incontro con un cinefilo d’eccezione – .

incontro con un cinefilo d’eccezione – .
incontro con un cinefilo d’eccezione – .

Molto atteso a Cinema Ritrovato di Bologna per uno masterclass e per la presentazione in Piazza Maggiore del restauro dell’ Ombrelli di Cherbourg (1964) di Giacomo Demy e del suo Babilonia (2023), Damien Chazelle (1985) viene accolto con l’entusiasmo dovuto a un giovane che ha saputo offrire uno sguardo fresco alle immagini e alla profondità del pensiero cinematografico, accogliendo le esigenze del pubblico, che ha saputo imporsi con personalità nel sistema hollywoodiano, che ha coronato il proprio sogno tracciando già la strada per un immaginario. Teso, come i giovani protagonisti dei suoi film, tra le aspirazioni di un sognatore e i compromessi dell’industria, ma sempre con l’ispirazione votata alla scoperta incessante dei film, dei grandi classici della Hollywood classica e del nuova ondata Europeo, con il jazz come Leitmotiv che ha radici lontane e autobiografiche.

Damien Chazelle nel paradiso dei cinefili

Nuovo arrivato con il film indie prezzo basso Guy e Madeline su una panchina del parco (2009), consacrato nel cinema d’autore con il suo film molto teso e avvincente Colpo di frusta (2014), vincitore agli Oscar con La La Terra (2016), musicale malinconico, delicato e solare, poi visionario e introspettivo film biografico contro Primo uomo (2018, su Neil Armstrong), controcorrente ed esaltato nel faraonico, scivoloso e incompreso Babilonia, Chazelle è un regista dalla poetica coerente e innovativa pur nella sua curiosità di esplorare generi e approcci eterogenei; un giovane con la maturità espressiva di un regista esperto, un cineasta pieno di viva nostalgia per gli inesperti del grande schermo.

Intervistato nel frame libertà enchanting of the Cinema Modernissimo by the director of the Cineteca di Bologna Gian Luca Farinelliche in Piazza Maggiore per la presentazione del film preferito del regista Ombrelli di Cherbourg lo definisce “un autore che ha saputo coniugare classicità e modernità con uno sguardo ai grandi film della storia del cinema e allo stesso tempo con l’innovazione, esprimendo una coerenza unica”, Damien Chazellecon sincero trasporto e umiltà, ne ripercorre la vita e la carriera, in cui la cinefilia è sempre stata il nume tutelare, la palestra rassicurante e didattica.

Damien Chazelle, ovvero l’educazione di un sognatore

All’inizio, per questo bambino da sfondo prestigio culturale (madre medievalista e padre analista matematico) c’erano film animati di Disneycon Cenerentola e Peter Panpoi i video amatoriali con l’aspirazione acerba ma già determinata di voler fare cinema; infine la scoperta di autori da emulare come Hitchcock e SpielbergMa soprattutto Parigi (dove i genitori si erano trasferiti per lavoro), seconda patria per questo tredicenne del New Jersey e prima patria del suo apprendistato cinefilo, tanto che Chazelle ha rilanciato romanticamente il termine Parigiscopioche in realtà era una rivista aggiornata su tutti gli eventi di intrattenimento della capitale francese.

Ho conosciuto Parigi grazie ai film che vedevo settimanalmente, organizzavo il mio festival personale tra i cinema. Ho nostalgia di quel periodo, perché attualmente a Los Angeles dove lavoro e vivo da anni, nonostante le numerose mostre, non c’è la reperibilità dei vecchi film che venivano proiettati allora.

Ricordando gli studi liceali e universitari tra Princeton e Harvard, incontriamo il suo amore per il jazz, poi accantonato per il cinema; il deterrente per la coltivazione professionale del talento musicale era un insegnante rigoroso e brutale, che portava la sua classe a livelli molto alti, a costo però di un desolante concorso di selezione meritocratico. Un’esperienza devastante a cui Chazelle finì per mettere da parte gli studi jazzistici, che però, come è noto, confluirono poi nella magnificenza stilistica di Colpo di frustala storia di un rapporto didattico sadico e tachicardico tra insegnante e studente in un’accademia jazz di New York.

