Vertenza ex Ilva, l’incontro al ministero è un altro flop – .

Vertenza ex Ilva, l’incontro al ministero è un altro flop – .
Vertenza ex Ilva, l’incontro al ministero è un altro flop – .

Le supposizioni e le sensazioni lasciano presagire che l’incontro interlocutorio svoltosi a Roma al Ministero del Lavoro tra sindacati e vertici di quella enorme matrioska manageriale che sono le Acciaierie d’Italia è solo l’inizio dell’ennesima epopea della vertenza ex Ilva.

Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia della Fiom, Valerio D’Alò, segretario nazionale della Fim, Guglielmo Gambardella, segretario nazionale della Uilm e Francesco Rizzo e Sasha Colautti per l’esecutivo confederale dell’Usb, tutti presenti, non hanno approvato il piano di cassa integrazione. Denunciano la mancanza di un piano industriale, di garanzie per i lavoratori, vedi l’integrazione salariale alla cigs, così come quelle sul prestito ponte del governo da 320 milioni non ancora sbloccate. I numeri della procedura di cassa integrazione sono quasi raddoppiati affermano all’unisono i sindacati, sollevando al contempo interrogativi sullo scenario disastroso, mai realmente affrontato, dei lavoratori in somministrazione. Incertezza, improvvisazione, non emerge alcun piano di rilancio industriale e, manco a dirlo, non viene nemmeno lontanamente considerata la questione ambientale, all’indomani di quanto espresso dalla Corte di giustizia europea.

Lontano dai toni preoccupati delle organizzazioni, la risposta del management di Acciaierie d’Italia in Amministrazione Straordinaria, che rassicura e parla di un clima positivo e costruttivo: «Nel corso dell’incontro sono emerse importanti tematiche sindacali che il management di Acciaierie d’Italia in Amministrazione Straordinaria si impegnerà a risolvere, sottolineando la totale disponibilità a trovare soluzioni condivise con le organizzazioni sindacali», riferendosi a ipotetici «importanti pacchetti formativi in ​​presenza».

Riassumendo, gli ex commissari dell’Ilva hanno chiesto la cassa integrazione per 5.200 dipendenti. Di questi, 4.400 riguardano solo gli stabilimenti di Taranto, città sull’orlo dell’emergenza economica e sociale, 800 quelli di Genova, 245 quelli di Novi Ligure (Alessandria), 25 quelli di Racconigi (Cuneo), 20 quelli di Legnaro (Padova), 40 quelli di Marghera (Venezia), 50 quelli di Milano e 20 quelli di Paderno Dugnano (Milano). La dirigenza ha ripassato la palla agli spalti, lasciando intendere che l’esito della vicenda è ancora lontano, e ha così concluso il comunicato: «Le rappresentanze sindacali nazionali hanno comunicato al tavolo che le loro strutture confederali hanno chiesto un incontro con la Presidenza del Consiglio dei ministri sulle prospettive future e sul rilancio di Acciaierie d’Italia. Il rappresentante del Ministero del Lavoro ha confermato che saranno programmati ulteriori incontri sul tema della cassa integrazione, per raggiungere un’intesa condivisa».

Tutto, ancora una volta, rinviato: finché i sindacati non saranno ricevuti a Palazzo Chigi e dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, sarà difficile affrontare seriamente la questione.

 
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