La ricetta di Putin funziona. L’economia di guerra fa impennare il PIL – .

La ricetta di Putin funziona. L’economia di guerra fa impennare il PIL – .
Descriptive text here

Le stime erano tutte sbagliate. A intervalli regolari da oltre due anni, le organizzazioni internazionali sono state costrette a rivedere al rialzo le stime di crescita dell’economia russa, rinviando ogni volta di qualche semestre o anno l’effettiva diffusione delle sanzioni occidentali imposte dopo la guerra in Ucraina. Per l’ennesima volta il Fondo monetario ha dovuto rivedere le proprie previsioni sull’economia guidata da Vladimir Putin: quest’anno il Fmi prevede un Pil del +3,2%. Diversamente dovrebbe andare – ma il condizionale è d’obbligo visti i precedenti – nel 2025 quando la crescita dovrebbe ridursi, rimanendo però sempre superiore alle ultime previsioni e attestandosi all’1,8%.

Numeri messi nero su bianco dal Fondo nel suo World Economic Outlook di aprile 2024. I tecnici dell’istituto di Washington hanno apertamente parlato di una crescita “significativa” della Russia, sulla base di tre fattori. Il primo è il più evidente, ovvero l’aver portato il proprio apparato industriale e il proprio tessuto sociale verso un’economia di guerra. Tra i fattori di stimolo economico, infatti, viene chiaramente menzionato l’aumento della spesa pubblica per la sicurezza e la difesa.

Ma non è solo l’apparato militare statale a spingere ancora una volta la Russia verso tassi di crescita che attualmente l’Eurozona può solo sognare, relegata com’è ad un misero 0,8% per quest’anno. Il secondo fattore è infatti il ​​rafforzamento degli investimenti da parte delle imprese, cresciuti anche per compensare la fuga delle imprese occidentali a seguito del conflitto iniziato nel febbraio 2022 e delle conseguenti sanzioni imposte da Unione Europea, Stati Uniti, Canada e il Regno Unito .

“Abbiamo rivisto la crescita della Russia per il 2024 e il 2025. Ci sono diversi fattori per la resilienza della Russia, tra cui volumi di petrolio stabili e forti consumi privati”, ha spiegato il FMI. Ma anche il ruolo delle entità economiche russe è in parte legato alla guerra, con commesse militari sempre più grandi che non solo hanno aumentato la spesa federale ma hanno anche stimolato gli investimenti privati.

Secondo gli osservatori del FMI, il 2023 è stato caratterizzato da un ciclo di surriscaldamento dell’economia russa, con forti spese federali e aumenti salariali legati alla carenza di manodopera, in particolare dovuta alla partenza di centinaia di migliaia di russi verso il fronte o all’estero. Nel febbraio 2024 il tasso di disoccupazione ha raggiunto il minimo storico pari al 2,8% della popolazione attiva, segno di persistenti tensioni sul mercato del lavoro. Per il 2025, il FMI prevede una crescita meno dinamica, all’1,8%, poiché “gli effetti degli elevati investimenti e dei robusti consumi privati, sostenuti dall’aumento dei salari in un mercato del lavoro ristretto, svaniscono”.

La ristrutturazione dell’economia è stata accompagnata anche da un’inflazione elevata (7,7% a marzo) che ha sostenuto il PIL nominale. Ma l’ultimo fattore che ha mantenuto vitale l’economia russa tra i tre citati dal Fondo Monetario riguarda il petrolio. Materia prima energetica soggetta alle sanzioni più dure decise dai Paesi del G7, ma anche più eluse. E il FMI, implicitamente, ammette il fallimento delle misure occidentali. Lo fa quando scrive che “l’aumento delle esportazioni di petrolio russo dovuto all’espansione della flotta di petroliere non allineate all’Occidente che trasportano il greggio di Mosca e la creazione da parte della Russia di una propria assicurazione marittima hanno ulteriormente aumentato l’offerta energetica globale”. Libera interpretazione: le sanzioni energetiche spacciate come letali per bloccare la macchina da guerra russa sono state in gran parte aggirate, e chi le ha imposte ha chiuso gli occhi per non destabilizzare il mercato, visto che la Russia rappresenta il terzo produttore di greggio al mondo .

Ulteriore conferma arriva da quanto scrive il Fondo monetario internazionale: “Il petrolio russo, esportato soprattutto verso Cina e India, si trova per lo più al di sopra del limite di prezzo del G7 dalla seconda metà del 2023, con uno sconto di 15-20 dollari (secondo dati Argus)” .

I proventi delle attività petrolifere hanno continuato ad affluire nelle casse del Cremlino, mentre l’Eurozona è quella che ha pagato di più il costo della crisi energetica e della spirale inflazionistica. Secondo le prospettive regionali per l’Europa pubblicate dal FMI, “un atterraggio morbido per le economie dell’UE, in cui l’inflazione ritorni al target con un costo economico moderato in termini di crescita, è a portata di mano, ma i venti contrari potrebbero rendere difficile il raggiungimento della stabilità dei prezzi mentre garantire una ripresa duratura”. Secondo Washington, “un’eventuale escalation della guerra in Russia o un allargamento del conflitto in Medio Oriente potrebbero aumentare l’incertezza e influenzare le catene di approvvigionamento e i prezzi delle materie prime”. Eventi dai quali l’Europa non avrebbe che da rimetterci.

Tag: Fondo monetario ammette Putin ricetta funziona guerra economia PIL impennata

 
For Latest Updates Follow us on Google News
 

PREV inoltre non c’è elettricità a Nairobi, compreso l’aeroporto – .
NEXT Israele – Hamas in guerra, le notizie di oggi in diretta