Non abbiamo ancora superato ‘Perfect Blue’ di Satoshi Kon – .

C’è un presupposto narratologico che afferma: l’inizio della storia deve già contenere tutto. Da qui l’ossessione per incipit, prime pagine e inquadrature che “stabiliscono” la scena. Da qui il lavoro di archivio che, a ben vedere, somiglia più a un processo di distillazione: concentrare la maggior quantità di informazioni possibile nel minor tempo possibile. Può accadere in vari modi. Alcuni sono espliciti come nella formula comica del “risposarsi”: in questo genere della vecchia Hollywood, la coppia che si vede all’inizio, e che si separa a metà, tornerà insieme alla fine, perché così eravamo promesso nell’attacco. Altri sono ermetici come l’attacco di Blu perfetto di Satoshi Kon, che per la prima volta dalla sua data di uscita (1997) arriva nelle sale italiane, restaurato in 4K, grazie alla Stagione 2024 degli Anime al Cinema (iniziativa di Nexo Digital in collaborazione con Yamato Video), da oggi fino a 24 aprile.

Lo schermo è squarciato da lampi bianchi su sfondo blu elettrico. È un mondo elettronico, veloce, di scarsi riferimenti. Il sipario lascia subito il posto a una grande folla davanti a un palco: assistono all’esecuzione di uno spettacolo dei Power Rangers (sì, quelle cose con le tutine colorate). Ma non è per questo che sono lì, o almeno non solo. Alla fine dello spettacolo si alza un fermento tra i presenti. Ognuno parla con il vicino, scambia congetture, svela segreti. L’inquadratura si muove velocemente, trasmette pluralità. L’oggetto della discussione è uno solo: Mima, leader del gruppo J-Pop kawaii Cham. La verità su di lei, inesistente e frammentata. Si dice che voglia lasciare la band, intraprendere la carriera da solista e dedicarsi alla televisione. Per i suoi fan questo è inaccettabile.

Foto: Nexo Digital

Mima è vista dall’esterno, la conosciamo solo tramite terzi. Mima viene guardata attraverso il riflesso di altri occhi. Mima vuole cambiare ma gli impedimenti esterni le metteranno i bastoni tra le ruote. Mima è la protagonista di Blu perfettoesordio del prima mangaka, poi regista di anime Kon, scomparso prematuramente nel 2010 con quattro lungometraggi al suo attivo (Attrice del Millennio, I Padrini di Tokio, Paprica). E che qui, nel primo minuto del film, riassume sia un mondo narrativo sia un momento culturale (quello del Giappone che si avvicina al nuovo millennio), senza tralasciare le paranoie della società mediatica. Continuerà a farlo nel resto della sua produzione, ispirando registi come Darren Aronofsky e Christopher Nolan e dialogando con la non tradizione postmoderna già canonizzata da David Lynch.

Blu perfetto è il primo atto di questa parabola. Tratto dall’omonimo romanzo di Yoshikazu Takeuchi (pubblicato in Giappone nel 1981), il film segue il tentativo di emancipazione di Mima, che dal suo idolo vorrebbe diventare una donna, decidere del proprio corpo e della propria immagine. In questo percorso incontrerà tre avversari: la manager Rumi (ex idolo pop), insoddisfatta delle scelte che la ragazza sta facendo per la sua carriera e che proietta sul suo protetto l’immagine di se stessa come una giovane donna; un misterioso stalker digitale che fa trapelare il materiale personale di Mima e aizza la comunità online contro di lei; e la sua stessa mente, divisa tra chi è per gli altri e l’impossibilità di esprimere a parole cosa significhi, invece, conoscere la propria identità.

Blu perfetto

Foto: Nexo Digital

Tre fronti che si uniscono dopo la decisione di lasciare Cham e accettare una parte nella serie televisiva Doppio legame, titolo hitchcockiano e riferimento alla “duplicità” della realtà. Tadokoro, l’agente di Mima, insiste affinché lei abbia una parte più importante del previsto, anche se questo significa partecipare ad una scena di stupro piuttosto difficile, inclusa la nudità totale. Mima accetta contro il consiglio di Rumi. Da lì la sua psiche, e un punto di vista unitario e coerente sulla questione, esplode in scaglie. Mentre lo stalker (soprannominato Me-Mania, “Mima’s Mania”, ma anche “me stesso”) continua i suoi attacchi, e coloro che prima adoravano la frontwoman dei Cham diventano i suoi principali detrattori, Mima si affida allo sguardo degli altri per trovare un centro di interesse. gravità. D’altronde lo ha sempre fatto, senza rendersene conto.

Come se non bastasse, una serie di misteriosi omicidi comincia a coinvolgere alcuni collaboratori di Mima Doppio legame – dove, simbolicamente, uno dei versi principali che deve recitare è la frase “chi sei?”. Ovunque ci sia un riflesso, soprattutto schermi e specchi, Mima vede se stessa, vestita con la sua uniforme Cham: abito corto rosa, capelli ben arricciati in fondo e un fiocco rosso che le tiene i capelli lontani dalle orecchie.

Blu perfetto

Foto: Nexo Digital

Una doppia identità che vale sia per il suo personaggio che per la nazione del Giappone. Mima infatti lo è shoju, una “ragazza carina” nel senso del kawaii giapponese, della cultura Hello Kitty, delle gonne da scolaretta e così via. L’immagine è associata alla società dei consumi giapponese e agli attributi che essa porta con sé, che anche qui sono polari: da un lato una fragilità, un’ingenuità a suo modo seducente sebbene priva di attributi sessuali espliciti, e che quindi porta ritorno ad un desiderio già pronto, costruita sulle linee di una fabbrica post-fordista; dall’altro, la riaffermazione della propria personalità individuale proprio a fronte del consumismo dilagante, che con l’avvento di internet non si limita più al mondo analogico ma sconfina nel virtuale, nelle immagini. Qui il genere del consumo è mimato, come sembrano affermare scatti che ci convincono di essere realtà e che invece, con un semplice tirare fuorivengono rivelate scene trasmesse in un contesto televisivo.

