della sanità pubblica, avrò più tempo per scrivere e pensare. E poi farò un bel viaggio che aspetto da tanto tempo. Continuerò le cose divertenti che prima relegavo al mio tempo libero.”

Torniamo indietro. Quando è iniziato?

“Nell’87, all’ASL di Riccione. Ci sono stato un paio d’anni, poi ho vinto un concorso a Ravenna. Nel 2000 sono diventato direttore del servizio di igiene pubblica, quindi ho iniziato ad avere un ruolo di responsabilità. Ognuno si procura i suoi guai, come si dice, ma tutto sommato ho sempre fatto un lavoro che mi piaceva. Sono fortunato.”

Il momento più difficile?

“Ce ne sono state tante. Quando ho iniziato a fare il direttore del servizio nel 2000 ero molto giovane, più giovane della maggior parte dei medici che dovevo gestire: c’era inesperienza e paura. Ma la cosa più difficile è stata gestire l’epidemia di chikungunya del 2007: ha cambiato il mio modo di pensare. Fino ad allora avevo sempre pensato che il mio ruolo fosse quello di applicare quello che dice chi capisce. E invece mi sono ritrovato più o meno ad agosto, con la costa piena di turisti, con un’epidemia che nessuno sapeva cosa fosse, tutti in vacanza compreso l’Istituto Superiore di Sanità e la Regione… È stato un momento difficile che mi ha fatto capire che non bisogna solo fare quello che dice qualcun altro, ma anche impegnarsi”.

Avrei detto che il momento più difficile è stato il covid

“Il Covid era qualcosa di inimmaginabile per tutti. Il primo anno con le persone che conoscevi che morivano, con la situazione ospedaliera… Ma in quel momento tutto il mondo stava davvero pensando a cosa fare, anche se ovviamente era molto più drammatico”.

In quel periodo hai dovuto cambiare più volte il tuo metodo di lavoro?

“I problemi, cosa fare, il modo in cui le persone percepivano la pandemia cambiavano di mese in mese. È stata una sfida, ma devo dire che le persone danno il meglio di sé nei momenti difficili. Se solo fosse così anche in ‘tempo di pace’…”

Cosa consigli a chi verrà dopo di te?

“Per come sono, sono mesi che do consigli. Ma non sparisco, se l’azienda ha bisogno di una persona esperta io ci sono. Consiglio di studiare, di restare aggiornati: nella nostra professione è importante essere tempestivi. Oltre però i comuni hanno anche il mio numero di telefono e li aiuterò per quanto posso, finché non si renderanno conto che non hanno più bisogno di me.

Quali sono le sfide future per la sanità pubblica?

“Per quanto riguarda la prevenzione, è fondamentale costruire percorsi e programmi che non riguardino solo malattie infettive, infortuni e incidenti, ma che lavorino anche sulle patologie croniche: la popolazione tende a invecchiare ed è sempre più gravata da patologie croniche. Le persone devono prendere coscienza dell’importanza degli stili di vita per mantenere il più a lungo possibile un buono stato di salute. Per questo stiamo realizzando corsi su alimentazione e fumo. Poi c’è il problema del sottofinanziamento della sanità che sta diventando molto pericoloso e la difficoltà a reperire personale sanitario. Ma la sanità pubblica è stata la più grande riforma del nostro Paese ed è importante salvaguardarla.”

Sara Servadei

 
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