Amy Winehouse, intervista a Marisa Abela, l’attrice di Back To Black – .

Questo articolo è pubblicato sul numero 17 di Vanity Fair in edicola fino al 23 aprile 2024.

La scena era più o meno questa: una decina di ventenni inglesi con altissime corone di capelli neri, eyeliner audace sugli occhi, abiti corti e scollati e ballerine ai piedi. Come in una sorta di raduno di cosplay, ecco una sfilza di persone raggruppate in una stanza Amy Winehousein fila per il provino, e tra loro una ragazza senza trucco e senza acconciatura anni Sessanta: Marisa Abela. Conosciamo già la fine della storia: il regista Sam Taylor-Johnson sceglie lei, l’unica senza travestimento, per interpretare la protagonista. Per comprendere lo spirito di questo film sull’ascesa e la caduta di Amy Winehouse, Ritorno al nero, e l’interpretazione della protagonista, Marisa Abela, dovremmo partire da qui, da questo provino. «Mi sono presentata senza cappuccio e senza trucco perché Non volevo essere un’imitazione di Amy: volevo incarnarla. E l’essenza di una persona è negli occhi, nel modo in cui occupa lo spazio, nella connessione con gli altri, in qualcosa di impalpabile”, spiega. Marisa Abela è riuscita, infatti, a trasformarsi in Amy Winehouse, evitando il rischio della caricatura, del cliché, della performance imitativa, ma allo stesso tempo crea sullo schermo la perfetta illusione di essere lei, nella sua voce, nei suoi gesti, nel suo modo di agire. . Lei è Amy Winehouse nello spirito e nell’apparenza quando si esibisce nei suoi primi concerti nei pub, quando si innamora perdutamente di Blake Fielder-Civil, quando diventa la star ribelle della musica, quando cade nelle dipendenze davanti agli occhi del mondo, quando lei scatena una rissa a Camden Town e quando sul palco lui canta tutta la sua storia, senza mai fingere.

Marisa Abela ha 27 anni, inglese con padre di origini maltesi e libiche e madre ebrea, ed è diventata famosissima in patria grazie ad una serie di televisore di prestigioBBC e HBO insieme, che si intitola Industria e in cui interpreta una stagista di buona famiglia nell’ambiente tossico di una banca d’investimento.

Oggi ci troviamo in una stanza d’albergo nel centro di Londra, a diversi chilometri e otto fermate di metropolitana da Camden Town, il luogo fisico e spirituale dove Amy Winehouse ha vissuto la sua breve vita, stroncata da un infarto causato da un potente mix di alcol a 27 anni nel 2011. Marisa si è trasferita in questo quartiere del nord di Londra per quattro mesi, il trasloco faceva parte di quello che lei chiama il «campo di addestramento Amy»: dieci ore al giorno con personal trainer, lezioni di canto e studio sulla gestualità. E poi il perdita di peso seguito da un dietologo per raggiungere la forma fisica degli ultimi anni, segnata da disturbi alimentarie da dipendenza da alcol ed eroina: «Dovevo dimagrire e l’ho fatto in sicurezza. Prima non lo sapevo, ma sentirmi più fragile e più piccola mi ha aiutato a seguire la sua trasformazione: quando sei così magra non puoi fare molti movimenti, perché sei stanca e ti senti più esposta. E la differenza si vede guardando Amy nel corso degli anni: alla fine non è più la ragazza che combina guai, semplicemente perché fisicamente non ce la fa”, spiega Marisa.

Raccontare chi era Amy Winehouse è un’impresa piena di rischi, perché ognuno ha la propria idea su chi sia stato davvero il più grande talento inglese della sua generazione, ognuno ha la propria teoria sui motivi della sua spirale autodistruttiva , e forse ognuno di noi si sente un po’ in colpa, perché in fondo, di fronte alla tragica ma prevedibile morte di una fragile ragazza di 27 anni, ci chiediamo perché nessuno l’ha protetta, perché abbiamo assistito in diretta allo spettacolo della sua distruzione, anche con un pizzico di morbilità. Allora da dove cominciamo? Come descriveresti Amy Winehouse, ad esempio, a chi non l’ha mai incontrata? «Amy era un’artista incredibile, ha scritto canzoni bellissime che hanno cambiato il panorama musicale del suo tempo perché le cantava e le scriveva senza avere paura di essere così vulnerabile». Là vulnerabilitàè uno dei tratti che Marisa esprime meglio nella sua interpretazione. È stata questa la chiave per entrare nel personaggio? «Era una delle chiavi. Sicuramente la sua vulnerabilità era profonda: una cosa importante che ho capito di Amy è che non si nascondeva mai. Com’è questa sensazione di essere costantemente nudi di fronte al mondo, agli altri? Questo faceva parte del processo. Ma poi ci sono anche le maschere con cui ha coperto il suo essere vulnerabile: rabbia e ribellione, ma anche umorismo. È stata sempre sincera e schietta e forse abbiamo dimenticato questo lato della sua personalità, ricordiamo di più la sua fragilità”.

Marisa Abela, 27 anni, interpreta Amy Winehouse nel film biografico d’essai Ritorno al neronelle sale dal 18 aprile con la Universal Pictures.

©Focus Features/Per gentile concessione di Everett Collection

Amy Winehouse nel 2008.

Carsten Windhorst/Retna Ltd

Marisa Abela nei panni di Amy Winehouse con Josh O’Connell, 33 anni, che interpreta il marito Blake Fielder-Civil: la scena ricostruisce alcuni scatti famosi pubblicati sui tabloid.

Per gentile concessione di Dean Rogers/Focus Features

La parte di maggior successo di Ritorno al nero è forse la storia di storia d’amore con Blake Fielder-Civil , che inizia con una sequenza difficile da dimenticare: l’incontro casuale al pub The Good Mixer, una partita a biliardo, il jukebox e le chiacchiere, l’innamoramento istantaneo. Blake, il fidanzato e poi marito che è sempre stato ricordato come colui che ha portato l’eroina nella vita di Amy. Il cattivo della storiaqui, invece, non è così: assistiamo alla nascita e alla fine di una storia d’amore totalizzante, malata e fatalmente inevitabile, senza giudizi. «Come attrice, non credo che sia mio compito avere un’opinione su Blake. Dovevo interpretare Amy, e sappiamo che Amy era perdutamente innamorata di lui e quell’amore ha ispirato il bellissimo album Ritorno al nero di cui possiamo godere ancora oggi.” È questo un tipo di amore che hai mai sperimentato? «Sì, l’ho provato e per fortuna è stata un’esperienza piacevole. Quando l’altra persona ha così tanto potere su di te e sulla tua felicità, è sempre rischioso”. Anche sul padre Mitch, accusato in un documentario del 2015, Amy di Asif Kapadiadi aver sfruttato la figlia come una macchina da soldi senza preoccuparsi della sua salute, il giudizio è sospeso: «Lei amava tantissimo suo padre e solo questo conta per l’interpretazione».

Tag: Amy Winehouse intervista Marisa Abela attrice Black

 
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