C’è anche un altro motivo per cui Mima, e il suo destino, rispecchia quello dell’intero Paese: lei è giovane, e il Giappone post-atomico degli anni Ottanta e Novanta intensifica i ragionamenti – social e mediatici – sulla figura del bambino e sulla sua educazione . Da un lato perché la demarcazione tra adulto e bambino, influenzata dal confucianesimo, è più labile che in altre culture, e il primo si distingue dal secondo per essere pronto ad assumere con responsabilità il proprio ruolo sociale, quindi in una prospettiva collettivista .

Blu perfetto

Foto: Nexo Digital

D’altronde, perché si moltiplicano le rappresentazioni (anche attraverso gli anime) in cui la parte degli eroi è occupata dai bambini: pensiamo alla filmografia di Hayao Miyazaki, ma anche a Neon Genesis Evangelion di Hideaki Anno e Tatsunoko. E se un lato della medaglia vuole che tutto ricominci, in positivo, dai giovani, nello stesso 1997 di Blu perfetto si svolge uno degli eventi più traumatici della storia giapponese degli ultimi trent’anni: i massacri compiuti dal serial killer adolescente Shōnen A (“ragazzo A”) contro alcuni studenti delle scuole elementari di Kobe. Solo due anni prima, nel 1995, la setta religiosa avventista Aum Shinrikyo, fondata nel 1987 da Shoko Asahara, aveva compiuto il famigerato attacco alla metropolitana di Tokyo, quando tre linee furono infettate contemporaneamente da gas sarin potenzialmente letale. E, quattro anni prima, nel 1991, iniziava il “decennio perduto” giapponese, cioè anni di stagnazione economica accompagnati da una percezione di disorientamento e di mancanza di futuro, in seguito allo scoppio della bolla speculativa che colpì i mercati immobiliari e azionari del Giappone. paese (1989-1990).

Non sappiamo quindi quale sia il futuro di un Paese che, proprio come Mima, ha perso la propria identità, e la nasconde sotto facciate rassicuranti e convenienti. Nella fretta di reinventarsi, può succedere di prendere la strada sbagliata e finire per perdersi. Finendo, forse, nelImpero interno da Lynch, o parcheggiare Mulholland Driveche dire Blu perfetto condividono temi, approccio e in un certo senso le conclusioni finali. Ma potremmo parlare di genealogia anche al contrario, partendo da Folie a due del Persona di Ingmar Bergman e ricordando che nel 1938 e poi nel 1940, a Manderley, grazie a Daphne Du Maurier e Alfred Hitchcock, fu messo in scena Rebecca. Tra nevrosi, film noir, lutti collettivi mai elaborati e un mondo che finalmente, con l’avvento dei media, è stato fatto veramente di volontà e rappresentazione, Blu perfetto si distingue soprattutto a livello tecnico. Non tanto nello stile delle animazioni, a tratti volutamente lasciato amorfo, quanto nel montaggio.

Blu perfetto

Il “cast” di ‘Perfect Blue’. Foto: Nexo Digital

Kon era infatti un maestro dell’ taglio coordinatocioè il taglio di montaggio pensato per essere non solo un passaggio tra due scene, ma un salto spazio-temporale tra diversi livelli di realtà (ma cos’è la realtà, a questo punto?) e di coscienza del personaggio – una tecnica che sarà applicato abbondantemente anche dopo Blu perfettospecialmente in Attrice del Millennio (2001) e Paprica (2006). Per Mima questo significa un movimento regressivo, un movimento all’indietro che la porta, contrariamente allo sviluppo canonico della trama, a conoscere sempre meno se stessa. Non commettiamo però l’errore di considerare la ragazza qualcosa di concreto: intervistata da Occhio di mezzanotte nel 2001 Kon dichiarava che «scrivo personaggi femminili proprio perché sono del sesso opposto e non li conosco bene come conoscerei un uomo. E così, proprio per questo, posso caricarli delle mie ossessioni, e ampliare gli aspetti che più mi interessano indagare”.

La lezione è quindi, prima di tutto, lasciare andare Mima, come dovrebbe fare Rumi, Me-Mania e lei stessa, infine. Lasciarsi interpellare da una visione senza appigli, proprio come la sequenza iniziale, come i pochissimi secondi fotogrammi che Kon, lavorando sull’anime e non in live action, riesce a inserire come piccoli sogni, allargando il mondo e la percezione, facendoci esplodere , a volte, di sensazioni. Per i “nerd”, c’è un video qui sotto. E se a un certo punto ne vieni risucchiato, pensando, dove ho già visto questa scena? Non sei tu, non hai le allucinazioni come Mima, e Matrix non è toccato dal tuo déjà-vu. È solo che Satoshi Kon ha davvero cambiato le regole del gioco. Catalizzando le citazioni letterali in Requiem per un sogno, Il cigno nero, Inizio (e chissà, l’elenco potrebbe non essere più lungo).

Lettore video di YouTube

Potremmo continuare, ma a questo punto che importa? Nell’attacco era già tutto contenuto. Vai a teatro per scoprire il pezzo di storia del cinema che ti mancavi, e sii felice (e rifratto in mille schegge di te stesso). Spero che tu arrivi, alla fine, alla stessa conclusione di Mima: watashi wa watashi yo. Io sono me.

 
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