L’armonia dei contrasti

Ma ad Harvard c’è la riscoperta della settimana dell’arte, che intercetta i giovani Chazelle con linguaggi e forme apparentemente in contrasto con la sua sbornia cinematografica parigina, da autodidatta e vagabonda. C’è la visione di molto cinema d’avanguardia e sperimentale, compreso il Cinema della verità e Cassavetes.

In un corso di cinema poco pubblicizzato e dal retrogusto clandestino (ad Harvard c’è un certo pregiudizio verso l’arte stessa, a favore della scienza), ho scoperto il cinema documentario tramite un bravo professore. Avevo iniziato con il cinema documentario Robert Flaherty e recentemente sono arrivato qui per studiare durante un viaggio in Italia quello di Vittorio Del Fungo. Mi considero un regista di finzionema una dose di documentarista esiste in ogni regista. Anche in Giacomo Demy con Ombrelli di Cherbourgche cristallizza e testimonia la giovinezza del ventenne Caterina Deneuve Durante le riprese.

Un laboratorio di recitazione

Dopo aver ricostruito l’amicizia e il sodalizio professionale con Giustino Hurwitz (compositore con doppio Oscar per la colonna sonora e la migliore canzone di La La Terra), che risale agli anni dell’università, Gian Luca Farinelli chiede al regista il suo approccio nel dirigere gli attori, sempre elevati al massimo delle loro potenzialità, tanto da portare entrambi all’Oscar JK Simmons per Colpo di frusta Quello Emma Stone per La La Terrasenza trascurare la toccante interpretazione di Brad Pitt nell’ultimo Babilonia. Chazelle specifica:

Ogni attore è diverso dall’altro, anche ogni film per essere girato richiede un lavoro diverso nella direzione della recitazione; ci sono attori che hanno bisogno di molte prove (ad es Diego Calva In Babiloniaprime esperienze con la macchina fotografica) e altri con cui preferisco parlare a lungo e fare poche riprese per non perdere la freschezza delle prime prestazionequanto a Emma Stone e Ryan Gosling In La La TerraIn genere non ho una tecnica unica e infallibile con loro, mi piace quasi impostare un vero e proprio laboratorio di recitazione sul set.

Los Angeles, Europa

Al termine dell’incontro vi chiediamo di farlo Chazelle quali opere del cinema italiano sono inscritte nel suo inconscio creativo tanto da plasmare i film da lui diretti. Il giovane regista declama poi il suo omaggio La dolce vita Di Federico Felliniche sta alla base della struttura di Babilonia, un affresco sociale incendiario, frizzante e decadente di Hollywood tra film muto e sonoro. Infatti il ​​suo autore precisa:

Ho ripreso l’idea con cui Fellini ha orchestrato la Roma di Dolce Vita ricostruire la Los Angeles degli anni Venti. Quest’ultima, come l’antica Roma, è nata dal nulla, dal deserto; entrambe hanno una spiritualità forte, ma diversa. A differenza di Roma, a Los Angeles non si realizza mai una ricerca spirituale, si genera una dipendenza insoddisfatta.

Regala poi al pubblico un’osservazione suggestiva sul nostro cinema, tra i pochi al mondo capace di filmare le masse nella loro coralità, come nelle opere di Fellini, Visconti non è L’eclissi Di Antonioni. Quindi se La La Terra vuole essere un film nato dal cinema francese, Babilonianel suo caos festoso, è quella del cinema italiano.

E l’appuntamento è domenica 30 giugno alle 21.45 in Piazza Maggiore con la proiezione di Babiloniapresentato da Chazelleche qui al Festival di Cinema ritrovato tra uno masterclass e una presentazione appassionata e commovente di Gli ombrelli di Cherbourg ha rafforzato l’ammirazione degli spettatori per il suo modo di concepire il cinema, per la sua cinefilia matura e dirompente che si fa linguaggio e non solo memoria.

 
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