top e flop – .

Sono 43 i Paesi partecipanti alla 60. Esposizione Internazionale d’Arte, tra cui l’Arsenale, i Giardini e il centro storico di Venezia (per ora il Padiglione Israele resta chiuso, in attesa della fine delle ostilità e della liberazione degli ostaggi). Un’epopea che si conferma la chiave vincente della Biennale, grazie all’alto livello dei progetti presentati dai padiglioni nazionali, con l’Italia – nell’imponente spazio dell’Arsenale – che si presenta tra le espressioni più intelligenti e raffinate di questa edizione , grazie al lavoro di Massimo Bartolini, a cura di Luca Cerizza. Per una ricognizione più dettagliata vi rimandiamo alla guida dei 10 migliori padiglioni da vedere in città. Resta il fatto che questo metodo expo ottocentesco, che sembra antiquato, in realtà regge molto bene.

Biennale 2024. Padiglione Italia. Ph Irene Fanizza

Un presupposto sempre valido si conferma nella Biennale Arte di Venezia, capace di mettere insieme un programma di mostre collaterali di livello scintillante. Francesco Vezzoli, Armando Testa, Julie Mehretu, Pierre Huyghe e Willem De Kooning sono solo alcuni dei tanti nomi che animano la Serenissima in occasione della 60. Biennale d’Arte di Venezia, ma sono decine i progetti espositivi dovuti alla partecipazione attiva dei musei e fondazioni della città, compresi i nuovi spazi (come non citare il recupero dei Palazzo Diedo grazie a Berggruen Arts & Culture, che si presenta al pubblico con la mostra Giano e mira a diventare un importante centro d’arte della città?). Segnaliamo la retrospettiva alle Gallerie dell’Accademia – la più grande mai realizzata in Italia sull’artista americano – che fa luce su una parte poco esplorata della produzione di De Kooning. Ma anche la messa in scena ipnotica dell’ Tadao Ando alla Scuola Grande della Misericordia per le nuove opere dell’artista Zeng Fanzhi (Zeng Fanzhi: Vicino e lontano/Ora e allora), e la mostra “vivente” di Pierre Huyghe (Liminale) a Punta della Dogana. E ancora l’imperdibile mostra di Jean Cocteau alla Collezione Peggy Guggenheim e all’incredibile – incredibile! – mostra di Christoph Buchel che dopo il viaggio in barca del 2019 torna a Venezia questa volta alla Fondazione Prada. Anche le gallerie private partecipano al fermento espositivo, ma di questo parleremo più in dettaglio.

Palazzo Diedo a Venezia

Diverse performance hanno attivato padiglioni e spazi espositivi nazionali in città, alcuni particolarmente meritevoli di attenzione. Il padiglione di Gran Bretagna ai Giardini, ad esempio, ha scelto di valorizzare il progetto dell’artista anglo-ghanese John Akomfrah attraverso una performance di canto rastafariano. Mentre all’Arsenale la danza è stata protagonista, ad introdurre la rassegna internazionale. E sull’Isola di San Giacomo, il Fondazione Sandretto Re Rebaudengo ha portato il rito di buon auspicio della ballerina e coreografa coreana Eun-Me Ahn, che ha invocato gli spiriti del passato.

Padiglione della Gran Bretagna, Biennale Arte 2024. Foto Irene Fanizza

Italiani ovunque, sì. Ma un po’ meno in Biennale: nell’articolo di Santa Nastro abbiamo già espresso i nostri dubbi sull’assenza (o sulla scarsissima presenza) di artisti italiani contemporanei all’Arsenale e ai Giardini. D’altronde rincuora vedere come l’esposizione del 2024 sia costellata di mostre, progetti e ricognizioni che mettono in luce”quanto ha da offrire l’Italia se parliamo di generazioni nuove o mature di artisti che interpretano il presente in modi diversi”. In parte stiamo recuperando con il progetto ventennale Archivio della disobbedienza ideato dal curatore Marco Scotini e ben presentato in una stanza tutta sua, con De Pisiscon il pittore Andreani (una stanza dedicata anche a lei!) e con la – molto significativa – sala dedicata alla diaspora degli artisti italiani che per diventare grandi dovevano andare all’estero.

Archivio della disobbedienza - Lo zootropio
Archivio della disobbedienza – Lo zootropio

Stranieri ovunque è una Biennale che celebra lo straniero, in tutte le sue possibili conformazioni: da chi proviene dal Sud del mondo a chi fa parte della comunità queer, il merito di questa Biennale è quello di essere riuscita a dare voce coerente a oltre tre cento artisti “outsider”, appartenenti a contesti sottorappresentati dal sistema dell’arte. Tuttavia, nell’esplorazione del catalogo di opere presentate tra Giardini e Arsenale, il fatto che la pittura – e in generale le soluzioni più tradizionali – sembra essere il medium preferito dalla stragrande maggioranza degli artisti selezionati, con il rischio di postulare una distanza dello “straniero” dalla tecnologia, conclusione che non è necessariamente vera. Un anno in cui si parla solo di Intelligenza Artificiale e poi arrivi alla Biennale e ti sembra di essere in una bolla…

