Il tanto chiacchierato documentario “Cibo a scopo di lucro” che, a poche settimane dalla prima ufficiale, continua a girare l’Italia con un fittissimo calendario di proiezioni e conseguenti dibattiti e approfondimenti, raggiungerà presto anche i 2012 metri di altitudine con una proiezione sul Monte Stivonel trentino.
“Con il rifugio ho sempre cercato di proporre serate culturali, con tematiche spesso legate all’emergenza climatica e ai comportamenti etici che tutti possiamo adottare” racconta Alberto Bigellinigestore del rifugio Marchetti sul Monte Stivo.
La spinta a fare del rifugio anche un luogo di condivisione di idee e conoscenze, dice Bighellini, è costitutiva della sua attività di gestore: “Poiché abbiamo un pubblico abbastanza vasto perché il rifugio Stivo è un rifugio molto frequentato, in un luogo frequentato , oltre all’accoglienzache è già impegnativo, fin dalla presentazione del progetto di gestione, Ho scelto di inserire anche serate culturali, provare anche a diffondere informazioni e conoscenze che mi stanno particolarmente a cuore”.
“Non so se definirla una “missione” – commenta il rifugiato – ma qualunque cosa sia, sono felice quando i rifugi investono anche su questo aspetto, quando fanno anche presidi culturaleluoghi dove dare spazio all’informazione, al ragionamento e al confronto”.
Il documentario scelto per la prossima proiezione, il 27 aprile, è Food for Profit, che si definisce “il primo documentario che mostra il filo che lega l’industria della carne, le lobby e il potere politico”. Il film realizzato da Giulia Innocenzi E Pablo D’Ambrosi mette infatti “al centro i miliardi di euro che l’Europa stanzia per gli allevamenti intensivi, che maltrattano gli animali, inquinano l’ambiente e rappresentano un pericolo per future pandemie”. Il documentario investigativo accompagna chi lo guarda “in un viaggio illuminante e scioccante intorno all’Europa” che include anche “confronti con agricoltori, multinazionali e politici”.
Come dice Bighellini: “La scelta di questo documentario è dovuta a diversi fattori: certamente è un film che crea dibattitolo ha realizzato anche tra noi rifugiati che lo abbiamo guardato prima di proiettarlo, e soprattutto parla di un tema molto importante come quello della produzione su larga scala della carne che mangiamo e lo collega con dinamiche politiche ed economiche”.
“In generale, vogliamo che le persone facciano domande, che aiutino a creare un dibattito che possa essere costruttivo per tutti – spiega il rifugiato -. Cerchiamo di mantenere viva la curiosità, di stimolare domande su ciò che facciamo, su come funziona il mondo che ci circonda”.
Il tema del cibo è di particolare interesse per il rifugiato, anche perché quello promosso e raccontato nel documentario in antitesi agli allevamenti intensivi inquinanti “è anche l’approccio che proponiamo con la nostra cucina” come dice “Non sono vegano né vegetariano, ma mangio poca carne e sto molto attento anche a dove la prendo Come rifugio ci teniamo moltostiamo attenti a dove prendiamo le cose e abbiamo anche ottenuto il marchio di Eco Ristorazione”.
Il progetto “Eco Ristorazione” è frutto di un gruppo di lavoro della provincia di Trento e le imprese (ristoranti e pizzerie, agriturismi, alberghi e altre strutture ricettive) interessate ad ottenere il marchio devono soddisfare alcuni requisiti obbligatori e raggiungere un punteggio minimo complessivo con altri requisiti facoltativi. Tra gli ambiti di azione in cui è necessario impegnarsi per ottenere il marchio ci sono: cibi e bevande (dare priorità ai prodotti biologici, locali e del commercio equo e solidale), sciupare (dare priorità alla riduzione), energia e acqua (dare priorità al risparmio energetico e idrico), acquisti non alimentari (dare priorità ai prodotti verdi) e infine informazione, comunicazione, educazione ambientale per il coinvolgimento dei clienti nelle buone pratiche ambientali.
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