al centro il collega scomparso – .

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Arezzo, 2 luglio 2024 – “Signore, signore, apra”. Il pompiere, calato nel burrone dai colleghi con le corde, bussa delicatamente alla finestra di un’auto che è scivolata giùnella notte senza luci dell’aretino, illuminata solo da luci fotoelettriche. Scivolato con il suo unico passeggero, un vecchio stanco ma straordinariamente dignitoso, che dentro guarda con occhi lucidi chi è venuto a salvarlo. È il piccolo gioiello di un film Antonio Maria Castaldo. È stato anche pompiere e per anni, fino a quando ha scelto di immergersi nella sua grande passione, il cinema. Regista, napoletano di origine ma aretino di adozione, la voce e le immagini di un mestiere antico, quello dei pompieri.

L’aveva già portato alla Mostra del Cinema di Venezia “Fuoco sacro”, un avvincente lungometraggio che ricostruisce la storia d’Italia tra le tragedie di un secolo e i volti di chi accorse in aiuto. Un’emozione nel buio del teatro, che riparte da questo cortometraggio: si intitola “Gli elefanti”, presentato in anteprima assoluta alla Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro. Tredici minuti, serratissimi, in pochi giri di clessidra, uno scavo dei personaggi che colpisce.

“È una storia che mi ha raccontato un collega di Arezzo: Ho visto che poteva funzionare”. Un racconto che diventa un omaggio, una carezza registica a Dario Perilli, il pompiere aretino scomparso qualche mese fa, era amico di Antoniola sua fine ha lasciato una profonda cicatrice tra i suoi colleghi. “La storia è capitata alla sua squadra e ho ragione di pensare che sia stato Dario a cadere in quel dirupo”. Giù, nella notte delle fotocellule, a ripescare un’auto e il dramma di un uomo che aveva venduto tutto per salvare la moglie dalla malattia.

Senza riuscirci, come racconta l’attore nel film e restando a vivere in macchina: tra le foto di una vita lacerata e su cui indugia con emozione la torcia del poliziotto. “Un racconto dei mesi del Covid” spiega Castaldo. I mesi delle famiglie chiuse in casa, in cui il vuoto degli affetti ha colpito più duramente. Difficile da tradurre sul grande schermo ma Castaldo ci riesce, grazie a un gruppo di attori non professionisti o quasi, veri pompieri, e al volto di Totò Onnis. Aiutato dalla fotografia intensa di Giuseppe Pignone. Sullo sfondo, da qui il titolo, un documentario sugli elefanti, seguito dai pompieri in attesa di un allarme, capaci di un’istintiva empatia sociale che corre parallela a quella di chi scende, rischia, capisce, salva e non solo una vita. Per i pompieri un’altra medaglia di celluloide. Per Castaldo la conferma di un talento. Ad Arezzo lavorava come pompiere la mattina e studiava al Dams il pomeriggio. Spegneva le fiamme, non quella della sua passione.

Un corto girato in Fiera, “Cristina”, con un attore di alto rango come Ernesto Mahieux. Tra i suoi interpreti un Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel docufilm che Castaldo ha dedicato a Giuseppe Patroni Griffi, personaggio chiave del Novecento, tra Massimo Ranieri, Raffaele La Capria, Franca Valeri, Vittorio Storaro. “Grazie, mi hai fatto rivivere una pagina fondamentale della mia storia” gli ha detto Napolitano quella sera, tra il pubblico, nel buio del cinema. Un buio squarciato dalle luci del grande schermo. Che si intersecano nella vita di Castaldo, l’unico pompiere-regista del cinema italiano.

 
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