Xi Jinping spiega la Cina dei cinque principi, contro gli Usa dei due contendenti – .

Xi Jinping spiega la Cina dei cinque principi, contro gli Usa dei due contendenti – .
Xi Jinping spiega la Cina dei cinque principi, contro gli Usa dei due contendenti – .

Erano trascorse solo poche ore dal dibattito televisivo tra i due candidati alla Casa Bianca, quando Xi Jinping è apparso nella Grande Sala del Popolo in Piazza Tienanmen.

Il mondo ha ancora negli occhi la figura poco edificante di Joe Biden e una “sfida tra anziani” che, secondo il popolare commentatore nazionalista Hu Xijin, “è pubblicità negativa per la democrazia occidentale”. Con un tempismo a dir poco opportuno, il presidente cinese lancia il suo programma “globale” in un ampio discorso di apertura della conferenza per il 70° anniversario dei Cinque Principi della Coesistenza Pacifica. Questi cinque principi sono stati il ​​pilastro della politica estera cinese dal 1954, quando apparvero per la prima volta in un accordo di scambio e dialogo con l’India attraverso la Regione autonoma del Tibet. È quello che i media cinesi presentano come una sorta di “antidoto al “caos” e alla “decadenza” della politica americana, che Pechino sembra destinata a un nuovo momento di confusione a causa delle elezioni.

Oggi, tra la guerra in Ucraina e il conflitto in Medio Oriente, la Cina sente che è giunto il momento di portare quei cinque principi sulla scena globale. Del resto, questa è la base delle posizioni espresse da Pechino su tutte le crisi internazionali degli ultimi anni. Già il loro creatore, l’allora Primo Ministro Zhou Enlai, faceva riferimento a “rispetto reciproco per la sovranità e l’integrità territoriale, reciproca non aggressione, non ingerenza negli affari interni reciproci, uguaglianza e reciproco beneficio e coesistenza pacifica”. Una terminologia onnipresente nell’azione diplomatica cinese.

Xi, tuttavia, eleva quei cinque principi per fare della Cina una sorta di “faro” del cosiddetto Sud globale, a cui si è rivolto più volte nel suo discorso, definendolo “una forza vitale nel promuovere il progresso umano”. È stata annunciata l’istituzione di un centro di ricerca sui paesi emergenti, a cui saranno dedicate mille borse di studio e centomila opportunità di formazione nei prossimi cinque anni. C’è anche un aspetto di collegamento politico, poiché verrà lanciato un programma per giovani leader.

Quando parla di riformare la governance internazionale, Xi pensa al ruolo dei BRICS espansi, che stanno attraendo sempre più paesi dal Sud del mondo, compresi i vicini asiatici della Cina. Nelle ultime settimane, Thailandia e Malesia hanno annunciato la loro richiesta di adesione alla piattaforma, che Pechino ha descritto sempre più apertamente come un modello più “equo e inclusivo” rispetto ai “piccoli circoli” guidati dagli Stati Uniti come il G7.

Xi ha assicurato che la Cina “non imboccherà la strada sbagliata che porta alla ricerca dell’egemonia”, una colpa che di solito viene attribuita a Washington, sostenendo che Pechino “svolge un ruolo costruttivo” in Ucraina e in Medio Oriente. Non è un mistero che Xi, la cui presenza al G20 brasiliano di novembre è stata appena ufficializzata, punti con Lula a una seconda conferenza di pace riconosciuta anche da Mosca.

Ad ascoltare il discorso del presidente cinese anche diversi ex leader occidentali, tra cui Massimo D’Alema e Dominique de Villepin. Xi ha anche promesso “importanti riforme globali” volte ad “ampliare l’apertura e formare un ambiente economico più orientato al mercato”. Un tentativo di rassicurazione in vista del cruciale terzo Plenum del Partito comunista di metà luglio, in cui saranno preparate le politiche economiche per i prossimi anni. Ancor di più dopo il dibattito tra Biden e Trump, la Cina sta cercando di presentarsi come una potenza responsabile, in contrasto con un’America dipinta come sempre più vecchia e confusa.

 
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