«La transizione green è costosa ma genera benefici per tutti» – .

È il più noto dei tre lemmi che compongono l’acronimo Esg. «Ambientale», Sociale e Governancerichiama l’applicazione più nota della sostenibilità, quella ambientale: dei suoi costi e benefici per le imprese si è parlato mercoledì sera al Museo Mille Miglia nell’ultimo incontro del ciclo «I tre volti della sostenibilità: i criteri ESG»promosso dal GdB nell’inserto GdB&Futura.

L’intera riunione può essere rivista cliccando qui o nel video qui sotto.


Italiano:

Il quadro della transizione è stato dipinto da Sergio Vergalliprofessore di Economia delle risorse e dell’energia all’Università degli Studi di Brescia: «La transizione costa molto – ha spiegato dopo i saluti del direttore generale del Gruppo Bonera Andrea Denanni –, e secondo alcune stime si parla addirittura di 5 trilioni di euro. Sorge la domanda su dove reperirli e da questa prospettiva l’UE ha messo in atto uno strumento come l’Emission Trade System (ETS), un sistema di scambio di quote di emissione di gas serra. Più recente è il Carbon border adjustment mechanism (Cbam), una carbon tax imposta sulle merci importate da paesi extra-UE”.

I mercati

In generale, secondo Vergalli, “avere comportamenti green costa, ma riduce i rischi. I fondi ESG sono cresciuti molto, i mercati finanziari hanno riconosciuto che c’è un profitto”. E se fosse una “bolla”? “Sembra che l’indicazione della redditività ESG esista – ha sottolineato -, ma bisogna fare attenzione: dobbiamo diventare veramente verdi e investire beneanche per l’indotto: un euro investito, se consideriamo le ricadute sul territorio, può generarne fino a quattro».

Un principio “annusato” dalle aziende bresciane, come ha spiegato Roberto Barbisonifunzionario dell’area Energia, ambiente e sostenibilità di Confindustria Brescia: «Il nostro territorio vanta una vocazione eccezionale per le attività di riciclo e recupero industriale – ha evidenziato nel corso dell’incontro moderato dal giornalista Stefano Martinelli -. C’è un ricorso incessante all’innovazione tecnologica e al controllo degli impatti ambientali».

L’attitudine verso gli investimenti green quindi non manca ma spesso il percorso non è facile per le PMI, a fronte di costi elevati e burocrazia: «L’azienda bresciana incontra ostacoli normativi e amministrativi: chiede un quadro normativo equilibratogarantire innovazione e competitività”.

Transizione 5.0

E a proposito di quadri, in attesa del decreto attuativo, l’ Piano di transizione 5.0: «Mette a disposizione 6 miliardi di euro, con cui ottenere fino al 45% come contributo a fondo perduto sotto forma di credito d’imposta – ha detto il consulente senior di GFinance Marco Bortoli -. Obbligatori gli investimenti 4.0 in macchinari, impianti e attrezzature di fabbrica per la digitalizzazione, a cui il Piano 5.0 aggiunge investimenti per l’efficienza energetica e la riduzione dei consumi almeno del 3% rispetto alla fabbrica o del 5% rispetto al processo produttivo. E per riservare i fondi occorre presentare domanda al Gse: sarà possibile da luglio fino al 31 dicembre 2025, senza possibilità di proroga».

È convinto della bontà degli incentivi green Simone TaffelliCeo di Falar, azienda di Borgosatollo che progetta e realizza serramenti e falegnamerie: «Le aziende del nostro settore hanno investito molto sul 4.0. Anche noi abbiamo aderito e stiamo imparando a conoscere la versione 5.0. Sono d’accordo con tutti questi incentivi».

 
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