Rovereto, l’azienda dove si lavorava 13 ore al giorno per mille euro al mese – .

Rovereto, l’azienda dove si lavorava 13 ore al giorno per mille euro al mese – .
Rovereto, l’azienda dove si lavorava 13 ore al giorno per mille euro al mese – .

Caporalato e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Sono le accuse che la Procura ha formulato nei confronti di sei pakistani e di una donna italiana a seguito di un’indagine del comando provinciale di Trento della Guardia di Finanza che, su ordine del gip del tribunale di Rovereto, ha eseguito il sequestro preventivo di beni per un valore di 521 mila euro nei confronti dei 7 indagati e di una società. L’indagine, condotta dalla Guardia di Finanza del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Trento e coordinata dalla Procura di Rovereto, è partita a seguito di un’autonoma attività investigativa della Guardia di Finanza: nel mirino un’azienda della Vallagarina nel settore della produzione di carta e cartone, gestita da pakistani. Secondo la ricostruzione dell’inchiesta, “abusando dello stato di necessità di alcuni dipendenti connazionali, determinato dalla necessità di ottenere un permesso di soggiorno per motivi di lavoro e di poter provvedere al sostentamento della famiglia di origine in Pakistan, li sottoponevano a condizioni di sfruttamento lavorativo”.

Gli investigatori hanno scoperto che i lavoratori erano assunti con contratti part-time ma costretti ad accettare turni dalle 9 alle 13 ore al giorno. Il tutto contenuto in un registro che ha permesso agli investigatori di ricostruire turni di lavoro e pagamenti. “A fronte di una busta paga formalmente corretta con uno stipendio mensile che andava dai 1.000 ai 1.800 euro, i dipendenti, dopo aver ricevuto l’accredito, sono stati costretti a restituire ai datori di lavoro, in contanti, gran parte del loro stipendio – riferisce la Guardia di Finanza -. In diversi casi, ai lavoratori è stato anche chiesto di recarsi presso società di money transfer per effettuare trasferimenti di denaro in Pakistan a ignoti indicati dagli stessi datori di lavoro. Le indagini hanno permesso di accertare che, nel giro di un solo anno, sono stati trasferiti all’estero, illegalmente, oltre 102mila euro”.

Dalla ricostruzione dei dati contabili acquisiti, la Guardia di finanza ha accertato che i dipendenti, di fatto, percepivano un compenso variabile dai 500 ai 700 euro al mese, pari a una retribuzione oraria effettiva di 4-5 euro l’ora. Nonostante l’azienda dichiarasse la disponibilità di buoni alloggio e pasti per i dipendenti, per usufruirne i lavoratori dovevano versare una somma mensile fino a 200 euro in contanti per un posto letto in un alloggio con altri 10-15 connazionali ed erano obbligati a fare la spesa alimentare, per circa 150 euro al mese, “presso un esercizio commerciale riconducibile ad alcuni degli indagati, dove, nell’arco di tre anni, gli stessi soggetti hanno incassato quasi 22mila buoni pasto elettronici, pari a oltre 152mila euro. Tutto ciò ha consentito alla società indagata il beneficio fiscale dato dalla detrazione delle suddette spese e, quindi, di abbassare gli importi da versare allo Stato, tramite F24, sia a titolo di imposte sia a titolo di contributi a suo carico.

 
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