Siamo ancora lontani dall’essere graditi ai più schizzinosi (per fortuna), e Taglialegna il mostroanche se non c’è festival degli schizzi che le premesse lasciano intendere, si tratta però di una visione costellata da attacchi mortali, pozze di sangue, teschi fracassati e cadaveri in barattoli. Dagli echi Cronenbergiani del body horror con un background medico (fantascientifico)., il film è un solido noir con tanti colpi di scena gustosi e non sempre prevedibili, ma è ancor più un cupo thriller psicologico che apre alle interpretazioni più sinistre e angoscianti del genere. Merito di un protagonista che, lungi dall’essere una figura positiva o edificante, si rivela subito un uomo amorale, un assassino freddo e opportunista: l’avvocato psicopatico Ninomiya. La storia è piena di spunti interessanti che speculano sul libero arbitrio e sulla predeterminazionesulla colpa e sull’espiazione e sui limiti dell’etica nella scienza.
Quella concepita da Kurai e interpretata da Miike è una realtà filtrata attraverso una lente che focalizza i nostri istinti più oscuridove scienziati pazzi sperimentano bambini e animali senza esitazione morale, dove gli orfanotrofi sono pieni di bambini “gettati” via dopo essere stati usati nei modi più crudeli, dove la personalità dell’individuo può essere cancellata e rimodellato privandolo artificialmente della sua volontà, e dove convivere con i propri peccati coincide con il peggior inferno sulla Terra. C’è molta carne (strappata e sfrigolante) sul fuoco Il taglialegna il mostro: i generi si sovrappongono così come le tematiche, ma la struttura narrativa è solida, chiara e ordinata, e le due ore di narrazione scorrono fluide, instillando pensieri e offrendo visioni, una più agghiacciante e morbosa dell’altra. Grazie Miike.