Biennale 2024 ph Irene Fanizza
60a Esposizione Internazionale d’Arte. Ph: Irene Fanizza

Con la sorprendente cifra di 26.795 visitatori accreditati nei giorni di pre-apertura, la Biennale di Venezia annuncia di aver raggiunto un record stabilito del +19% rispetto al 2022. Entusiasmo non del tutto coerente se paragonato all’impossibilità di lavorare in condizioni adeguate (per esempio evitando code interminabili all’ingresso dei padiglioni, o evitando chiusure inaspettate degli spazi per il brulicare di eventi privati) per i 4.315 giornalisti presenti in Laguna (in maggioranza stranieri, quindi in arrivo a Venezia dopo lunghi viaggi). Per non parlare dell’annoso – e ancora irrisolto – problema degli orari di apertura troppo brevi: perché chiudere tutti gli spazi (anche quelli collaterali) tra le 18 e le 19 nei giorni di anteprima, impedendo a giornalisti e operatori del settore di godere di qualche ora in più lavorare una volta chiusa la mostra centrale della Biennale? Già mercoledì il pubblico era un mix di appassionati, partecipanti, curiosi e turisti culturali. I giornalisti che dovevano cercare di documentare la mostra, sono annegati nella folla di chi sarebbe potuto venire il fine settimana successivo (c’è anche il ponte!).

Biennale 2024. Foto Irene Fanizza
Biennale 2024. Foto Irene Fanizza

Sono molte le multinazionali che investono nell’arte per individuare nuove narrazioni con cui parlare al proprio pubblico. Alcuni decidono di farlo in maniera approfondita, con investimenti adeguati e con un certo rigore scientifico (a Venezia, per esempio, basti vedere cosa fanno gruppi della moda come Prada o Arnault), altri invece articolano un semplice posizionamento di marca accompagnato da progetti artistici forse coerenti in altri contesti ma assolutamente inadeguati e fuori luogo all’interno della Biennale. La grande casa orologiera svizzera Swatch – con la sua confusa galleria di opere all’Arsenale e con un’improbabile installazione di fumetti ai Giardini – ha purtroppo optato per la seconda strada. Il problema è che Swatch è lo sponsor principale della Biennale. Questa presenza però non fa bene né a Swatch né alla Biennale: sarebbe meglio presentarsi come sponsor senza pretendere di apparire anche fisicamente con presunte opere d’arte. Lasciando che le opere d’arte esposte siano solo quelle della Biennale stessa e non quelle dell’attuale sponsor.

Un'installazione Swatch ai Giardini
Un’installazione Swatch ai Giardini

È stato molto complicato visitarlo Palazzo Franchetti e tutte le mostre lì ospitate perché gli orari di apertura erano costantemente scanditi da feste, cocktail, ricevimenti e feste private: le mostre erano aperte, ma l’ingresso era garantito solo a chi aveva un invito per l’evento in questione. Comunque a un certo punto siamo riusciti a visitare l’edificio: bella la mostra organizzata dalle ricchissime istituzioni del Qatar, bello il Padiglione del Portogallo, ma poi c’è stata la tanto attesa mostra sui seni. Una serie di opere ingenuamente accostate per narrare lo sviluppo della storia dell’arte attraverso la rappresentazione del seno. Sponsor? Non ci crederai: Intimissimi. Cioè un brand di lingerie che sponsorizza una mostra d’arte a tema décolleté. Faceva già abbastanza rabbrividire così com’era, ma il problema è che la mostra è anche piuttosto povera, povera scientificamente, triste come allestimento, povera di prestiti. Non si salva molto. Eppure il Gruppo Calzedonia (di cui Intimissimi fa parte) non è una piccola azienda che può permettersi questi scivoloni: il suo fatturato è di 3 miliardi l’anno, molto simile a quello del Gruppo Prada che però da anni si distingue per rigore, ricerca e innovazione. analisi approfondita. Carissime aziende italiane multimiliardarie: se volete fare cose nel mondo dell’arte siete i benvenuti, ma o fate le cose bene (visto che ne avete i mezzi) oppure, se fate delle sciocchezze, finirete sempre nel nostro” flop”.

Seni, veduta della mostra a Palazzo Franchetti, Venezia, 2024
Seni, veduta della mostra a Palazzo Franchetti, Venezia, 2024

Ci eravamo già espressi, chiedendo agli uffici stampa chiamati a dividersi tra Milano e Venezia a causa della concomitanza di Salone e Biennale, sulla scelta sconsiderata di sovrapporre le date di due dei principali eventi culturali (e commerciali, a causa alle loro ricadute sull’economia del settore), e non solo, del Paese. Lo confermiamo: inaugurare la Biennale Arte durante la Milano Design Week è stato una follia. Bisogna cominciare a pensare fin da ora ad una ‘ecologia’ delle date dei grandi eventi italiani del prossimo anno e di quelli a venire.

Cinquevie Milano Design Week 2024
Cinquevie Milano Design Week 2024
 
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