È l’estate dei turisti americani – .

È l’estate dei turisti americani – .
È l’estate dei turisti americani – .


Siamo tutti The White Lotus, un enorme resort per ricchi americani. Noi li serviamo, loro pagano, favoriti da un dollaro con Lincoln culturista, forte e spavaldo. Gli “Amerikans” sono tornati, ricchi e felici, sciamano nelle nostre città, si siedono ai tavoli altrimenti semivuoti dei nostri ristoranti lasciando mance che fanno passare il sonno ai camerieri, si accampano nelle suite che sono state costruite per loro. Sono attratti dai prezzi bassi, dal nostro cibo, dai tanti film girati nella nostra zona (tra cui Ripley di Netflix ambientato in un’Italia in bianco e nero alla Dolce Vita), dalla recente vetrina del G7 a Borgo Egnazia che ha riempito la tv di mezzo mondo di immagini di un borgo pugliese un po’ finto, da un’idea del nostro stile di vita che è una profezia che si autoavvera: immagino quindi non possa non esistere. È l’estate dei dollari, lo certifica anche il Wall Street Journal.

Il fenomeno, bisogna dirlo, non riguarda solo l’Italia ma tutto il Mediterraneo. Il Portogallo, che ha prezzi ancora più competitivi dei nostri, fattura a ritmo sostenuto e Lisbona sembra una Disneyland al confronto. Lo stesso vale per Spagna e Grecia. I maiali, descritti dalle ferree economie nordiche come parenti perennemente in difficoltà, sono il motore trainante della tiepida ripresa economica dei Ventisette. Mare, pizza, un vino bianco freddo e leggero. C’è di peggio, alla fine.

E noi, il pesce di mezzo della catena

economica, a sua volta, cerchiamo posti dove il nostro euro ci rende ricchi, trovando spiagge in Albania, benedicendo Spritz rivedibile in Montenegro. Il buon vecchio colonialismo turistico che alla fine fa andare avanti il ​​mondo.

 
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