che cosa sta accadendo – .

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Anche se al mattino c’è stato un leggero calo, il valore del petrolio è in aumento da metà dicembre e è superiore del 7% rispetto a un anno fa. Vari fronti internazionali influiscono: dagli attacchi Houthi alla risposta delle missioni occidentali

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Dalla benzina alle bollette, cresce il rischio di nuovi aumenti per i consumatori. L’attacco dell’Iran contro Israele getta infatti nuova incertezza sui mercati finanziari, in particolare su quello delle materie prime, soprattutto energetiche, con conseguenze destinate a farsi sentire sui bilanci familiari. Il petrolio era già aumentato del 5% il 1° aprile in seguito all’attacco all’ambasciata iraniana in Siria. Questa mattina, però, il prezzo era leggermente in calo: il WTI con consegna a maggio è scambiato a 85,33 dollari al barile con un calo dello 0,39%, mentre il Brent con consegna a giugno è stato scambiato a 90,11 dollari con un calo dello 0,38%. Il valore del petrolio, però, è in rialzo da metà dicembre e registra un +7% rispetto a un anno fa, con tutti gli effetti negativi che ciò potrebbe comportare per l’inflazione attualmente in calo.

L’inflazione sta diminuendo

Nella Nota economica di aprile, l’Ufficio parlamentare di bilancio scrive che “le deboli condizioni della domanda e le scorte elevate stanno attualmente attenuando la trasmissione dell’aumento dei costi ai prezzi”. Come spiega Il sole 24 ore “la diffusione dell’onda inflazionistica continua ad attenuarsi: nel primo bimestre del 2024, il 42 per cento delle voci di spesa ha evidenziato variazioni di prezzo comprese tra l’1 e il tre per cento sui dodici mesi e l’inflazione estrema (superiore al 5 per cento) ha interessato solo il 14 per cento delle voci di spesa. il cestino. Le pressioni inflazionistiche a monte della catena di produzione si stanno attenuando”.

A rischio le principali rotte del Mediterraneo

A livello internazionale, però, sono in gioco molti aspetti, legati soprattutto al quadro geopolitico. Il Corriere della Sera ricorda il sequestro di una nave mercantile legata a un armatore israeliano nello stretto di Hormuz, all’uscita del Golfo Persico, da parte della Guardia rivoluzionaria iraniana. È la seconda volta in pochi mesi. A poca distanza, gli Houthi yemeniti legati a Teheran continuano ad attaccare le navi mercantili nello stretto di Bab el-Mandeb, tra il Golfo di Aden e il Mar Rosso, sulla rotta per Suez e il Mediterraneo. Vuol dire, quindi, che le principali rotte commerciali del mondo non sono più sicure.

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I rischi per l’economia italiana

Il peggioramento del contesto rischia di avere un impatto anche sulle finanze pubbliche e di conseguenza sull’operato del governo per l’attuazione della misura. Non è un caso che il Documento di economia e finanza abbia già valutato, in un’analisi degli scenari di rischio, l’impatto che il rallentamento del commercio mondiale dovuto al peggioramento della situazione in Medio Oriente potrebbe avere sul Pil: l’economia italiana crescerebbe 0,1 punti percentuali in meno quest’anno (quindi +0,9% invece di 1%) e 0,3 punti in meno l’anno prossimo (+0,9% invece di +1,2%). Sulle possibili ricadute del rallentamento dei traffici dal Golfo Persico sul nostro sistema economico sta lavorando anche una task force, ha annunciato il ministro delle Imprese Adolfo Urso: monitora «giorno per giorno le conseguenze, in quali settori e in quali porti, per predisporre ove necessario misure di sostegno”.

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Il soffocamento del Mediterraneo

Intanto sono passati quattro mesi dal lancio della missione “Prosperity Guardian” e due mesi dal lancio di “Aspides”. Si tratta di due missioni incaricate di dispiegare significative forze militari statunitensi ed europee. Il Canale di Suez, tra attacchi alle navi mercantili e risposte occidentali, resta semichiuso. Prosegue il progressivo soffocamento degli accessi tra i mercati mediterranei e asiatici e le conseguenze si fanno sentire su alcuni hub strategici. Pochi giorni fa, ad esempio, Genova ha visto i suoi volumi crollare del 60%, Ravenna ha registrato un -76% sui traffici in import e -91,5% sull’export. La stragrande maggioranza dei porti, continua Il Corriere, appare in lieve diminuzione rispetto allo stesso periodo dello scorso anno: è un segnale della debolezza dell’economia globale. Inoltre, a causa degli Houthi, aumentano i trasporti ferroviari tra l’Europa e l’Estremo Oriente attraverso la Russia. A trarne vantaggio è soprattutto la RZD, il monopolista dei treni pubblici controllato dal Cremlino. L’aumento del traffico dall’inizio dell’anno è stato di un terzo.

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La formazione degli Houthi

Secondo Marco Forgione, direttore generale dell’Istituto per l’Esportazione e il Commercio Internazionale di Londra, gli Houthi sono “duri e addestrati a resistere alle pressioni esterne, da anni resistono ai bombardamenti degli eserciti di Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti”. Il Centro Studi Internazionali di Roma stima che, poiché sia ​​la missione europea che quella a guida americana si trovavano nella zona di Bab el-Mandeb, gli Houthi hanno lanciato 91 droni d’attacco, 44 ​​missili balistici antinave, quattro missili da crociera antinave e due barche senza equipaggio. L’aspetto più inquietante, spiega Il Corrieresono missili balistici, perché possono affondare una nave mercantile anche senza carica esplosiva.

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Tag: Iran attacco Israele petrolio prezzi aumento inflazione calo avvenimento

 
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